Se il 27 settembre ci trovassimo in Etiopia o nel giardino
di qualsiasi chiesa Ortodossa Etiopica del mondo, assisteremmo ad uno
spettacolo unico nel panorama delle chiese cristiane.
Ci troveremmo dinanzi ad una piramide di legna da ardere
alta diversi metri che si erge dritta verso il cielo, un qualcosa di insolito
che forse non avremmo mai visto prima.
Circondata dal clero vestito a festa, questa montagna di
legna rimane il centro dell’attenzione adornata da striscioni con i colori
etiopici.
Se restassimo in attesa un po' di tempo, vedremmo Il prete,
dopo numerose benedizioni e canti rituali, accendere la prima scintilla per dar
fuoco a tutta la pira (Demera).
Fiamme e fumo saliranno allora verso l’alto per ore come in una
danza mossa dal vento, in maniera simile il coro resterà a danzare per ore a
ritmo del tamburo e degli strumenti sacri invocando canti antichissimi.
È la festa del Meskel e, secondo il calendario liturgico etiopico
ricorre ogni 27 settembre.
È una festa nazionale in Etiopia e celebrata allo stesso
modo ovunque ci sia una comunità ortodossa etiopica.
La parola Meskel, in amarico, significa “croce” e questa
ricorrenza speciale commemora il ritrovamento della vera croce di Iyasos
Krestos.
La tradizione ci racconta che intorno al 330 d.C. la Regina
Sant’ Elena, conosciuta in Etiopia con il nome di Nighist Eleni, madre del
primo imperatore cristiano romano Costantino, trovò infatti la croce su cui
Iyasos Krestos venne crocifisso.
La regina era profondamente devota e viveva una vita di
preghiera, alcune fonti storiche ci dicono che addirittura fosse una Nazirea praticando
quindi la sua vita spirituale in maniera molto profonda secondo l’antichissimo
voto descritto nel libro dei Numeri capitolo 6.
Una notte ebbe una rivelazione divina in cui le veniva detto
di erigere una gigantesca pira di legna e incenso e farla ardere.
Ella avrebbe dovuto attendere finché le fiamme si fossero
placate e la pira ridotta quasi del tutto a cenere, quando il fumo le avrebbe
indicato il luogo in cui giaceva la croce, in maniera simile a ciò che è
descritto nel capitolo 40 dell’Esodo al verso 34-38
dove la nube di fumo levatosi al di sopra del Tabernacolo indicava la strada da
seguire.
Era la Gerusalemme del quarto secolo d.C. e il legno sacro
venne ritrovato e diviso in parti che vennero poi distribuite alle chiese più
importanti in giro per il mondo.
Uno di questi frammenti raggiunse l’Etiopia
dove è tutt’ora custodito nella chiesa di Gishen Maryam nella regione del
Wollo.
Ogni anno il 27 di settembre la Chiesa Ortodossa Etiopica Tawahedo
è l’unica famiglia cristiana a celebrare questa ricorrenza. Migliaia e migliaia
di fedeli accorrono nei cortili delle chiese principali e, ad Addis Ababa, la
cerimonia ha luogo nella famosa e centralissima piazza di Meskel Square da cui
infatti essa prende il nome.
La celebrazione ha poi fine quando le fiamme si estinguono e
tutta la pira diventa cenere benedetta con cui i fedeli si disegnano una croce
direttamente sulla fronte.
La giornata continua poi tra festa e riunioni familiari in
cui si interrompe digiuno che durava dalla giornata precedente.
Nel 2013, la festa del Meskel è stata aggiunta all'elenco
rappresentativo dell’ Intangible
Cultural Heritage of Humanity dall'agenzia delle Nazioni Unite per
l'educazione, la scienza e la cultura.
Il significato spirituale di questa festa è ovviamente la
devozione verso il potere salvifico della Croce, da lì infatti Iyasos Krestos è
morto e poi, una volta nel sepolcro, risorto assicurando la vita eterna.
La Croce è un monito al perdono e alla compassione, al
rinnovamento dello spirito e del corpo nella via di vita che il Vangelo
esprime.
La croce è la vittoria sulla morte, ovvero il male, l’annichilimento,
la disperazione e la divisione.
La Croce è l’elemento che unisce Cielo e terra in una
perfetta armonia che è il fluire della vita che non smette e non si interrompe.
Se entriamo in una chiesa ortodossa etiopica vedremo molte
croci, alcune appese al collo altre in mano dei preti e diaconi, alcune molto
piccole usate come ciondolo dai fedeli altre molto gradi portate in processione
durante le cerimonie. Raramente vedremo il crocifisso, ovvero la croce con il
corpo di Cristo morente, questo perché l’enfasi della Cristianità Ortodossa è
appunto la vita.
A differenza delle
altre chiese cristiane quindi, si celebra la croce lasciata vuota dal il Cristo
risorto.
Anche nella Tradizione Rastafari ovviamente il Meskel o
croce etiopica è molto presente.
Numerosi fratelli e sorelle infatti lo portano
al collo o è comunque presente sui muri delle case o insieme alla Bibbia.
Se osserviamo da vicino una Meskel vedremo che è fatto di
tantissime linee intrecciate secondo dei motivi geometrici angolari o fluidi
che in molti casi sono come dei nodi senza fine. Questo simboleggia la vita che
fluisce e che diventa eterna proprio grazie al miracolo della Croce che il
Meskel rappresenta.
In Etiopia, questa festa segna anche la fine della stagione
delle piogge e l’inizio di un nuovo ciclo di sole e calore che prendono il
posto della pungente umidità e delle nuvole che fanno da copricapo agli
altipiani durante i mesi da giugno a settembre.
La stessa capitale Addis Abeba che si trova a 2200 metri di
altezza, spesso durante la stagione estiva è coperta per giorni e giorni da
fitte nubi che poi esplodono in frequenti precipitazioni.
La terra è quindi ora ricca di acqua e i prati verdi si coprono
di fittissimi fiorellini gialli appunto chiamati le “margherite del Meskel” che
in questo periodo colorano tutto il Paese.
Le famiglie escono a raccoglierle
per comporre dei bouquet che porteranno poi con loro il giorno della Festa
della Croce.
La stessa pira da ardere viene spesso decorata con questi
graziosi fiori del colore giallo acceso.
Ian’I Rastafari osservando la profondità degli eventi medita
anche sul fatto che il 27 settembre non ricorre soltanto la festa del Meskel ma
anche un altro avvenimento importantissimo.
In questo giorno infatti nel lontano 1916 il ventiquattrenne
governatore Tafari Makonnen prendeva il titolo di Ras, ovvero re, capo del
popolo d’Etiopia. A questa investitura seguirono poi le nomine di Erede
Ufficiale al trono e di Principe ereditario della Corona accompagnati dall’importantissimo
incarico di Reggente Plenipotenziario.
Questo ultimo titolo rendeva Tafari Makonnen il regnante de-facto del millenario Impero d’Etiopia.
L’imperatrice Zauditù continuava a governare ufficialmente il Paese ma in realtà
ed in pratica, il giovane ma già espertissimo Tafari era Colui che amministrava
il potere imperiale.
La cosa che è degna di nota è che questo profetico
avvenimento fece sì che da quel momento Egli diventasse “Ras” Tafari Makonnen e
quindi per la prima volta nella storia le due parole Ras e Tafari vennero
accostate creando il nome del nostro Movimento che è appunto RASTAFARI.
Anche se la rivelazione Rastafari si manifesterà come
movimento spirituale soltanto una quindicina di anni dopo nella Jamaica
coloniale, il nome prese vita il 27 settembre del 1916.
Non è un caso che quel giorno rappresentava proprio la festa
del Meskel, la Santa Croce con cui Iyasos Krestos vinse la morte instaurando la
vita eterna ed aprendo il periodo di attesa del Suo ritorno come Re dei Re e
Signore dei Signori.
Ecco, secondo la tradizione Rastafari Sua Maestà Imperiale
Haile Selassie Primo è il Cristo ritornato nei Suoi Caratteri regali per
portare a compimento quella promessa che era stata annunciata proprio prima di
salire sulla croce.
Lui stesso disse che affinché il Regno di Dio potesse essere
istaurato in terra il Figlio dell’Uomo avrebbe dovuto lasciare questo mondo
ovvero morire sulla croce (per poi risorgere).
Quindi nel giorno della Croce del 1916 il nome Ras Tafari si
manifestava al mondo, in un certo senso quello era la prima manifestazione,
anche se soltanto a livello nominale, del Movimento che avrebbe dichiarato che
il Cristo era tornato in terra per regnare per l’eternità.
Andando avanti con gli eventi, sappiamo infatti che il 2
novembre del 1930, nella cattedrale di San Giorno ad Addis Ababa, Ras Tafari
veniva incoronato dalla Chiesa stessa come Re dei Re, Signore dei Signore,
Leone Conquistatore della tribù di Giuda, Eletto di Dio, Luce del Mondo
prendendo il nome nuovo (che era già Suo nome di battesimo) Qadamawi Haile Selassie.
Da quel giorno in poi Egli non venne mai più chiamato Ras
Tafari.
Avvenne però una cosa interessante e profetica.
Il nome Ras Tafari non scomparve ma diventò il termine con
cui si nominarono i Rastafari ovvero i primi predicatori che annunciavano che Haile
Selassie era Dio in terra, il Cristo ritornato.
Così facendo le profezie erano compiute: il Messia assumeva
il Suo nome nuovo e Celeste ma allo stesso tempo i Suoi figli prendevano il Suo
nome terreno dando vita al Movimento Rastafari.
Era la realizzazione nella storia dell’incarnazione di Dio
nell’uomo, quello che viene chiamato nella Livity Rastafari “God in man”.
Nel giorno in cui il Messia diventava l’Eletto di Dio,
eleggeva a Sua volta il resto del suo popolo che avrebbe risposto alla chiamata
finale.
Il giorno in cui Egli indossava la Corona eterna prendendo
il titolo di Imperatore allo stesso tempo incoronava Ian’I Rastafari ad essere
Rasses, ovvero umili “regnanti” su questa Creazione secondo la Livity al fine
di aiutarLo nel governo del mondo secondo l’insegnamento del Vangelo.
Le promesse di Isaia e dei profeti così si compivano.
Iniziava una nuova era di luce e calore.
Forse proprio come in Etiopia la festa del Meskel segna l’inizio
della nuova stagione calda e assolata.
Selah