Nella terra del legno e
dell’acqua (dalla lingua indigena locale: Xaymaca), ovvero la Jamaica, i poveri
e gli ultimi della società ricevono la Rivelazione del Re dei Re.
Tra le verdi colline e
le ricche cascate di questo piccolo pezzo di terra tra gli oceani, la nuova
fede nasce dando risposta alle tante domande e alla grande attesa che il popolo
conservava nel cuore.
È opportuno meditare sul
fatto che il Legno e l’acqua siano elementi primaverili, infatti in questa
stagione l’acqua non dovrebbe mancare e la sua presenza in unione con le
temperature che risalgono, producono la crescita delle piante ovvero nuovo
legno.
Nuovi getti e nuovi rami
si presentano, le radici si allungano, si rinforzano e così tante foglie
spuntano rendendo i paesaggi nuovamente verdi e lucenti.
Allo stesso modo la
Rivelazione Rastafari produce nuove gemme e nuovo legno, infatti l’acqua di cui
lo spirito dell’umanità aveva sete si manifesta nella figura del Cristo Haile Selassie
e con il calore della Livity producono nuovo legno ovvero un nuovo popolo, una
nuova stirpe che può finalmente onorare il Messia ritornato nella seconda
venuta.
La corteccia che era
indurita e tendeva a seccare, ora germoglia nuovamente al sentire i predicatori
Rastafari che annunciavano la divinità di Haile Selassie The First. Il cuore e
lo spirito affranto del popolo d’Israele nella diaspora (gli Africani in
Jamaica) contriti ed induriti nella terra delle contraddizioni tra discendenti
di pirati e figli di slave masters, finalmente possono gioire perchè le
promesse bibliche sono state mantenute.
Anche il mantenimento di
queste promesse e il compimento dell’attesa sono un richiamo alla Primavera,
infatti quando la natura si “addormenta”
per la pausa invernale allo stesso tempo promette il suo risveglio, così anche
il genere umano si adegua a questa “promessa” preparandosi per quando il verde
ritornerà a splendere.
Le piante e i boschi
così come alcuni animali ci chiedono quindi di imparare ad aspettare fiduciosi
però del risveglio e del ritorno della bella stagione. La Creazione ci propone
un’attesa, anche un po’ forzata se vogliamo, proprio come il destino Biblico d’Israele
richiese l’attesa al popolo di Dio.
I profeti annunciarono
infatti che quando il tempo sarebbe stato pronto allora il Figlio dell’Uomo si
sarebbe manifestato, e sarebbe nata una nuova stirpe che sarebbe stata figlia
di quegli stessi profeti e dei grandi patriarchi del passato.
La nuova stirpe avrebbe
vissuto alla presenza del Cristo e regnato con Lui che sarebbe stato capo del
popolo, grande re, giudice delle nazioni acquistando quindi un ruolo attivo e
partecipe nelle vicende mondiali; proprio come nella Primavera gli agricoltori,
che richiamano appunto la nuova generazione, lavorano con la natura che si
manifesta attivamente partecipe e li aiuta nell’evoluzione della Creazione. Quando
infatti il contadino alla fine del freddo e con i primi caldi semina e pianta,
egli interagisce con lo slancio vitale e produttivo della Creazione,
limitandosi ad indirizzare e ad aiutare
questa spinta affinchè possa rendere il giusto frutto. Ecco quindi
potature, concimazioni, annaffiature, tecniche finalizzate al benessere della
pianta e poi finalmente il raccolto.
Questo duro lavoro è
compito dell’uomo ma è assistito dalla presenza della natura che è pronta a
produrre e quindi ad elargire i suoi frutti. Proprio come nella Livity
Rastafari il fedele lavora ogni giorno per aiutare la pianta del suo spirito a
crescere bene affinchè produca il frutto di una vita retta, consapevole e piena
di grazia, ma tutto ciò è fatto con la presenza del Creatore che è sempre
pronto ad estendere a lui il Suo Spirito che è partecipe nella vita spirituale.
Questo duro lavoro di
lavorazione del terreno, nel tempo biblico dell’antica Palestina, corrispondeva
con il periodo dopo la semina. Non essendoci infatti un freddo e rigido inverno
come quello europeo, il periodo di lavoro della terra ricominciava prima delle
piogge, quando si arava il terreno e si seminava in attesa che l’acqua facesse
germogliare le semenze.
Il seminatore deve quindi aver fiducia nella
terra, deve conservare quella fede nel vedere le prima piantine spuntare, egli
deve sperare nell'acqua del Cielo, deve trovare il suo posto tra gli elementi
naturali. Non deve imporsi nel volerli ovviamente sottomettere ma neanche
esserne vittima incauta, deve invece imparare a sintonizzarsi con essi in modo
tale da poterli usare a beneficio della produttività.
È proprio questa fiducia la protagonista di
questa interazione uomo-terra.
L'uomo, attivamente semina ma non deve
dimenticare che una volta gettato nella terra il seme germina e cresce da solo,
quindi egli non può che attendere nella fede e nella speranza.
Ecco perché Iyasos Krestos nella sue parabole
ci insegna il totale abbandono alla Provvidenza parlandoci degli uccelli del
cielo che non seminano né mietono (Mi 6, 26 par.) ma che comunque ricevono la
benedizione del cibo e del benessere direttamente dal Creatore.
Questo esercizio di abbandono e di attesa è
fondamentale nella nostra pratica spirituale, per cui dobbiamo lavorare ogni
giorno anche senza vedere i frutti del nostro operato.
Questi si manifesteranno soltanto al momento
giusto, nelle nostre prove quotidiane quando le circostanze ci richiedono di manifestare
ciò che abbiamo imparato e praticato.
Allo stesso modo dobbiamo esercitarci nell’abbandono
colmo di speranza ma senza fisse aspettative.
Dobbiamo imparare ad accettare,
se abbiamo fede, ciò che la vita ci
propone sapendo che tutto viene per il meglio e per la nostra edificazione. Ian’I
Rastafari tiene alta la bandiera ogni giorno, deve mantenere la fede e la
sicurezza che il Creatore sia la roccia su cui dobbiamo rimanere, vigili ma
sicuri.
Come l’agricoltore che impara a gestire il suo timore nell’attesa che
il seme germini, così Ian’I deve imparare a gestire l’insicurezza quotidiana
fermi nella certezza che il Signore provvede a tutto ciò di cui necessitiamo.
Ian’I Rastafari deve avere il coraggio di
sotterrare il seme nella fiducia che una piccola pianta, al momento giusto,
spunterà dal terreno.
Nel linguaggio delle Sacre Scritture, questo
seme è la parola di Dio che affonda nel terreno del nostro cuore pronta a
germogliare e a portare frutto se sarà custodita ed aiutata.
Dobbiamo quindi impegnarci nella Livity per
essere una buona terra, proprio perché la semente è gettata con la parola
stessa di Dio. Questo seme è il Messia in persona che dimora in ognuno di Ian’I
e che al momento giusto si manifesta nelle nostre esistenze, Egli ha la
capacità di rimanere fermo e non germogliare finchè il momento non sia quello
favorevole in acccoprdo con gli elementi delle nostre vite.
Ecco l’ albero di Jesse doveva essere
tagliato, ma dal suo ceppo è germogliato un « seme santo » (Is 6, 13). E con
grande stupore e meraviglia, questo seme si concentrerà in un germoglio, che
diventa uno dei nomi del Messia. “ Ecco un uomo il cui nome è germoglio;
dov'egli è, qualcosa germoglierà; egli ricostruirà il santuario “ (Zac 6, 12).
Ian’I Rastafari vive nella proclamazione di
questo germoglio divino che ha ridato colore e vita al mondo, Egli che è la
vita che scorre nell’Universo ha vivificato ciò che aveva perso linfa a causa
dell’aridità dei cuori umani. Il Signore Haile Selassie Primo è il protettore
delle fedi umane, è stato nominato il difensore della fede proprio perché ristabilisce
tramite il Suo esempio la connessione tra Cielo e terra, tra Dio e uomo.
Con le Sue azioni egli libera e manifesta la
potenza creatrice che Dio infonde in questa Creazione.
Egli è la ragione per cui Ian’I Rastafari
dimora in un’incessante canto di lode perché ha reso i nostri cuori un’eterna
primavera concedendo all’estate della nostra vita di dare frutto portandoci
quindi al raccolto di cui la Bibbia ci parla. Questo raccolto è abitare nel
Regno dell’Onnipotente ogni giorno delle nostre vite, cantando alla Sua gloria
in ogni attimo.
Ian’I Rastafari ha vinto il freddo ed il gelo
dell’inverno, ha superato la nebbia dell’incertezza e del dubbio, ha avuto
coraggio ed ha lavorato la terra quando era ancora dura, ora il seme è finalmente
germogliato e possiamo apertamente osservare il Creatore nella Sua
manifestazione che è la vita.
Molti pregano un Dio morto o distaccato dall’uomo,
Ian’I onora l’Onnipotente che è vita fluente e colora la terra di gioia, forza,
stabilità.
Egli ci porta ai prati verdi ed erbosi della
nostra consapevolezza, facendoci riposare alle acque placide dei nostri spiriti,
dove ogni cosa è più chiara e dove il suono delle nostre parole e dei nostri
pensieri riecheggia intonandosi con la sinfonia del Creato.
È un unico canto che Ian’I Nyah Binghi compie
in coro con terra aria acqua e fuoco, un canto di lode iniziato nella Genesi e
che Rastafari porta avanti oggi e per sempre per compiere il Libro della Vita.
“E tutto canta e grida di gioia” (Sal 64)
Selah