La città di Ejersa Goro, luogo natale del Re dei Re Haile Selassie
Primo, è situata a circa 2800 mt sul livello del mare, appena fuori l’affascinante
città di Harar.
Questa è chiamata la città senza tempo, le sue piccole e
strette vie si intrecciano tra case colorate. Una tavolozza di colori arricchita
dagli abiti e dai veli sgargianti delle donne che affollano la città.
Da sempre un luogo fondamentale per l’ Impero etiopico,
nonostante la sua lontananza dalla capitale Addis Abeba, Harar era uno dei
centri più importanti della nazione ed era soprattutto il luogo governato da
Ras Makonnen, padre del piccolo Lidj Tafari.
Immediatamente fuori questa antica città, sorgeva il piccolo
centro di Ejersa Goro.
Qui appunto Ras Makonnen aveva portato sua moglie Waizero
Yashimabet per dare alla luce il loro figlio maschio di cui così tanto parlava
l’immortale Paese d’Etiopia. Proprio di questo bambino infatti, cantavano e
profetizzavano gli anziani e molte storie coprivano l’attesa della Sua nascita.
Un territorio vasto e così diverso come quello d’Etiopia,
era misteriosamente unito nella fervente attesa del giorno della nascita del possibile
futuro erede al trono. Così tante cose si dicevano su questo figlio che stava
per nascere, c’era una tensione mista alla sensazione che il tempo stava per
cambiare per il Paese d’Etiopia, e che forse nulla sarebbe stato più come
prima.
Finanche la siccità che affliggeva il cuore agricolo della
nazione, passava in secondo piano di fronte a ciò che stava per accadere,
questa nascita che aveva attirato nobili della famiglia reale e dignitari sugli
altipiani, nella casa di Ras Makonnen sulle alture di Ejarsa Goro, dove al
mattino la rugiada è fredda e l’umidità nel cielo scompare velocemente per
lasciar il posto al blu intenso che si apre sopra le montagne.
L’Etiopia è un luogo antico, non soltanto storicamente ma anche
nello spirito della nazione e soprattutto delle persone che la popolano. Centocinquanta
anni fa, nel 1892, quello scenario poteva essere benissimo paragonato all’
atmosfera biblica che circondava la nascita di Iyasos Krestos a Betlemme
duemila anni fa. L’attesa e il fervore era anche lo stesso, il figlio maschio
stava per nascere e di lui si parlava ancora prima che venisse al mondo.
In Etiopia, a differenza delle altre nazioni cristiane del
mondo, era ancora giustamente viva la consapevolezza che il Messia sarebbe
tornato un secondo momento per governare con i fedeli e soprattutto per
riscattare il “resto d’Israele” ovvero tutti coloro che erano dispersi per il
mondo ma che appartenevano alla dinastia spirituale della casa di Davide.
Proprio Davide, il prescelto di Dio, aveva infatti iniziato
la dinastia da cui il Messia sarebbe nato.
Costui, stando alle profezie bibliche, sarebbe stato quindi un regnante, un capo del
popolo, il re dei re.
Ecco nell’Antico Testamento è infatti viva l’attesa del
Messia come redentore e liberatore, l’unto di Dio che avrebbe riconciliato il
Cielo e la Terra riportando l’umanità ad uno stato originale di armonia con il
Creatore.
L’attesa messianica pervade tutta la Bibbia, dalle
primissime pagine della Genesi, fino alle ultime parole del libro dell’Apocalisse,
possiamo dire che il cuore della Bibbia sia infatti la presenza del Cristo, il
Figlio di Dio che si rende umano al fine di divinizzare gli esseri umani.
La parola Messia, che
deriva dall’ebraico e dall’aramaico, e la parola Cristo, hanno infatti lo
stesso significato: unto.
In ambiente ebraico, era un titolo inizialmente
riservato ai re, colui che infatti veniva unto con l’olio santo e benedetto era
prescelto dal Signore per il suo governo, dopo l’unzione che rappresentava l’investitura
dello Spirito di Dio, il re unto diventav inviato e strumento del Signore e si
impegnava a lavorare incessantemente secondo il volere divino. Il re diventava
quindi una persona sacra (non divina), a cui tutti dovevano prestare riverenza
in quanto rappresentante del volere di Dio in terra. Il libro di Samuele ci parla
chiaramente del ruolo del re-unto e soprattutto è proprio in queste pagine che
leggiamo della speranza che il Messia venga dalla stirpe di Davide.
Quindi una volta stabilito che il Messia sarebbe disceso da
Davide, ogni regnante di questa famiglia diventava una prefigurazione del Cristo
pur non essendo il Cristo in persona. Il re davidico era un messia del momento,
pur non essendo il figlio di Dio egli era un Suo rappresentante devoto al
compiere il disegno divino ma pur sempre un essere umano. È chiaro che molti regnanti, nella storia d’Israele,
pur essendo unti si siano coperti di errori e mancanze che li facevano apparire
agli occhi del popolo come dei traditori della missione divina.
Soprattutto i profeti si scagliavano contro di loro
denunciando i loro misfatti e il loro abuso di quella che invece sarebbe dovuta
essere un’investitura santa. Le bocche imparziali dei profeti infatti denunciavano
senza timore gli usurpatori del trono davidico ricoirdando come il Messia invece
sarebbe stato un perfetto regnante che avrebbe agito secondo diritto e
giustizia esercitando i Suoi poteri con grazia e misericordia portando libertà
al popolo.
Furono infatti proprio i profeti ad indirizzare le speranza
messianica verso il Messia futuro e non il regnante del momento,furono loro a
dirigere lo sguardo verso la persona che il Signore avrebbe chiamato Suo figlio
e che sarebbe stato l’unico, il prescelto, il re futuro che avrebbe fatto entrare
Israele nella redenzione e nella salvezza. Proprio dopo l’esilio in Babilonia
il messianismo regale diventò effettivo, ovvero, sulle promesse dei profeti si
consolidò l’attesa del re divino, l’unico Messia nel senso vero della parola.
Egli sarebbe venuto dalla stirpe di Davide e sarebbe stato il Re dei Re, il suo
governo sarebbe stato teocratico e la pace avrebbe dimorato in Israele a causa
della Sua saggezza e misericordia.
In questa visione biblica, il Messia aveva tre carismi
principali: egli era re, sacerdote e profeta.
Avrebbe dovuto manifestare queste tre caratteristiche che
unite formano la perfetta personalità messianica.
Il messia doveva essere re della stirpe di Davide come
abbiamo visto, per governare secondo il volere di Dio, doveva essere sacerdote
ovvero una guida spirituale per ricongiungere l’umanità al Creatore fungendo da
mediatore universale tra Cielo e Terra ed infine doveva essere profeta cioè esprimere
uno spirito profetico nella sua vita avvertendo gli uomini di ciò che sarebbe
accaduto se non si fossero comportati secondo la giustizia e la rettitudine.
Secondo la sapienza veterotestamentaria, per essere il vero
Messia, l’Unto d’Israele avrebbe dovuto corrispondere a queste caratteristiche.
Ecco perchè Ian’I Rastafari proclama che il disegno messianico non poteva
concludersi con la sola venuta di Iyasos Krestos duemila anni fa, perché Egli
pur essendo stato sacerdote e profeta non fu regnante, non ebbe regno né sedette
su nessun trono ma invece preparò la strada nei cuori dei popoli insegnando a ricercare
il Regno di Dio ed annunciò Lui srtesso che sarebbe tornato una seconda volta
quando il vangelo sarebbe stato diffuso ai quattro angoli della terra.
Ian’I Rastafari dichiara che centoventicinque anni fa, tra
le montagne di Ejersa Goro, qual bambino che nacque tra l’attesa dei profeti
era il Messia nella Sua seconda venuta, Colui che era annunciato da Isaia come
il bambino sulle Cui spalle riposa il segno della sovranità, l’Onnnipotente
Haile Selassie The First nella gloria dei cieli e della terra, regnante antico
venuto per portare il resto d’Israele verso il futuro originario.
Nel cristianesimo infatti dimora una grande ed irrisolta ambiguità,
perché le Scritture parlano di un Messia Re se Gesù Cristo era in realtà un
Maestro di fede? Perché i salmi ed i profeti parlano di un capo degli eserciti
che siederà sul trono di Davide se in realtà Gesù Cristo insegnava alle genti sapienza
spirituale e aveva al suo seguito dei discepoli che prima ancora erano dei
pescatori? La risposta è nella visione teologica Rastafari: il Messia nella sua
prima venuta (Iyasos Krestos, nato a Betlemme duemila anni fa) svolge una parte
del compito messianico che invece sarebbe stato completato nella seconda venuta
del Messia come Haile Selassie Primo nato a Ejersa Goro nel 1892. Soltanto con
questa visione possiamo comprendere a pieno il messianismo biblico e dissipare ogni
ambiguità e contraddizione, soltanto alla luce della venuta di Haile Selassie
Primo come Messia possiamo avere una visione completa della Sua salvezza che
instaura con la Sua venuta in quanto Egli ha con sé tutti i requisiti che
migliaia di anni di profezie ci hanno chiaramente esposto.
Egli risponde a tutti i carismi che la tradizione insegna.
Se non accettiamo la seconda venuta perdiamo una parte dell’
opera messianica e non possiamo comprendere in pieno il potere del Messia che,
come ha Lui stesso affermato, sarebbe tornato una seconda volta per compiere le
profezie.
Ian’I Rastafari riposa sereno e felice nella consapevolezza
del Messia nero, del Cristo nero nella carne che ha aperto i sette sigilli
conferendo all’umanità la possibilità di essere realmente libera ed unita al
suo creatore.
In questo centoventicinquesimo anniversario della nascita
del bambino divino, Ian’I medita sulla grandezza di questa promessa e sulla
magnificenza del suo significato, sul fatto che dal 1892 ad ora il mondo sia
cambiato come l’essere umano non aveva mai visto prima e che un nuovo tempo ed
una nuova epoca si sia instaurata proprio come dicevano la Scritture che
sarebbe accaduto con il ritorno del Messia.
Fatti storici ed eventi umani sono diventati le prove tangibili
della Rivelazione, l’Apocalisse si è manifestata tra le pagine dei libri di
storia con la guerra mossa dal fascismo al Re Messia come il Salmo 2 ci annunciava.
Esattamente come accaduto nell’Antico Testamento il resto d’Israele proprio dopo l’esilio in
Babilonia incominciò ad annunciare il Re Messia futuro, allo stesso modo dopo quattrocento
anni di schiavitù gli africani dispersi sulle coste occidentali in quello che
era un nuovo esilio ed una nuova diaspora, iniziarono ad annunciare l’imminente venuta
del Black Christ, il Messia redentore che sarebbe giunto dal Paese d’Etiopia,
il nuovo Israele, la nuova Zion.
In centoventicinque anni abbiamo ricevuto segni e
manifestazioni della divinità di Haile Selassie che non basterebbero le pagine
di un libro per elencarle, ma soprattutto abbiamo ricevuto dei nuovi occhi per
osservare un nuovo mondo, gli occhi dello spirito che ci hanno insegnato, per
bocca degli anziani patriarchi Rastafari, la nuova rivelazione del Cristo
tornato.
Un nuovo giorno è iniziato nelle yard degli Elders in
Jamaica, una nuova pagina che era annunciata da millenni di profezie. La
salvezza e la redenzione non sono più ideali fumosi e difficili da comprendere
ma una realtà chiara e manifestata, il King of Kings infatti ci ha mostrato una
strada che è perfetta e senza difetto, se la seguiremo accederemo ad un livello
più alto delle nostre vite guadagnandoci noi stessi la nostra salvezza con le
opere, gli sforzi, il lavoro incessante per mostrare che il nostro obiettivo è
il regno di Dio qui in terra e non la schiavitù fisica e mentale di babilonia.
Dal 1930 in poi tutte le promesse sono compiute e Ian’I deve
soltanto gioire nella consapevolezza che il Messia si è manifestato e che ha
scelto i Rastafari per essere Suoi annunciatori e modellatori dei caratteri
della nuova umanità. Nella rivelazione del Re Messia vediamo la promessa
compiuta e questo ci inonda di gioia perchè il modello da seguire è perfetto e
sicuro, nella Livity Nyah Binghi viviamo la pratica spirituale della comunione
con l’Altissimo e la gioie infinite della Sua manifestazione. Nel canto e nella
consapevolezza viviamo come una nazione in questo mondo ma non di questo mondo,
costruendo una strada che va diretta verso il trono del nostro Confortatore, il
nostro scudo e aiuto nelle prove, Colui che ci è venuto a prenderci uno ad uno
per formare il Suo popolo. Eravamo infatti in posti lontani e diversi tra loro,
ognuno con la sua storia e la sua cultura ma il Signore ci ha raccolti come le
pecore del Suo gregge e ci ha unito in un unico cerchio sotto la bandiera del
verde dell’oro e del rosso.
In piena armonia ed unità con il Creato e le sue creature,
cantiamo all’Altissimo parole spirituali e ci impegniamo ogni giorno a
proteggere il povero ed il bisognoso così come il nostro Padre Haile Selassie
Primo ha fatto ogni giorno del Suo regno. Sediamo sulla roccia ed osserviamo
centocinquanta anni di grandezza, di meraviglia, di sorpresa e di misericordia,
ci immergiamo nella gioia profonda di essere qui presenti e far parte della
generazione del resto d’Israele chiamato dai quattro angoli della terra ora che
il Signore ha steso la Sua mano per una seconda volta.
Cosa altro potremmo
desiderare, cosa altro potremmo chiedere.
Guardiamo alle colline e alle altezze del nostro spirito da
dove verrà il nostro aiuto e possiamo finalmente cantare che il nostro aiuto è
arrivato centocinquanta anni fa tra gli alberi e le alture rocciose di Ejersa
Goro.
Gloria al Cristo nero nella carne, antico Re, antico
Sacerdote, antico Profeta. Il sovrano di Davide più grande di Davide. Il principe
della pace. Colui che semplicemente è. Qadamawi Haile Selassie