La consapevolezza Rastafari è ciò che può
salvare le persone alla ricerca di una terra ferma e solida nel trambusto delle incertezze della vita.
Ian’I non
segue una religione o una filosofia perché queste non necessitano della
componente che è alla base della Livity, ovvero l’esperienza reale.
Questa
esperienza non è un processo concettuale fatto di grandi parole e spiegazioni,
anche se ovviamente per spiegare la dottrina Rastafari c’è, a volte, necessità
di parole e ragionamento.
Ciò che dovremmo realmente perseguire è la comunione
e l’affidamento al Creatore lasciando che ogni aspetto della nostra vita possa
essere illuminato dalla Sua presenza.
Proprio come
la luce del sole tocca ogni parte di una vasta vallata così la Sua presenza può
illuminare ogni aspetto delle nostre vite.
La nostra
pratica di vita è appunto quella di ricercare e perseguire l’esperienza del
Regno di Dio qui ed ora, non in un futuro lontano.
La
condivisione della nostra esistenza con il Creatore può risultare più semplice
nei momenti di distensione e tranquillità, quando la mente è già rilassata e
più propensa ad apprezzare la bontà di questa vita e di conseguenza del suo
artefice.
La vera
prova spesso avviene però nei momenti difficili, nei periodi in cui ostacoli e
pietre d’inciampo mettono alla prova il nostro spirito, autocontrollo e fiducia
nel bene.
Questi sono i momenti di grande sofferenza ed incertezza, causati da
problemi o impedimenti di reale entità che destano in noi paura,
preoccupazione, destabilizzazione e soprattutto portano la nostra mente a viaggiare
all’interno di una “città della paura” in cui ogni strada è colma di immagini e
proiezioni angosciose di ciò che potrebbe succedere. In questa città ogni
vicolo ed ogni strada sono colme di ansia e il sentimento che si percepisce è il
timore, noi ci troviamo come dei passanti che freneticamente camminiamo osservando
a destra e a sinistra raffigurazioni negative che potrebbero accadere alle
nostre vite, quando una strada finisce se ne apre un’altra con un pensiero ed
un’immagine ancora più brutta di quelle che avevamo appena passato.
Questo
luogo è l’inferno della nostra persona.
C’è da
sapere però che esso non è reale, è una macchinazione del nostro cervello, un
film attivato dalle nostre capacità sensoriali e dai processi cognitivi che la
nostra mente prevede, è una fiction i cui registi sono i nostri neuroni e la
casa cinematografica è la nostra paura, noi veniamo usati come attori non
volontari e i nostri pensieri manovrati come burattini di legno.
Forse nella
nostra vita seriamente ci sono i presupposti per un problema e per una
preoccupazione, ma l’esagerazione e il senso di costrizione ed angoscia sono
provocati dalla nostra predisposizione mentale. È il caso di fermare tutto ciò,
e questo è possibile.
Esistono tecniche
ed esercizi validissimi per invertire questo processo e ritrovare serenità in
quei momenti ma il modo di vivere di Ian’I si spinge oltre.
La Livity
Rastafari infatti ci offre la possibilità di affrontare la problematica da un
altro aspetto piuttosto di essere risucchiati nel vortice, infatti la nostra è
una fede e come tale prevede affidamento. Ma a chi o a che cosa?
Ebbene secondo
la nostra dottrina il Creatore manifestatosi nel Suo Messia Haile Selassie
Primo è Dio di bene e di conseguenza tutto ciò che proviene o scorre verso di
Lui è bene profondo, pace ed equilibrio. Non perseguiamo infatti una religione
di cieca sottomissione ma invece di divina condivisione in cui Dio sceglie di
elargire all’uomo la Sua grazie e quindi offrirgli di vivere alla Sua presenza,
questo conferirà all’essere umano un forte senso di forza, serenità e soprattutto
salute e benessere, consapevolezza di stare al posto giusto nel momento giusto
e fare la cosa appropriata anche durante i periodi di prova. L’uomo diventa
così un microcosmo o meglio, come l’Ortodossia e la Livity Rastafari giustamente
ci insegnano, un micro-dio, una personificazione del divino nell’umano, un
completamento attivato dalla Spirito che fa rinascere e rigenera l’uomo.
Ecco, il
problema è che questo fondamento di fede è più facile da ricordare e
riconoscere quando stiamo bene ma diventa così difficile da vivere quando
invece la vita ci mette all’angolo e continua a sferrare colpi.
Ecco qui è
la grande potenza della Livity.
Non stare più
in quell’angolo. Ma per uscire dobbiamo uscire dal pensiero che siamo
condannati dalla vita a stare in quella strettoia, dobbiamo realizzare che
forse è la nostra mente che tende a volerci tenere in quella condizione ed
essere vittima della sventura subendo e subendo come un pugile in seria
difficoltà.
Quell’angolo
è la rappresentazione delle nostre limitazioni, non sappiamo cosa poter
umanamente fare perché sentiamo di aver già provato tutto e che nulla ha
realmente funzionato, veniamo bloccati da un senso di forte impotenza che ci
tiene confinati tra le corde del ring della vita.
A questo punto
possiamo scegliere due strade: o rimanere vittime dei colpi e continuare a
soffrire autogiustificandoci con una serie di spiegazioni mentali che non fanno
altro che rinforzare la nostra impotenza e di conseguenza distruggono la fiducia
in noi stessi, oppure affidarci interamente e totalmente al Re dei Re in quanto
noi non possiamo più fare nulla per cambiare la situazione.
Quando e se
questo processo avviene noi usciamo come per magia da quell’angolo e torniamo al
centro del ring nella posizione di poter gestire la situazione con visione
chiara e lucida. Infatti affidarsi a Lui significa riconoscere che noi le
abbiamo tentate tutte e purtroppo abbiamo esaurito le possibilità, quindi possiamo
soltanto fare affidamento a Chi invece è la fonte inestinguibile di
possibilità.
Così
usciremo dall’angolo perché non ragioneremo più con la mente ed i suoi processi
dualistici ma invece vivremo nello spirito di fede che è aperto, vasto, pieno
di possibilità, benevolo e soprattutto non in conflitto ma che infatti dimora
prima del conflitto.
Quando la
situazione diventa troppo pesante allora facciamo fare al King, o lasciamo fare
allo spirito dei nostri fratelli e sorelle Rastafari che sparsi su questa terra
manifestano la vita illuminata che può salvarci. Essi infatti hanno abbracciato
la fede e hanno tenuto salda nelle mani la bandiera della Livity, se loro l’hanno
fatto è perché la strada di vita Nyah Binghi è ricolma di benedizioni e di
possibilità di bene, e questo è anche per noi quando siamo nella difficoltà.
È una grande
prova di fede, prevede infatti impegnarsi duramente per lasciar andare le
proprie convinzioni e proiezioni mentali (che quando soffriamo sembrano così
vere) e mettere tutto in mano alla Persona del Re dei Re. Con tutta l’iniziale
incertezza e reticenza che questo processo porta con sé, esso è in realtà la
vera cura verso l’afflizione della sofferenza.
Abbandonarci
con tutte le forze a Dio come fondamento dell’essere provoca l’immediato
svanimento delle paure e delle incertezze. Questo perché non facciamo più
affidamento sulle nostre capacità umane ma accediamo alla parte spirituale e
divina di noi stessi che è libera dai conflitti e soprattutto è carica di
energia e quindi capace di rigenerarci in quei momenti di stress.
L’angolo
infatti può tenere in trappola la nostra parte umana e limitata, ma non potrà
mai ingabbiare la nostra persona spirituale ed infinita.
Lasciar
andare il peso e metterlo nelle mani del King ci offre la possibilità di
riprendere fiato e ci fa crescere nella certezza che siamo nelle mani del Padre
proprio come quando eravamo piccoli e naturalmente ci abbandonavamo ai nostri
genitori per ogni minima cosa.
Usciamo
quindi dalla trappola e permettiamoci di osservare le bellezze di questa vita,
la luce del sole riflessa sulle foglie e le risate semplici dei bambini, la presenza
della vita nella natura, l’amore dei nostri cari e il fatto che tutte le cose
più belle di questa esistenza sono gratuite ed accessibili. Questi elementi ci
aiuteranno a superare la difficoltà, a scoprire che esistono delle possibilità
che forse non avevamo considerato prima perché troppo impegnati a prevenire i
colpi.
Se usciamo dall’angolo allora potremo vedere tutto più chiaramente e
accadrà qualcosa id meravigliosamente incredibile: osserveremo da dietro l’avversario
continuare a sferrare pugni al vuoto.
A quel punto
potremo finalmente scendere dal ring e passeggiare lontano.