sabato 28 gennaio 2017

La Livity è la cura



Ises and Glory nel giorno del Sabato.
Rastafari siede dinanzi alla Creazione e a questo susseguirsi di eventi che è la vita di ogni essere umano. Per quanto possiamo girare in lungo ed in largo non possiamo certo fuggire da noi stessi e dalle prove e difficoltà che Ian’I deve vivere e superare in questo tempo. Ma anche questa è una cosa benedetta.. è cosa buona.
Ian’I in quest’ epoca di contraddizioni e cambiamenti resta come un vessillo di Antico Futuro dinanzi ad una generazione che invece desidera soltanto conformarsi a questo secolo, rischiando così di fare il passo più lungo della gamba e non riuscire poi a tornare indietro lungo il cammino.
Beh..laddove non c’è visione non può esserci che un destino difficile..non è una cosa nuova e non è la prima volta che lo vediamo.
 Anche questo ha un senso ed anche questo ha una funzione nelle nostre vite. Le prove e le difficoltà non sono una novità , che l’uomo debba combattere nella sua vita e venga testato dalle circostanze non è nulla di nuovo.
Ciò che è nuovo è che c’è un modo alternativo per risolvere i conflitti e per superare le prove, esiste una soluzione.
La soluzione è la Livity.

Le afflizioni sono per l’uomo come delle malattie. Ecco la Livity Rastafari è la cura. La persona di Haile Selassie Primo e l’esperienza del Suo esempio sono la medicina.
Questo può essere soltanto possibile se impariamo come rendere la nostra Fede una pratica di vita. Esistono due livelli di vita spirituale, entrambi buoni e genuini ma con diverse capacità: il primo è la devozione, il secondo invece inculde il primo ma lo completa ed è quello a cui Ian’I Rastafari mira ovvero: la trasformazione. Infatti ogni processo di guarigione è una trasformazione.
Quando dalla malattia passiamo alla salute allora abbiamo compiuto un cambiamento che ci permette di ristabilire gli equilibri delle nostre vite, e dal dolore e sofferenza passiamo alla distensione, alla felicità e al sentimento di appagata tranquillità che ci concede di non desiderare più nulla in quanto la sensazione di benessere ci inonda e ci conforta. Ecco la fede deve essere questa guarigione.
La Livity Rastafari deve produrre risultati tangibili e visibili per essere considerata tale.
Ian’I si lascia indietro le religioni e i culti esteriori che ormai hanno fatto il loro tempo e procede verso uno stadio più nuovo e più adatto a questo tempo, ovvero la Livity, vita vissuta in comunione ed esperienza con il Creatore secondo un codice di condotta spirituale, mentale e fisica che procede all’ edificazione della Nuova Creazione.
Essa è guarigione, benessere, superamento/assenza di conflitto.

È purtroppo o per fortuna vero che, spesso ma non sempre,  per accedere a questo stadio Ian’ì deve passare per la malattia, il malessere ed il conflitto affinchè lo spirito e l’intenzione della mente possano rigenerarsi e divenire più forti così da potersi riunire con la nostra intima e profonda potenzialità che ci vuole pienamente felici e prima ancora sani.
In Haile Selassie Primo Ian’I trova la roccia e guida verso questo stesso processo. Le Sacre Scritture ci affermano molto chiaramente che: “ Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Eb 2, 18).
Questa caratteristica fondamentale del Cristo ci mostra come Egli sia appunto in solidarietà con il genere umano sicuramente nella gioia ma prima ancora nella prova affinchè gli uomini possano accedere alla guarigione ovvero la salvezza. His Imperial Majesty è ancora una volta l’esempio perfetto che incarna ogni vicissitudine della vita per rendere questa perfetta e completa.
Quale re, imperatore o capo di un popolo ha sofferto più nella sua vita del Nostro King of Kings? Egli che è l’archetipo originale, l’Uomo Naturale che compie il destino dei tempi, ha provato nella sua esistenza terrena ogni tipo di sventura che l’uomo possa affrontare e superare. Non mi soffermerò su tute le circostanze difficile della vita dell’Imperatore ma mi limiterò a citarne solo alcune. Prima ancora della Sua ascesa al trono l’Etiopia viveva in una difficoltà centenaria che soltanto Menelik II aveva con difficoltà incominciato a scardinare, il retroterra culturale era ben lontano da quello di una nazione santa, nonostante il primato come Popolo d’Israele, infatti molti capi etiopi continuavano a governare secondo un sistema di ingiustizie e sofferenze. Haile Selassie Primo quindi arriva come la cura che riporta non un solo individuo ma una nazione intera alla salute, al benessere e alla prosperità divenendo diventando così esempio ed ispirazione per tutta l’Africa e per molte nazioni del mondo stesso.
Durante gli anni 20-30 molte nazioni cosiddette “civilizzate” guardavano all’Etiopia come ad un luogo arretrato e che non sarebba mai riuscito ad entrare tra le fila delle Nazioni influenti di questa terra …ecco His Imperial Majesty porta l’Etiopia nella Lega delle Nazioni e si pone tra i portavoce di una più in vista del momento, arrivando addirittura a divenire Egli stesso il profetico ammonitore delle nazioni che restavano indifferenti all’occupazione fascista iniziata nel 1936. 

His Imperial Majesty infatti soffre enormi dolori quando il Suo Paese è  invaso e sconvolto dalla furia anticristica delle truppe italiane. Egli soffre più di qualsiasi altro capo di stato in quanto il suo dolore è quello di un Imperatore, di un padre, di un fratello e di un connazionale, di un fervente credente e soprattutto di una persona devota alla convivenza pacifica e genuina tra gli esseri umani. His Majesty deve addirittura lasciare il Paese affinchè la Sua presenza non potesse aggravare gli attacchi contro la popolazione. In quella che può essere descritta come una “passione” Sua Maestà vive inteso dolore nei freddi giorni di Bath in Inghilterra, dove addirittura deve subire anche difficoltà economiche che avrebbero sicuramente leso indelebilmente la sicurezza e la dignità di altri capi di stato. Come se non bastasse, il Re dei Re deve sopportare perdite familiari con tutta la sofferenza che la morte di figli e parenti possa portare, l’agonia di un paese afflitto ingiustamente si unisce all’angoscia delle perdite familiari. Da padre di un popolo e da padre di famiglia, il King è chiamato a bere l’amaro calice della sofferenza causata dalla morte fisica di figli lontani e vicini. Nella profondità incatenante della difficoltà ebbene Egli riesce a rimanere saldo nella fede e nella  convinzione della vittoria del bene sul male e sconfigge l’invasore portando l’ Etiopia verso la risurrezione.
In quel giorno di Liberazione Egli liberò Se stesso, i Suoi cari, il popolo etiope e la popolazione mondiale che da lì a poco avrebbe patito le ferite del fascismo. La Sua vittoria ha portato salvezza, salute, trasformazione, guarigione.

His Imperial Majesty ha dovuto soffrire molte altre circostanze ma tutte allo stesso fine: quello di essere solidale con l’umanità, mostrare agli uomini come passare per il fuoco ed uscirne senza divenire cenere.

His Majesty doveva fare esperienza Egli stesso del male per poterlo sconfiggere e liberare l’Umanità da queste catene. Egli, il Leone della Tribù di Judah infatti ha già spezzato le catene che affliggono gli uomini e continuerà a fare ciò in ogni momento purchè noi impariamo come vivere questa pratica liberatoria. Questo è il magnifico insegnamento che Egli passa ad Ian’I nazione Rastafari. Nella fede troviamo la forza. Nell’esempio di His Majesty troviamo la conferma, nella pratica spirituale del nostro popolo Rastafari troviamo la condotta da seguire.

Applicandoci costantemente con la preghiera/canto, la supplica e l’ affidamento, la centratura, la meditazione, l’amore, la coltivazione dell’ esperienza di benessere, la sicurezza della vittoria e soprattutto le azioni corrette e giuste, riusciremo a guarire noi stessi e divenire un monito per la guarigione di altri.
Ecco che allora la nostra fede si trasferirà in opere, essa stessa diventerà un’opera in quanto diventerà realtà materiale visibile, tangibile ed esperibile e non solo una convinzione devozionale. Essa diventerà manifestazione della Nuova Creazione tra i figli dell’uomo, ogni comportamento ha infatti la potenzialità di divenire un mattone della Casa del Padre, e a questo Ian’I aspira in questa esistenza.

Vivere Rastafari è vivere sicuri della vittoria e pronti allo sforzo che porta ad essa. I fratelli e le sorelle in Jamaica e nel resto del mondo hanno patito brutalità e avuto la visione di continuare a tenere duro perchè la liberazione sarebbe arrivata, ecco Ian’I crede che proprio mentre essi resistevano, nel momento stesso che non cedevano alla violenza o alla vendetta, mentre rimanevano saldi ecco che manifestavano la vittoria e questa rimane ora per sempre viva e raggiungibile anche per le generazioni moderne.
La vittoria si produce nel momento, coltivando ogni istante per rimanere saldi e convinti, vivendo momento dopo momento con impegno di restare in equilibrio e in rotta verso l’obiettivo.
Osservando gli eventi e cercandovi il senso più profondo e spesso invisibile che essi portano, ci concede il terreno per il cambiamento in quanto ci permette di attivare la trasformazione.
Quando un evento o un’emozione è negativa allora la comprendiamo, la riconosciamo e attraverso la nostra intenzione e la nostra meditazione innestiamo subito il processo di trasformazione, così da cambiare il male in bene, il dolore in felicità, l’inferno in paradiso e rimanere su questa terra per l’eternità contemplando il benessere della Creazione.
Selah


sabato 21 gennaio 2017

Haile Selassie Primo è la nostra ricompensa



I giorni di quest’epoca passano veloci, spesso appaiono freddi e talvolta vuoti.
Non passa giornata che non vediamo qualcuno affannarsi o arrampicarsi in questa vita semplicemente per rimanere a galla. Facciamo esperienza di tanta gioia ma anche di tanto dolore.
A volte questo riguarda noi, più spesso forse appartiene a qualcun altro..qualcuno vicino o qualcuno lontano. Non è essere pessimisti, né pesanti o tragici.
Esiste sofferenza e sarebbe totalmente sbagliato non saperla riconoscere. Ian’I deve essere abbastanza empatico da poter individuare questo disagio ma allo stesso tempo trovare un modo per non esserne risucchiato.
 Molti ricercano e percorrono una via spirituale per dimostrare che hanno trovato un’isola felice che è in qualche modo distante dalla sofferenza altrui o che non li coinvolge più. Ecco questo non è ciò che Ian’I Rastafari vive e ricerca in questa esistenza.
Tutt’altro, infatti.

La coscienza dell’essere umano ha grandissime qualità e potenzialità così grandi che a volte possono sembrare illimitate, ma Ian’I Rastafari più scende in profondità dentro di lui e più conosce anche il mondo e gli altri.
Dentro lo spirito di ognuno è presente lo schema dell’umanità intera.
Ecco perché chiunque voglia intraprendere una rivoluzione spirituale deve assolutamente concentrarsi su un lavoro assiduo e costante su se stesso e sulla propria persona. Soltanto imparando a conoscere le stanze della propria anima e i vari angoli della mente possiamo trovare il modo ed il sistema per mettere in atto il cambiamento, l’evoluzione, il miglioramento e finalmente la guarigione.
Ian’I deve avere una grande umiltà nel sapere riconoscere il dolore in questo mondo e non fuggirlo o far finta che non esista. Se aspiriamo ad essere padroni del nostro destino, beh allora non possiamo pensare di tralasciare questa parte così importante e presente nella vita umana. Ian’I Rastafari deve sapere scendere in profondità se vuole realmente salire sulle montagne della consapevolezza e sedere per osservare il paesaggio.
 L’argomento dolore ed il rapporto tra esso e la gioia e la felicità (sono due cose molto diverse), è uno dei più battuti ed intrecciati sin dalla notte dei tempi, anche nella tradizione di Ian’I esso è affrontato già nelle prime pagine della Genesi e tutt’ora dopo millenni ancora ci impegniamo a ragionarci e dibattiamo per trovare un modo sempre migliore per affrontarlo. Accennerò quindi soltanto poche cose.. piccoli spunti di un “capitolo” esistenziale a cui non basterebbero le intere vite umane per snocciolare.
L’argomento non si esaurisce ovviamente qui..presenterò altre riflessioni e studi sul tema..per ora Ian’I medita su pochi punti ma essenziali.

Nella Livity Rastafari e in particolare nella visione Rastafari del mondo e dell’esistenza umana dolore e felicità sono ovviamente molto presenti ed interamente collegati da sempre. Basti pensare che la parola babylon che esprime il sistema negativo ed opposto al sistema di Dio ha un’accezione interamente permeata di dolore. Ecco attraverso la parola babylon  Ian’I delinea tutto ciò che babylon non è e quindi è essenziale imparare a capire ciò che questo sistema negativo rappresenta per poter veramente comprendere ciò che è l’opposto ovvero il sistema di Dio. Questo tipo di ragionamento veniva usato sin dai Padri della chiesa e denominato Teologia Negativa. In quel contesto era utilizzato per avvicinarsi a delinearela Natura Divina, Ian’I Rastafari lo attualizza e concretizza utilizzandolo per sostenere la nostra costante ricerca del sistema di Dio qui in questa vita e su questa terra che presenta in essa la perfezione che il Creatore stesso le ha attribuita.
Quindi babylon è errore, distorsione, deviazione, alterazione e di conseguenza frustrazione, bruttezza, squallore e così via… in una parola: dolore. Ma babylon non è la sola fonte di dolore in questa esistenza. Sarebbe molto facile se così fosse, basterebbe rinchiudersi in un eremo e gioire costantemente.
Sappiamo dai maestri spirituali che così non è (..ahimè).
Il più grande scoglio è infatti dentro di noi.
La nostra persona è la più grande generatrice di dolore che esista. Può sembrare strano o forse crudele ma, nella maggior parte dei casi, noi stessi siamo i primi problemi di noi stessi. Pensiamo a noi come contenitori di gioia e dolore in cui però non riusciamo a separare queste due sostanze e quindi esse continuano a fluire indistintamente e mescolarsi senza ordine, con l’effetto che questa confusione di dinamiche possa prendere il controllo della nostra persona ed usarci come dei burattini che cambiano umore o stato emotivo da un momento all’altro senza apparente motivazione.
È inutile far finta di niente, nessun’essere umano è immune da tale stato. Esistono tanti livelli di disagio nell’essere umano e questo è solamente uno di essi, Ian’I viene in questo tempo per studiarli ed affrontarli per tracciare la via verso la guarigione del corpo e dello spirito..ma bisogna iniziare dalla consapevolezza dell’esistenza del dolore. E questa è una grandissima benedizione in realtà!
 Infatti Ian’I non viene qui per soccombere alla sofferenza ma per cambiarla, mutarla, trasformarla..se realmente crediamo che la missione di Ian’I Rastafari è di santificare questa Creazione (..parole non da poco) allora iniziamo con noi stessi e con ciò che ci circonda.
E cosa può esserci di più “santo” o santificato se non imparare a gestire le sofferenze? Ricordiamoci infatti che per definizione i santi non sono esseri perfetti ma persone che patiscono incredibili sofferenze e che riescono a gestirle, sopportarle e soprattutto superarle..al fine non di salvare solo loro stessi ma l’umanità tutta. Per far ciò lavorano incessantemente su loro stessi per trovare una strada, un metodo un sistema per poter affrontare la sofferenza.
Ecco quando cerchiamo un metodo ed un sistema la cosa migliore da avere è un modello, pensiamo infatti come faremmo ad imparare a svolgere un esercizio matematico se nessuno ci mostrasse come farlo.

Il messaggio di Ian’I è che l’umanità ha finalmente ricevuto questo modello: Haile Selassie Primo!
E la storia e la vita umana lo confermano…come disse Marley :“la Bibbia lo afferma, i giornali di babylon lo affermano”. Haile SElassie primo è la ricompensa.
Egli è la risposta ad ogni quesito che l’umanità possa porsi, Egli è l’Archetipo originale che in Egli contiene l’antico, il presente ed il futuro, e con essi la risposta a tutte le problematiche che queste tre dimensioni temporali portano con esse. Infatti Hail Selassie Primo ( nella storia dell’Etiopia) ha vissuto e superato tutti i problemi che l’essere umano viveva nel passato, come l’ arretratezza , la schiavitù, la necessità di un governo adeguato; Egli ha poi affrontato i problemi presenti, come i sanguinosi conflitti  internazionali, le conseguenze del colonialismo, la corsa alle armi (di distruzione di massa), l’ alfabetizzazione, il riequilibrio delle economie mondiali e soprattutto la nascita del concetto di diritti umani. Egli però ha anche vissuto e gestito problemi e dolorosi quesiti legati al futuro dell’Umanità, come risorse naturali, industrializzazione scatenata, dinamiche politiche universali, Egli ha espresso il concetto di globalizzazione prima di tutti e ci ha anche istruiti sul come gestirla, il rispetto dell’ambiente e soprattutto la strada verso la salvezza della popolazione mondiale come unica razza umana.
Ecco Ian’I dichiara che questo modello è la risposta a tutto il desiderio che l’umanità provava di fronte alle ingiustizie e all’inadeguatezza del sistema sbagliato e scorretto che affligge questo pianeta. Quindi se le ingiustizie sono una malattia allora Haile Selassie Primo è la medicina,  se esse sono una fonte di dolore allora Egli ed il Suo esempio sono la gioia che può portarci, se coltivata, alla felicità su questa terra. 

Il Lion of Judah non è soltanto la cura alle disfunzioni socio-umanitarie ma è anche il modello perfetto che risana le nostre esistenze individuali e le nostre angosce spirituali. Infatti, crescendo in età, l’essere umano sviluppa una coscienza ed un intelletto che varia da individuo ad individuo.
Alcuni fanno esperienza di maggiore profondità, altri meno o piuttosto preferiscono non interrogarsi o non prendersi cura di “affari difficili” come la condizione spirituale dell’uomo, la ricerca della felicità, la ricerca di Dio e del significato di questa esistenza.
Ecco non conosco nessuno che affrontando queste questioni non sia dovuto passare per sofferenza o dolore, conflitto e disagio. Nessuno che voglia intraprendere il cammino verso le (vere) altezze spirituali potrà considerarsi esente dalla sofferenza. Sarebbe assolutamente impossibile come dire che un atleta non debba sudare e faticare per eseguire in suoi esercizi al meglio delle sue possibilità e magari vincere il premio che è la ricompensa alle sue fatiche. Impossibile.
Anche qui Haile Selassie Primo è la risposta e lo stampo su cui plasmare la nostra vicenda spirituale ed intellettiva. Chiunque soffra per il disagio di non riuscire a dare risposte alle domande esistenziali o un senso alla sofferenza umana, posso dire di essere sicuro che le troverà nella persona di Sua Maestà Imperiale.
Studiando la Sua vita, il Suo esempio nel prender le scelte, le Sue decisioni in materia interna ed esterna all’Etiopia, nella Sua vita privata… ebbene troverà la soluzione alle angosce dell’uomo. Non sto parlando di una mia opinione, o una visione “religiosa” soltanto dei Rasta..sarebbe cosa vecchia e già vista.

Ian’I proclama che Haile Selassie è la cura e la storia lo testimonia e lo conferma! 

Dovremmo stare per giorni, mesi, forse di più.. attaccati a questo schermo se dovessi elencare tutti gli episodi che provano ciò che ho appena scritto..ma Ian’I si limita a dire che Haile Selassie Primo è ciò di cui l’essere umano ha bisogno e le pagine del libro dell’umanità lo manifestano. Ognuno ha quindi l’incarico di studiare e vedere se Ian’ I Rastafari dice il vero o meno.

Quando Ian’I percorre le strade di questa Creazione e cammina tra le persone e le loro vite, Ian’I sente tanta sofferenza, avverte il disagio che le pecore smarrite provano e il cattivo uso che facciamo dei nostri talenti, Ian’I esercita compassione e magnanimità così come nostro Padre ci insegna. Ian’I non deve seguire questa sofferenza per non far sì che essa ci consumi ma dobbiamo riconoscerla, studiarla ed esserne consapevoli affinchè essa possa diventare il trampolino da cui saltare verso una condotta di vita pratica e spirituale corretta e vitale, una che possa accrescere lo stato delle nostre persone ma allo stesso tempo del mondo e della vita umana.
Essere Rastafari è un impegno con il Creato ed un lavoro che ogni giorno si esprime attraverso le nostre azioni. Essere Rastafari è la prova del cambiamento che può realmente accadere.
E quale essere vivente non vuole cambiare sofferenza in gioia, dolore in felicità? Abbiamo la missione di imparare a gestire queste forze della vita umana e poter dare una risposta a noi stessi e poi a coloro che soffrono.
Alleviare le sofferenze significa sconfiggere il male, far regnare il sistema di Dio su quello di babylon, mettere in atto il Judgment di cui tanto parliamo, manifestare la Nuova Creazione qui ed ora.
Ian’I deve passare per il dolore e imparare a rendere grazie per tutte le fasi della vita, comprese quelle difficili che hanno la capacità di generare crescita e forza. Non molliamo, non arrendiamoci ma rimaniamo focalizzati sul modello che, come abbiamo visto, guarisce i mali pratici e quelli spirituali.
Rimaniamo ottimisti, positivi, curiosi ed aperti.
Le prove sono tante, le difficoltà ancora di più ma abbiamo ricevuto un premio: Haile Selassie Primo è la nostra ricompensa.
Selah

sabato 14 gennaio 2017

La "camera dell'esperienza" nella Livity Rastafari



Ises His Imperial Majesty Emperor Haile Selassie the First, Creatore del cielo e della terra, Colui che ha camminato sulla terra per donare dignità a questa, Colui che ha parlato da uomo per dare dignità e valore alla parola umana, Colui che ha osservato il mondo e donato a noi razza umana il suo sguardo.
Ed ora attraverso i Suoi occhi Ian’I può osservare questa Creazione e rimediare e correggere  ciò che c’è di sbagliato nelle vie dell’uomo.

Molti passano per questa vita come spettatori o senza sapere bene cosa fare, alcuni anche iniziano ad interrogarsi ma poi vengono presi dal timore di rispondere in quanto la risposta è una presa di posizione.
Ecco Ian’I Rastafari è presente su questa terra come popolo con un compito.

Il lavoro di Ian’I è quello di collaborare con il Creatore nel governo vitale di questa esistenza.

A sentire ciò, alcuni ci criticheranno dicendo che abbiamo manie di grandezza o siamo esaltati, ebbene fatemi dire che chi attacca e critica ogni iniziativa spirituale genuina e positiva è soltanto perché teme di non riuscire lui stesso a raggiungerla..sorridiamo pensando che spesso il sensore dei propri limiti è ciò che produce diffidenza e attacco verso l’altro, la conoscenza popolare ci parla della volpe e l’uva..chi sa intenderà.

Nella Livity Rastafari la responsabilità non è poca e la strada è stretta e rocciosa, Ian’I allora deve guardare continuamente dentro noi stessi per ricercare quella saggezza/wisemind che Ian’I possiede da generazioni e da generazioni.
Infatti se ci sintonizziamo sulle frequenze spirituali che non hanno tempo né luogo allora scopriremo di avere un patrimonio di conoscenza e wisemind che va prima della nostra nascita e prima dei nostri genitori. Ian’I affonda le radici in un tesoro di esperienza che è innato a questo universo e che è costantemente accessibile e rivelato, questa ricchezza è ciò che rende la nostra Livity un’esperienza di gioia e risurrezione nonostante le difficoltà delle vita in babylon.

Questa è la grande chiave.

Ciò che culti e religioni hanno perduto conformandosi a questo secolo.
L’esperienza spirituale deve essere fonte di gioia e ricarica.
Essa è la gioia della resurrezione che la generazione dell’uomo porta con sé sin dalla creazione. Questa esperienza è il nocciolo di tutte le Scritture nella loro estensione, dalla Genesi alla Rivelazione.
La gioia della resurrezione non sono belle parole né tantomeno un’immagine poetica, sebbene contenga in sé bellezza e poesia, ma essa è pura e visibile realtà.
Questa gioia proviene dall’esperienza, così come dalla vittoria su se stessi e sul mondo.
Ricordiamoci che la prima sfida avviene sempre dentro di Ian’I e la difficoltà più grande si trova dentro di noi, così come la gioia più grande dimora nello stesso luogo. Ian’I vedrà difficoltà e tribolazioni lungo questo cammino perché la Livity non è per tutti, essa non sarà mai il modo di vivere di tutta l’umanità ma resterà sempre l’esperienza di vita di una porzione con un compito ben preciso.

Dobbiamo però sapere che ogni tribolazione può essere superata e ogni nemico può essere sconfitto se dimoriamo nella Livity consapevole.
Infatti il messaggio di Ian’I è guardare dentro di noi e trovare la forza più grande che abbiamo mai provato, scavare a fondo per scoprire quanto estesa ed infinita sia la nostra persona, quanto potente sia la nostra potenzialità se siamo in contatto e comunione con il Creatore secondo la Livity Rastafari. Questo ci renderà più umili e se saremo saggi non ci inorgoglirà, anzi ci farà comprendere quanto sia importante vedere ed accettare i propri limiti prima di poterli superare.
Il messaggio che Rastafari grida al mondo è “abbi fiducia”, never give up.
Questo essere confidenti deriva dal fatto che Ian’I sa, e non crede, che il male viene sconfitto dal bene, di questo Ian’I Rastafari fa esperienza dal giorno che la prima persona ha dichiarato che Haile Selassie è divino.

Lì è incominciata la prova ma anche la gioia, lì ha avuto inizio il conflitto ma anche la pace più grande, quello è stato il momento in cui la gelosia presente in questo mondo ha schierato i suoi soldati contro Ian’I Rasta, ma è stato anche il momento in cui, grazie alla Rivelazione del King of Kings, l’umanità ha avuto accesso alla camera più profonda e nascosta dell’ esperienza, quella in cui l’uomo dimora con il Creatore Vittorioso.
Non a caso His Majesty è il Leone “Conquistatore” della Tribù di Judah ed apre i sette sigilli della redenzione… non certo per tenere l’uomo in schiavitù o sconfitta! Piuttosto per far sì che le creature possano camminare libere tra le strade della Creazione e soprattutto pronte e preparate ad ogni evenienza che la vita propone, sapendo che Ian’I può sempre accedere a quella “camera dell’esperienza” e lì trovare forza e coraggio, lì possiamo recuperare le nostre energie quando la prova ci ha stancato, quando il mondo (dentro e fuori di noi) ci ha succhiato così tanta linfa vitale al fine di farci perdere la speranza, è in quel momento che Ian’I sorride perché “la vittoria è sicura” e non è stata una persona qualsiasi a rivelarcelo bensì il King of all Kings, the Defender of the faith, Colui che non aspettava che gli eventi avvenissero ma li plasmava.

Ecco accettiamo i nostri limiti, le nostre imperfezioni e le nostre difficoltà e quando esse sembrano insostenibili e sono dolorose, allora abbiamo due scelte: o restare sotto il peso e sopperire all’angoscia e alla sfiducia o entrare nella camera dell’esperienza.

La prima scelta ci porterà in un circolo di dolore, stanchezza, diffidenza ed abbandono che se prolungati portano alla sfiducia e all’essiccamento. La seconda scelta invece ci porta ad entrare nel luogo in cui ci si ricarica, in cui dimora l’ottimismo della realtà benevola e positiva, in cui il King è Padre, Maestro, Esempio, Consolatore, Consigliere rassicurante, e i nostri anziani sono colonne che sorreggono questa creazione che altrimenti forse sarebbe già decaduta da tempo, qui facciamo esperienza (e non sappiamo) che in Rastafari tutto è possibile, qui i limiti e le paure si sciolgono come neve al sole, qui la nostra persona diventa infinita, sempre nata, sempre presente, sempre capace, in quanto sempre esistente nel King.
In questo luogo facciamo esperienza della vittoria e così siamo capaci poi di vincere poi nei fatti quotidiani della realtà fisica e materiale o spirituale ed emotiva.
Nella camera dell’esperienza proviamo e viviamo quella fragranza che produce la forza, e così poi, nelle prove quotidiane saremo in grado di rievocare quell’esperienza e quello ci darà forza e la gioia di continuare e tenere duro, di non mollare ma essere “irreprensibili e semplici” come ci dice l’Apostolo (Fil 2,14), “fare tutto senza mormorazioni e senza critiche” ma attingendo dalla fonte di forza che la presenza di His Majesty ci offre e che la Livity Rastafari ci consolida nella vita.

Attraversiamo quindi i nostri problemi e affrontiamoli secondo la Livity e non secondo l’apatia e rassegnazione che babylon manifesta perché quella è la strada della sconfitta e del sonno.
Ian’I invece è la generazione del risveglio e della fiducia, Ian’I siamo coloro che quando chiudiamo gli occhi continuiamo a vedere e che ci muoviamo anche stando fermi, in quanto siamo figli dell’Altissimo che plasma gli eventi e non aspetta che accadano. Colui che una volta scese agli inferi ma essi non ebbero potere su di Lui che invece liberò le anime dei sofferenti spezzando le catene dell’inferno, Colui che ritornato come Re dei Re fece esperienza dell’inferno fascista e lo spezzò divenendo Egli stesso il Consolatore a cui l’Umanità accorse e tutt’ora rimane seduto sul Suo Trono lì... nella camera dell’esperienza dove Ian’I può incontrarlo ogni volta ne abbiamo bisogno per superare noi stessi in Lui, per divenire qualcosa che non siamo mai stati, per non cedere all’avvilimento ma restare nel rendimento di grazie del calice della vita.
Selah