Ises and Glory nel giorno del Sabato.
Rastafari siede dinanzi alla Creazione e a questo
susseguirsi di eventi che è la vita di ogni essere umano. Per quanto possiamo
girare in lungo ed in largo non possiamo certo fuggire da noi stessi e dalle
prove e difficoltà che Ian’I deve vivere e superare in questo tempo. Ma anche
questa è una cosa benedetta.. è cosa buona.
Ian’I in quest’ epoca di contraddizioni e cambiamenti resta
come un vessillo di Antico Futuro dinanzi ad una generazione che invece
desidera soltanto conformarsi a questo secolo, rischiando così di fare il passo
più lungo della gamba e non riuscire poi a tornare indietro lungo il cammino.
Beh..laddove non c’è visione non può esserci che un destino
difficile..non è una cosa nuova e non è la prima volta che lo vediamo.
Anche questo ha un senso ed anche questo ha una funzione
nelle nostre vite. Le prove e le difficoltà non sono una novità , che l’uomo
debba combattere nella sua vita e venga testato dalle circostanze non è nulla
di nuovo.
Ciò che è nuovo è che c’è un modo alternativo per risolvere
i conflitti e per superare le prove, esiste una soluzione.
La soluzione è la
Livity.
Le afflizioni sono per l’uomo come delle malattie. Ecco la
Livity Rastafari è la cura. La persona di Haile Selassie Primo e l’esperienza
del Suo esempio sono la medicina.
Questo può essere soltanto possibile se impariamo come
rendere la nostra Fede una pratica di vita. Esistono due livelli di vita spirituale,
entrambi buoni e genuini ma con diverse capacità: il primo è la devozione, il
secondo invece inculde il primo ma lo completa ed è quello a cui Ian’I
Rastafari mira ovvero: la trasformazione. Infatti ogni processo di guarigione è
una trasformazione.
Quando dalla malattia passiamo alla salute allora abbiamo
compiuto un cambiamento che ci permette di ristabilire gli equilibri delle nostre
vite, e dal dolore e sofferenza passiamo alla distensione, alla felicità e al
sentimento di appagata tranquillità che ci concede di non desiderare più nulla
in quanto la sensazione di benessere ci inonda e ci conforta. Ecco la fede deve
essere questa guarigione.
La Livity Rastafari deve produrre risultati tangibili e
visibili per essere considerata tale.
Ian’I si lascia indietro le religioni e i culti esteriori
che ormai hanno fatto il loro tempo e procede verso uno stadio più nuovo e più
adatto a questo tempo, ovvero la Livity, vita vissuta in comunione ed
esperienza con il Creatore secondo un codice di condotta spirituale, mentale e
fisica che procede all’ edificazione della Nuova Creazione.
Essa è guarigione,
benessere, superamento/assenza di conflitto.
È purtroppo o per fortuna vero che, spesso ma non sempre, per accedere a questo stadio Ian’ì deve passare
per la malattia, il malessere ed il conflitto affinchè lo spirito e l’intenzione
della mente possano rigenerarsi e divenire più forti così da potersi riunire
con la nostra intima e profonda potenzialità che ci vuole pienamente felici e
prima ancora sani.
In Haile Selassie Primo Ian’I trova la roccia e guida verso
questo stesso processo. Le Sacre Scritture ci affermano molto chiaramente che: “
Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto
personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”
(Eb 2, 18).
Questa caratteristica fondamentale del Cristo ci mostra come Egli sia
appunto in solidarietà con il genere umano sicuramente nella gioia ma prima
ancora nella prova affinchè gli uomini possano accedere alla guarigione ovvero
la salvezza. His Imperial Majesty è ancora una volta l’esempio perfetto che
incarna ogni vicissitudine della vita per rendere questa perfetta e completa.
Quale re, imperatore o capo di un popolo ha sofferto più
nella sua vita del Nostro King of Kings? Egli che è l’archetipo originale, l’Uomo
Naturale che compie il destino dei tempi, ha provato nella sua esistenza
terrena ogni tipo di sventura che l’uomo possa affrontare e superare. Non mi
soffermerò su tute le circostanze difficile della vita dell’Imperatore ma mi
limiterò a citarne solo alcune. Prima ancora della Sua ascesa al trono l’Etiopia
viveva in una difficoltà centenaria che soltanto Menelik II aveva con
difficoltà incominciato a scardinare, il retroterra culturale era ben lontano
da quello di una nazione santa, nonostante il primato come Popolo d’Israele, infatti
molti capi etiopi continuavano a governare secondo un sistema di ingiustizie e
sofferenze. Haile Selassie Primo quindi arriva come la cura che riporta non un solo
individuo ma una nazione intera alla salute, al benessere e alla prosperità
divenendo diventando così esempio ed ispirazione per tutta l’Africa e per molte
nazioni del mondo stesso.
Durante gli anni 20-30 molte nazioni cosiddette “civilizzate”
guardavano all’Etiopia come ad un luogo arretrato e che non sarebba mai
riuscito ad entrare tra le fila delle Nazioni influenti di questa terra …ecco
His Imperial Majesty porta l’Etiopia nella Lega delle Nazioni e si pone tra i
portavoce di una più in vista del momento, arrivando addirittura a divenire
Egli stesso il profetico ammonitore delle nazioni che restavano indifferenti all’occupazione
fascista iniziata nel 1936.
His Imperial Majesty infatti soffre enormi dolori quando il
Suo Paese è invaso e sconvolto dalla
furia anticristica delle truppe italiane. Egli soffre più di qualsiasi altro
capo di stato in quanto il suo dolore è quello di un Imperatore, di un padre,
di un fratello e di un connazionale, di un fervente credente e soprattutto di una
persona devota alla convivenza pacifica e genuina tra gli esseri umani. His
Majesty deve addirittura lasciare il Paese affinchè la Sua presenza non potesse
aggravare gli attacchi contro la popolazione. In quella che può essere
descritta come una “passione” Sua Maestà vive inteso dolore nei freddi giorni
di Bath in Inghilterra, dove addirittura deve subire anche difficoltà
economiche che avrebbero sicuramente leso indelebilmente la sicurezza e la
dignità di altri capi di stato. Come se non bastasse, il Re dei Re deve
sopportare perdite familiari con tutta la sofferenza che la morte di figli e
parenti possa portare, l’agonia di un paese afflitto ingiustamente si unisce
all’angoscia delle perdite familiari. Da padre di un popolo e da padre di
famiglia, il King è chiamato a bere l’amaro calice della sofferenza causata
dalla morte fisica di figli lontani e vicini. Nella profondità incatenante
della difficoltà ebbene Egli riesce a rimanere saldo nella fede e nella convinzione della vittoria del bene sul male
e sconfigge l’invasore portando l’ Etiopia verso la risurrezione.
In quel giorno di Liberazione Egli liberò Se stesso, i Suoi
cari, il popolo etiope e la popolazione mondiale che da lì a poco avrebbe
patito le ferite del fascismo. La Sua vittoria ha portato salvezza, salute, trasformazione,
guarigione.
His Imperial Majesty ha dovuto soffrire molte altre circostanze ma
tutte allo stesso fine: quello di essere solidale con l’umanità, mostrare agli
uomini come passare per il fuoco ed uscirne senza divenire cenere.
His
Majesty doveva fare esperienza Egli stesso del male per poterlo sconfiggere e liberare
l’Umanità da queste catene. Egli, il Leone della Tribù di Judah infatti ha già
spezzato le catene che affliggono gli uomini e continuerà a fare ciò in ogni
momento purchè noi impariamo come vivere questa pratica liberatoria. Questo è
il magnifico insegnamento che Egli passa ad Ian’I nazione Rastafari. Nella fede
troviamo la forza. Nell’esempio di His Majesty troviamo la conferma, nella
pratica spirituale del nostro popolo Rastafari troviamo la condotta da seguire.
Applicandoci costantemente con la preghiera/canto, la
supplica e l’ affidamento, la centratura, la meditazione, l’amore, la
coltivazione dell’ esperienza di benessere, la sicurezza della vittoria e soprattutto
le azioni corrette e giuste, riusciremo a guarire noi stessi e divenire un
monito per la guarigione di altri.
Ecco che allora la nostra fede si trasferirà
in opere, essa stessa diventerà un’opera in quanto diventerà realtà materiale
visibile, tangibile ed esperibile e non solo una convinzione devozionale. Essa
diventerà manifestazione della Nuova Creazione tra i figli dell’uomo, ogni
comportamento ha infatti la potenzialità di divenire un mattone della Casa del
Padre, e a questo Ian’I aspira in questa esistenza.
Vivere Rastafari è vivere sicuri della vittoria e pronti
allo sforzo che porta ad essa. I fratelli e le sorelle in Jamaica e nel resto
del mondo hanno patito brutalità e avuto la visione di continuare a tenere duro
perchè la liberazione sarebbe arrivata, ecco Ian’I crede che proprio mentre
essi resistevano, nel momento stesso che non cedevano alla violenza o alla vendetta,
mentre rimanevano saldi ecco che manifestavano la vittoria e questa rimane ora per
sempre viva e raggiungibile anche per le generazioni moderne.
La vittoria si
produce nel momento, coltivando ogni istante per rimanere saldi e convinti, vivendo
momento dopo momento con impegno di restare in equilibrio e in rotta verso l’obiettivo.
Osservando gli eventi e cercandovi il senso più profondo e spesso invisibile che
essi portano, ci concede il terreno per il cambiamento in quanto ci permette di
attivare la trasformazione.
Quando un evento o un’emozione è negativa allora la
comprendiamo, la riconosciamo e attraverso la nostra intenzione e la nostra
meditazione innestiamo subito il processo di trasformazione, così da cambiare
il male in bene, il dolore in felicità, l’inferno in paradiso e rimanere su
questa terra per l’eternità contemplando il benessere della Creazione.
Selah