sabato 14 aprile 2018

La Livity Rastafari nella storia


La Livity Rastafari è nata prima del 1930.

Essa era infatti presente nel profondo dello spirito del primo uomo che apparve su questa terra.
Essa era insita nell’animo di generazioni di esseri umani che hanno camminato le vie del mondo evolvendo il sapere e la spiritualità umana. La Livity Rastafari era presente nei maestri spirituali anche di altre correnti religiose e scuole di pensiero, essa ha pervaso questa Creazione sin dal momento che il Creatore infuse il Suo Spirito nel corpo dell’essere umano.

La Livity Rastafari ha attraversato l’antico Israele, essa è stata embrionalmente la spinta che ha portato Mosè a spezzare le catene d’Egitto ed incamminarsi verso la liberazione, ha donato a lui la forza di vedere un nuovo giorno da uomo libero in un popolo libero. La Livity Rastafari ha percorso il deserto nei cuori stanchi di coloro che cercavano un posto in cui poter finalmente risposare, nella loro sete e nella loro fame, nelle loro prove, nelle loro debolezze e nel loro coraggio. Questo affinchè si sapesse che dal deserto può sgorgare acqua e dal cielo può cadere cibo.
Ecco tutto ciò era un preludio di quella che sarebbe stata la via del Rastafari in quest’epoca, egli che si disseta di un’acqua spirituale nel deserto di una moderna Babilonia e che si nutre del cibo che dai cieli della sua percezione egli raccoglie.

La Livity Rastafari fu ciò che gli ebrei videro brillare sul volto di Mosè quando stanco e provato egli scendeva dal Monte Sinai subito dopo aver incontrato e dialogato con il Signore del Cielo e della Terra.
Essa era presente nei suoi occhi e nel lucido riflesso sulla sua fronte, essa era una luce nuova che gli uomini non avevano mai visto prima e che temevano in quanto cosa troppo grande per loro da accettare.
Ecco essa era il segno di un’alleanza e di un’intesa che sarebbe durata per il resto dei tempi, a molti sconosciuta ma ugualmente rivelata nella luce che splende sul volto del Rastaman.
Egli che riceve la sua luce dagli incontri con il Creatore sulle cime dei monti del suo spirito e della sua mente. Quelle altezze in cui egli dimora e che egli stesso chiama casa. Quelle altezze che i patriarchi Rastafari andarono ad esplorare quando si lasciarono indietro babilonia e scelsero la giungla come loro casa, il canto degli uccelli come loro voce, i frutti del giardino dell’Eden come loro cibo. 

La Livity fu deportata e rimase prigioniera nell’arsura della calda Babilonia.
Nella siccità di idoli pagani e di modi corrotti, nello sfarzo artificiale del tentativo degli uomini di farsi dei, essa rimase nascosta e crebbe in intensità, protetta e fortificata tra le catene e le prove di coraggio, essa prevalse. Diede coraggio a Daniele quando dovette incontrare la ferocia dei leoni che volevano strappargli la carne, ecco essa rimase viva e si espresse nella forza di spirito che come per magia rese le bestie mansuete.

Daniele era il Rastaman che la ferocia di Babilonia vuole masticare ed inghiottire affinchè egli più non sia.  Ma il Rastafari è l’uomo originale ed è capace di separare il male dal bene.
Il suo spirito vive prima della rabbia e della ferocia, la sua voce raggiunge tutto il creato; e così le fiere non lo assalirono perché riconobbero in lui la voce naturale ed originale dell’InnerMan, del Dio-uomo che dimora in ognuno di noi e che è capace di comunicare con il nucleo divino di ogni essere vivente liberando dal male e dalla fame.
Questa manifestazione era la Livity ed essa salvò Daniele.
Così i malvagi non sopprimeranno il Rastaman perché egli vive nel mondo ma non è del mondo, egli è non-nato ma sempre esistente nelle pagine della storia che si susseguono.
La Livity è la sua manifestazione ed essa è la sua vita senza fine.

La stessa Livity che ha ispirato il Salmista Davide a ricordarci di “riposare nel Signore” (Sal 37) di affidarci a lui in un modo così completo e totale che non  necessitiamo più di nessuna azione o nessun pensiero al di fuori di Lui. La nostra Livity diventa pensiero ed azione e semplicemente restiamo in silenzio e riposiamo in Lui consapevoli che la perfetta circolarità ed incastro degli eventi positivi porteranno pace e prosperità sul nostro cammino nonostante le dure prove e tribolazioni.
È la Livity Rastafari che è il “riposare nel Signore” ovvero rallentare e semplicemente essere in Lui.
È la strada del Rastaman in cui preghiera e azione diventano la stessa cosa, egli che vivendo riposa nel Creatore e anche quando riposa la sua pelle e il suo respiro intonano silenziosi canti di gloria.
Egli che riposa fiducioso riponendo fede e coraggio nel bene superiore del male, nel compimento delle profezie antiche nei giorni moderni, egli che vive in questo oggi come messaggero di un tempo antico e mai passato. Attraverso questa Livity Rastafari egli resta in silenzio quando altri gridano di disperazione, riposa e si affida quando altri si tormentano di ansia.
Egli vede perché spera e in tutto si affida, mentre altri diventano cechi nel desiderio incontrollato di voler vedere il futuro senza aver fiducia.
Il suo essere nella Livity è il “non essere” di Babilonia.

Ovvero quando egli è, e vive nella Livity Rastafari, allora una parte di Babilonia cessa di esistere perché soccombe dinanzi alla potenza della spiritualità e della consapevolezza. Mentre Babilonia attacca e si dimena, il Rastaman apparentemente riposa nella sua meditazione ma in realtà vive di una vita superiore che gli consente di non dover più combattere né sudare perchè dimora nell’ assenza di conflitto e di conseguenza il male non ha più presa su di lui.



sabato 17 marzo 2018

Livity Rastafari per sapere dove siamo e dove stiamo andando.


Mentre marzo annuncia le prime parvenze di primavera dopo che il gelo si è sciolto e le giornate sono impregnate di umidità, osserviamo questa Creazione muoversi in avanti spingendosi verso un nuovo ciclo, una nuova stagione.

Questo ci porta verso una riflessione: quanto sia importante sapere cosa stia accadendo intorno a noi e dove siamo in questo momento. Il momento di cambiamento è infatti una perfetta occasione per contemplare con occhi nuovi e mente chiara la nostra posizione in questa vita, dove siamo e dove stiamo andando. La transizione tra una stagione ed un’altra è un monito ed un invito a guardare dentro di noi e a fare, in un certo senso, il punto della situazione per prepararci poi al nuovo capitolo che porterà l’estate ed il suo calore.

Tutto è connesso in questa esistenza e l’alternarsi delle stagioni hanno il loro significato non soltanto per l’agricoltura ma anche per la psicologia e la spiritualità umana.
Nella Livity Rastafari uno dei perni della nostra pratica di fede è la consapevolezza.
Essa ci permette di essere presenti in qualsiasi momento stiamo vivendo, sia esso bello o brutto, sereno o complesso… noi semplicemente sappiamo di esserci. Questa consapevolezza è un esercizio, una pratica e soprattutto un’energia divina che ci permette di vivere realmente e non semplicemente di esistere seguendo il flusso delle onde.

Rastafari è un risveglio nell’amore e nella chiarezza, queste qualità si aiutano con la consapevolezza ovvero la capacità di sapere cosa sta succedendo ed essere consapevoli del momento che stiamo vivendo.

Consapevolezza significa essere presenti.
Essere presenti è un’azione che impariamo direttamente da Dio in quanto Egli è sempre presente, mentre invece l’uomo tende all’assenza. Tendere all’assenza significa che l’uomo ha per sua natura quella di “scomparire “ nei suoi problemi, nei suoi pensieri e nei suoi incastri mentali che così spesso gli impediscono di vivere serenamente questo magnifico viaggio su questa terra.
Ecco perché l’uomo, come la Bibbia spesso ci manifesta, ha continuamente bisogno di essere riportato al suo stato di consapevolezza, di bontà, di rettitudine, affinchè possa, attraverso la consapevolezza, godere di quella grazia spirituale che le Sacre Scritture ci promettono sin dalle prime pagine della Genesi.
Adamo infatti, che ha disobbedito al Creatore, viene ripreso e ammonito, perde la sua condizione divina ed è costretto a lavorare, ma il Creatore allo stesso momento in cui lo rimprovera e lo punisce, gli promette che attraverso il suo lavoro potrà ritornare al suo stato originale di comunione e grazia con Dio. Ecco che la Bibbia sin dall’inizio ci presenta qual è la strada dell’essere umano: lavorare per riportare la propria persona a quella grazia originale in cui siamo stato creati.

Molti allora potrebbero dire: “Ma allora Dio è cattivo, perché se ci ama così tanto dovrebbe sottoporci a tale sforzo? Perché non potrebbe semplicemente perdonare il peccato di Adamo e farci rimanere in una condizione di Paradiso Terrestre? Perché dobbiamo sudare e lavorare per recuperare quello stato così bello che una volta avevamo già?”
Sono tutte domande legittime, ed esiste una semplice ed appassionante risposta: la crescita umana.
Nulla è per caso nella storia biblica e nulla è senza un fine benevolo per l’essere umano.
Dio infatti ci porta a dover guadagnarci con le nostre mani il nostro destino e la nostra salvezza. Perché? Perché soltanto così la redenzione sarà un viaggio che noi e soltanto noi veramente compiremo, certamente con l’aiuto di Dio ma essendo con lui co-piloti della nostra vita. Soltanto se ci impegneremo con tutte le nostre energie ad essere persone migliori potremo veramente esprimere al massimo le nostre potenzialità interne e scoprire quindi di avere capacità che nemmeno sognavamo di avere.

Soltanto attraverso il nostro lavoro potremo conquistarci quel posto nel paradiso terrestre che fu promesso ai nostri progenitori. La grazia divina infatti è un rapporto di comunione con Dio, è un dialogo, è una compresenza. Queste qualità non scendono semplicemente dal cielo e ci piombano addosso, ma dobbiamo cercare detro noi stessi per trovare la strada per raggiungerle. Ecco perché il compito è lasciato a noi. Se Dio avesse voluto semplicemente farci rimanere in una sorta di “età dell’oro” in cui eravamo perfetti semidei che non avevano nulla di cui preoccuparsi e che non commettevano errori cosa ne sarebbe  stato della nostra consapevolezza? Cosa ne sarebbe stato della nostra libertà di crescere ed evolverci, di scoprire dentro di noi tutte le grandi capacità che possiamo avere, cosa ne sarebbe stato della nostra genuina individualità, della creatività, dell’espressione, della nostra singolare unicità? Saremmo stati come degli atleti che prima di partecipare alla gara ricevono già la coppa e quindi non si sforzano mai di vincere.

Invece no.
Gli esseri umani sono stati creati perfettamente incompleti per raggiungere la completezza attraverso i loro sforzi. Siamo stati creati potenzialmente perfetti ma i nostri processi mentali ci rendono imperfetti, testardi, limitati, fallaci, inclini a sbagliare e a commettere il male. Ecco la via Rastafari ci dice che la salvezza è un percorso e non solo un punto d’arrivo. La redenzione è il lavoro di una vita intera in cui a volte vinciamo e altre cadiamo nell’errore, fa tutto parte di questa meravigliosa storia che è la nostra umanità. Ecco che lo strumento che utilizziamo per condurre questo viaggio dentro e fuori di noi è la consapevolezza, la presenza mentale.
È fondamentale osservare noi stessi e sapere dove siamo, che sta succedendo nelle nostre vite e cosa dobbiamo cambiare affinchè il precorso possa essere migliore per Ian’I. Coltivare la presenza mentale significa aprire le porte al Creatore delle nostre vite e metterci in cammino verso quella condizione originaria che è dentro di noi e che la Livity Rastafari, in questa epoca di Armagideon, è l’unica pratica spirituale su cui possiamo realmente contare . Molte religioni infatti ci parlano di paradiso e vita dopo la morte ma chi ci istruirà su come vivere ora?
Chi ci insegnerà come condurre al meglio questa esistenza qui su questo pianeta? Chi ci indicherà come gestire le nostre imperfezioni, i nostri errori, le nostre debolezze e i nostri limiti al fine di crescere e raggiungere il nostro paradiso qui ed ora su questa terra?
Chi ci insegnerà come soffrire senza perdere la bussola della realtà e chi ci ammonirà quando stiamo andando per la direzione sbagliata?
La risposta è la Livity.

Essa è la voce dell’Onnipotente dentro e fuori di noi.
La Livity è l’ancora nel mare in tempesta, la Livity è la chiave d’interpretazione che ci permette di comprendere (overstanding) e non  semplicemente di accettare le cose come vanno.
Ecco che nella Livity Rastafari ogni azione ed ogni circostanza è un segno dal Cielo, ogni avvenimento è un’ opportunità di salvezza e redenzione, ogni avvenimento è fonte di saggezza, di crescita, di consapevolezza. Ian’I Rastafari pratica questo modo di vivere perchè soltanto attraverso la vita possiamo recuperare la nostra vera vita.
Non possiamo cambiare le nostre esistenza soltanto grazie a teorie, discorsi o belle parole ma saranno le azioni che faranno realmente la differenza. Non possiamo cambiare semplicemente perché pensiamo di aver capito come si fa ma poi non mettiamo in pratica gli insegnamenti.
La chiave è la vita stessa.

Il libro da cui imparare è lo stesso libro su cui scriviamo, ovvero la nostra stessa esistenza.
La consapevolezza e la presenza mentale ci offrono la possibilità di poter osservare e cambiare gli eventi, di adeguarli al modello che riteniamo giusto che è la via del Rastaman, la via verso Zion, la via verso il ritorno a casa.

sabato 17 febbraio 2018

Livity Rastafari, sappiamo cosa cercare?


Esiste un grave problema in quest’epoca ed esso affligge molti che, vecchi e giovani, sono in cerca di pace e benessere.
Questo problema è la diffidenza, lo scetticismo verso le bellezze di questa esistenza e soprattutto verso la sua realtà spirituale.

Quando parlo di diffidenza mi riferisco alla resistenza a volersi fidare e a voler credere che questa vita abbia una dimensione spirituale che la rende ricca e profondamente bella.
Non mi riferisco ovviamente alla diffidenza verso ciò che è negativo e che può essere nocivo per le nostre vite come quando ad esempio ci propongono di prendere parte ad un’azione negativa e noi siamo riluttanti perché sappiamo che non è cosa buona, in questo caso infatti essere diffidenti è un pregio e non un difetto.
La diffidenza verso il bello della vita è come un taglietto sotto un piede, all’inizio è un piccolo fastidio che si tende a tralasciare pensando che presto si rimarginerà, in breve tempo però il taglietto diventerà una ferita e ci impedirà di camminare. Ecco che lo scetticismo verso la dimensione spirituale dell’esistenza è un dolore molto simile, nasce da piccole domande o inquietudine interna e diventa un handicap che ci impedisce di percorrere serenamente e pienamente il percorso della nostra vita.

L’essere umano ha infatti innatamente bisogno di una dimensione spirituale così come ha bisogno di cibo e un luogo caldo per l’inverno. È una condizione naturale in cui nasciamo e rinunciarvi equivale a privare la nostra vita di una parte di linfa vitale, e sappiamo bene che questo può essere molto rischioso perché se quando in un albero una parte dei suoi rami smette di ricevere linfa a causa di qualche problema nel tronco, ecco che ben presto quei rami si seccheranno e il primo forte temporale li spezzerà.

Esiste una causa dietro a questa diffidenza: la paura del non sapere.

Quando molte persone si avvicinano ad una strada spirituale sono profondamente combattute da un conflitto interiore che da una parte li spinge a voler ricercare quella dimensione nuova, fresca e appacificante ma dall’altra li tiene legati alla “vecchia” realtà riempendo la mente di dubbi, incertezze, timori e vergogne che spesso purtroppo rischiano di deviare la via e far abbandonare la ricerca interiore.
Queste dinamiche sono comuni e tutti ci sono passati poiché fanno parte del modo in cui funziona la nostra mente, quando ti approcci a qualcosa di grande e con una forte capacità di cambiamento allora la mente entra in una “fase di protezione” che ti porta a scannerizzare e confutare le tue scelte così da verificare se realmente si tratta della strada giusta da prendere. Sono tutti processi naturali che se affrontati con serenità e magari con l’appoggio di qualcuno che ci sia già passato, possono essere superati e anzi fungere anche da trampolini di lancio per la propria pratica spirituale.
La diffidenza quindi è una spina da rimuovere dalle menti e dai cuori.

Queste incertezze e piccole “trappole” della nostra mente però sono alimentate da un problema di fondo che sta alla base di tutto ovvero il non sapere cosa cercare.
Questo è il nocciolo della questione che spesso diventa un trabocchetto per molti.
Dottrine e filosofie per migliaia di anni hanno tentato di mostrare la strada interiore ma non tutte hanno giovato, infatti quando mal interpretate e mal trasmesse, queste sono state in molti casi tremendamente nocive.
Il grave e purtroppo comune errore che una persona possa fare è quello di vedere la via spirituale come una strada verso un qualcosa di diverso da questa realtà.
Questa è la pietra d’inciampo più comune che può deviare la nostra ricerca.
Migliaia di anni di predica riguardo all’aspettare di andare in Paradiso per avere una vita migliore, di dicotomia tra un corpo terreno peccatore e un’anima invece buona e vicina a Dio, non hanno fatto altro che ingigantire la distanza tra l’essere umano e la sua dimensione spirituale ottenendo il risultato, spesso molto comodo agli oppressori, di intimorire e quindi indebolire le persone. Questo non è il messaggio originale delle Sacre Scritture ma purtroppo un’interpretazione deviata da coloro che avevano come obiettivo quello di tenere le persone in schiavitù fisica, mentale ed emotiva.

Il risultato è stata la confusione in quanto le persone hanno incominciato a cercare la dimensione spirituale al di fuori di questa realtà creando teorie e viaggi mentali che tendono a mettere questa in luce negativa al cospetto invece di un’altra immaginaria sfera di quest’esistenza che dovrebbe essere invece perfetta, buona, e senza problemi ma che invece non esiste e nessuno mai troverà perchè è soltanto frutto dell’immaginazione negativa di alcuni che hanno distorto il messaggio originale. Questo distacco e questa dicotomia provocano una profonda sofferenza esistenziale che allontanerà le persone invece di avvicinarle.
Non è un caso infatti che le chiese siano vuote, le “vocazioni” in crisi, e ci sia una gravissima crisi spirituale diffusa in tutto il mondo, soprattutto laddove scribi e farisei abbiano cementificato l’idea di una vita terrena distaccata da quella celeste.

La risposta a questa confusione è una: la dimensione spirituale di questa realtà è già pienamente presente in questa realtà.

La vita spirituale è già presente ed accessibile in questa realtà, non dobbiamo vagabondare con la mente alla ricerca di chissà quale teoria o suggestionarci con chissà quale viaggio mentale, anzi dobbiamo tenacemente diffidare da tutte le dottrine e gli insegnamenti che ci invitino a ricercare chissà quale aspetto “magico”, paranormale o sterilmente trascendentale che invece ci deviano dal vero obiettivo che è vivere la pienezza di questa realtà.
Ciò che ci circonda è già la dimensione più alta e il livello più mistico a cui possiamo ambire in quanto questa realtà è il Regno di Dio, essa è la manifestazione della potenza divina e il nostro potenziale giardino dell’Eden.
Siamo noi l’elemento che fa la differenza.
Tutto sta a noi a riuscire a sviluppare gli occhi giusti con cui poter vedere.
Ecco quindi  l’obiettivo delle pratiche spirituali: aprire gli occhi e imparare a vedere correttamente. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già qui, tutto ciò che ricerchiamo è già presente, il Creatore non ha fatto nulla di incompleto e non ha fatto nulla di imperfetto, sono gli uomini che hanno complicato la strada dello spirito confondendosi con i viaggi mentali. I viaggi mentali indeboliscono l’uomo e lo fanno svolazzare come una foglia al vento, il “grounding” Rastafari invece, ovvero il radicarsi nella pienezza divina di questa realtà, rendono il fedele saldo, solido e fortemente ancorato al terreno delle benedizioni di Dio.

La Livity Rastafari dice che la pienezza del Regno di Dio è questo stesso mondo e questa stessa realtà, tutto sta a noi imparare a vedere le benedizioni che ci circondano ed uscire dallo stato di cecità e di sonno spirituale in cui l’ignoranza ci fa stare. Tutte le pietanze sono già sul tavolo e la mensa è già servita, ecco perché il nostro Dio si è fatto uomo mostrandoci la perfezione di questa realtà e la completezza di questa esistenza. Se l’uomo entra in sintonia con il Creatore e la potenza divina di cui è imbevuta questa Creazione allora scoprirà che nulla manca e nulla è stato sottratto, tutti gli elementi di gioia e perfezione sono già presenti come in un frutto sono presenti tutti gli elementi nutritivi che ci permetteranno di sopravvivere, noi non li vediamo ma essi ci sono e ci regalano salute.

Ecco che la via Rastafari è la santificazione di questa realtà, ovvero una pratica di vita tesa a riscoprire la divinità di questa vita e di questa Creazione e a fare esperienza così di quella pienezza esistenziale che è per natura riservata all’essere umano ma da cui diffidenza e scetticismo lo hanno allontanato.


sabato 10 febbraio 2018

Tutto ciò che ci circonda parla di Rastafari.


Tutto ciò che ci circonda parla di Rastafari.
Tutto quello che vediamo, leggiamo o ascoltiamo, se prestiamo attenzione ci manifesta Rastafari e puoi insegnarci Rastafari.

Rastafari è la via di vita connessa con il Creatore che si è rivelato nella persona di Haile Selassie Primo e che Ian’I i Rastafari bredren riconosciamo come il Messia Iyasos Krestos tonnato nella Sua seconda venuta per compiere le profezie che annunciavano il ritorno dell’Agnello di Dio come Leone Conquistatore della Tribù di Judah.
Questa è la base della teologia Rastafari e l’essenza del nostro Movimento.
Detto ciò, questa teologia e questa dottrina si esprimono nel modo in cui viviamo questa vita e non soltanto nella recita di preghiere on nella speculazione filosofica. Rastafari è infatti un’esperienza totale in cui l’essere umano vive nel Creatore perché riconosce che il Creatore vive in lui.

È un apprendimento costante in cui la vita stessa diventa il tuo libro di scuola e il Signore il tuo diretto insegnante. Le nostre persone divengono i quaderni su cui eseguiamo i nostri esercizi, a volte sbagliamo a volte abbiamo successo, a volte dobbiamo cancellare e ricominciare altre volte invece eseguiamo un bel compito e la vita ci regala un bel voto.
Dal momento che Ian’I considera la vita come il nostro libro per imparare allora dobbiamo apprendere come poter osservare questa stessa vita per comprendere al meglio e per poter formarci come bravi studenti di quest’esistenza. Molti infatti hanno delle buone intenzioni e ottimi propositi ma non sanno poi come applicarli, presi dallo sconforto si scoraggiano e abbandonano la strada verso la liberazione. Molti hanno delle intuizioni di Dio, avvertono il bisogno di vivere meglio nello spirito e capiscono che le loro vite necessitano di una dimensione spirituale ma non sanno come e dove cercarla, non capiscono da dove e come incominciare, sono delusi dalla chiese e dalle religioni, dall’ipocrisia dei sacerdoti e dei falsi profeti, così si scoraggiano e gettano la spugna tornando nell’inconsapevolezza che, sebbene dolorosa, non richiede grande sforzo e anzi si addice perfettamente alla pigrizia dell’essere umano così di modo di questi tempi.

La buona notizia è che la Livity Rastafari è la totale rivoluzione che questa epoca ci presenta, essa è la ricompensa per coloro che delusi dalle religioni degli scribi e dei farisei ricercano nella vita stessa il contatto con il Creatore e che soprattutto desiderano vivere nella giustizia e nella correttezza che rendono questo mondo un luogo più pulito e piacevole.
Nella Livity Rastafari impariamo ad imparare.
Il primo passo è scoprirsi bambini, umili, semplici e curiosi. Soltanto così potremo imparare ad imparare.

Un bambino infatti è predisposto naturalmente all’apprendimento, i suoi ricettori nervosi sono costantemente in una fase di apprendimento perché così il piccolo potrà istruirsi su come si vive in questo mondo. Il bambino osserva gli altri e il suo cervello processa un insegnamento per lui stesso, ogni istante è un’occasione di apprendimento perché la sua mente è in un costante stato di curiosità. Quando cresciamo invece questa “modalità” viene sostituita purtroppo da un’altra che è in realtà molto pericolosa ovvero l’impostazione “non mi interessa”. Questo avviene perché il centro dell’esistenza si sposta verso il nostro ego e non più verso il mondo esterno come quando eravamo bambini, tendiamo a manifestare che abbiamo già capito tutto e che conosciamo questo e quello e ci illudiamo di sapere già come vanno le cose e come sono gli esseri umani. Ci disegniamo questo quadro della realtà deluso, disilluso e scontento, arrabbiato e molto limitato. Il problema è che in realtà non conosciamo un bel niente e infatti ciò che etichettiamo come “questo l’ho già capito” è in effetti soltanto una presa di posizione basata sulle nostre percezioni o prime impressioni che sono spesso o quasi sempre sbagliate.
Quindi ci fissiamo su opinioni e le cementifichiamo con i nostri atteggiamenti, il problema che essendo le opinioni e le percezioni negative, il risultato sarà che la nostra esperienza di vita sarà negativa.
Vivremo una vita negativa e triste perché basata su visioni distorte della realtà.  Ecco perché il Cristo nei Vangeli ci avverte che il Regno dei Cieli sarà accessibile a chi sarà come un bambino. Proprio perché dobbiamo riscoprire dentro di noi la curiosità verso questa esistenza, il desiderio di imparare perché in realtà non sappiamo proprio nulla. Dobbiamo trovare quell’ umiltà per riconoscerci ignoranti e piccoli davanti ad un immenso mistero che è la vita e tutte le sue sfaccettature.
Allora tutto diventerà interessante, tutto sarà una scoperta e l’esistenza profumerà di avventura, scardineremo le false sicurezze che babylon avrebbe voluto inculcarci per tenerci assopiti e inizieremo a camminare verso la realizzazione del nostro destino.
Ecco che a quel punto la vita sarà il nostro libro di scuola e l’obiettiva sarà “la laurea della salvezza” ovvero vivere nella pienezza di questa Creazione come esseri umani naturali, originari, antichi e moderni allo stesso tempo, senza epoca e senza etichette, in una parola: liberi.

La creazione diventerà allora la nostra casa e il cielo il nostro vero tetto, il verde degli alberi sarà per noi accogliente e scopriremo la vera essenza della vegetazione che non è soltanto quella di nutrirci o di offrire ossigeno al mondo ma quella di curare i malesseri dell’uomo.
Impareremo ad usare le sfumature di verde presenti nei paesaggi come vere e proprie medicine contro il nostro dolore e le nostre nevrosi, saremo in grado di usare la linfa e la clorofilla delle piante per rigenerarci e per purificarci. Allora capiremo perché ci sono talmente tanti alberi e cespugli al mondo.
Impareremo ad usare le esperienze quotidiane come banchi di prova e lezioni di vita da cui trarre insegnamento, non tutte saranno belle ma utte importanti, impareremo a piangere e a ridere di ciò che ci accade e così scopriremo il modo in cui il Creatore ci sta educando e cosa sta cercando di trasmetterci in quel momento. Ci accorgeremo che ciò che ci accade è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno in quel momento per insegnarci qualcosa di nuovo riguardo a noi stessi e al genere umano.
Impareremo a nutrirci anche senza mangiare, ad assumere cibo spirituale e non soltanto cibo fisico, capiremo la nostra dieta dell’anima da cosa dovrà essere formata, da cosa digiunare e cosa evitare così come quale sarà il nostro cibo spirituale preferito, forse leggere dei salmi, forse meditare al mattino presto, suonare, scrivere o aiutare gli altri in difficoltà.

La giornata diventerà piena e soprattutto sarà vibrante, emozionante e così scacceremo il male che si nasconde dietro la maschera della pigrizia e disinteresse, due delle peggiori qualità e afflizioni che può avere l’essere umano.
Nella Livity Rastafari impariamo ad imparare e scopriamo di scoprire.
Seguiamo l’esempio dei nostri anziani che hanno rinunciato alle comodità per andare a vivere tra le colline, tra la libertà degli uccellini del cielo e la limpida sincerità dei ruscelli, essi hanno lasciato babylon per scrivere le pagine di un nuovo cammino per l’essere umano. La loro scelta di vita non è stata limitata a loro stessi ma ha in realtà scritto una nuova pagina per l’umanità intera mostrandoci che è possibile in quest’epoca moderna vivere come esseri umani originali.
Non mi riferisco solamente al fatto di camminare a piedi nudi o di nutrirsi dei frutti degli alberi ma ad un qualcosa di ben più profondo ovvero il risveglio della connessione tra uomo e Dio attraverso l’esperienza diretta della Creazione che è la grande porta d’ingresso ai reami divini.
Essi hanno così cambiato il corso degli eventi e invertito il grande karma verso cui questo mondo andava, gli Incients Rastafari hanno manifestato la via di salvezza e la loro Livity è diventata, come accade per i santi, salvezza per altri esseri umani.
Attraverso il loro risveglio hanno risvegliato altri.

Pionieri a piedi nudi sono stati i primi a salire la montagna e ad andare ad incontrare Dio, proprio come Mosè fece salendo al Sinai, per poi tornare con i loro volti radianti della gloria del Signore.
E proprio quella luce e quella gioia che i loro occhi riflettevano sono state la mano protesa verso una generazione in cerca di redenzione, attraverso il loro spirito Ian’I ha potuto conoscere lo Spirito dell’Altissimo che permea questo Universo così da poter scoprire che questa vita è il nostro manuale di apprendimento e che, se impariamo ad osservare, ogni istante è un’occasione di redenzione e felicità.


sabato 3 febbraio 2018

Il concetto di "babylon" nella tradizione Rastafari


Nella spiritualità Rastafari così come nella Reggae Music sentiamo spesso parlare di babylon e delle sue caratteristiche negative. Quando Ian’I Rastafari ragiona e dialoga, spesso si sente il riferimento alla città o al regno di babylon.

Storicamente babylon o babilonia è una citta dell’antica Mesopotamia fondata circa duemila anni prima di Cristo lungo il fiume Eufrate e che esistette fino alla sua distruzione nel 539 a.C per opera di Ciro II di Persia che la rese provincia persiana fino al 331 a.C. quando venne annessa all'impero di Alessandro Magno.
Babilonia divenne nota per la sua ricchezza, per il lusso e per lo sfarzo, al momento del suo massimo splendore era infatti la città più grande del mondo antico estendendosi per circa 1000 ettari e i suoi abitanti, senza contare gli schiavi che potevano far raddoppiare il numero, erano circa 370,000.
Babilonia aveva ciò che nessun’altra città possedeva, immense torri (ziqqurat), alte mura, palazzi sfarzosi, stupendi giardini (anche se questi non sono in realtà mai stati localizzati) ed era il centro della magia e dell’idolatria babilonese. I suoi astrologi e i suoi indovini erano rinomati in tutto l’oriente antico.
Nella Bibbia questa città è citata soprattutto nell’ Antico Testamento dove viene descritta come la città opposta alla città santa di Gerusalemme. Così nella tradizione biblica babilonia rimane come la città del male, dell’orgoglio umano che aveva spinto i suoi abitanti a costruire una torre (Gen 11, 1-9) così alta da sfuggire ad un possibile nuovo diluvio, tale gesto era poi stato corretto dal Signore con la punizione della confusione delle lingue.
Questo luogo antitetico alla città di Dio era quindi non un simbolo ma una vera e propria realtà che rappresentava la deviazione umana da quella che era invece la strada di Dio. Babilonia che si oppone a Dio con orgoglio ed insolenza (Ger 50, 29-32), che si copre di delitti e misfatti di tutti i generi, come la stregoneria (Is 47,12), idolatria (Is 46, 1; Ger 51, 44-52), viene descritta come il tempio della malizia (Zac 5, 5-11).
Il profeta Isaia al capitolo 24 la descrive addirittura come la «città del nulla».

Babilonia ha anche però un ruolo provvidenziale, essendo infatti nulla a caso nella storia dell’essere umano, la città del male viene infatti usata dal Signore per diversi motivi, primo tra tutti è la purificazione che pulirà il cuore del popolo d’Israele.

Babilonia infatti sarà il luogo d'esilio dove gli israeliti verranno deportati (Ger 29, 1-20) e dove vivranno un periodo di sofferenza (2 Re 24-25) come ci ricorda anche il salmo 137 quando ci dice che: «sui fiumi di Babilonia », i canti fanno posto ai pianti.
Questa solitudine e questa angoscia saranno però funzionali a preparare lo spirito di Israele per l’arrivo del Messia. Infatti proprio durante l’esilio in babilonia la promessa del Messia restauratore e liberatore viene annunciata con forza e funge da unica speranza per il popolo di Dio deportato nelle terre straniere tra idoli, maghi e divinità pagane.

Possiamo quindi dire che nel Suo disegno perfetto il Signore utilizza babilonia come un mezzo di purificazione per i Suoi figli e per riacquistare l’attenzione dei loro cuori e dei loro spiriti verso il desiderio di salvezza e di liberazione.

Viene infatti promessa loro la remissione, ovvero il perdono e la libertà  (Is 61, 2 ) che è per il popolo di Dio una « buona novella » (Is 40, 9; 52, 7 ss). Ecco che gli israeliti in esilio vengono invitati a lasciare la città malvagia: « Uscite da Babilonia! » (Is 48, 20; Ger 50, 8) e a non toccare
nulla di impuro (Is 52, 11).
Essi vengono chiamati ad un nuovo esodo che li riporterà a Gerusalemme per vivere in libertà sotto il Regno eletto.
Di babilonia verrà annunciata la distruzione e resterà nella sapienza biblica come l’antitesi alla realtà divina, essa verrà citata infatti fino al libro dell’Apocalisse come il luogo del male.

Mentre invece e non a caso in alcuni ambiti del Cristianesimo il ricordo di babilonia tende a perdere importanza e nelle chiese non se ne parla più tanto, nella Livity Rastafari viene spesso citata ed è sempre presente il monito ad uscire da essa e a comportarsi in modo opposto ad essa. Infatti nella tradizione Rastafari il concetto di babylon viene approfondito ed esteso e definito in maniera ancora più profonda rispetto al passato, non potrò certo esaurire l’argomento in queste poche pagine ma quantomeno possiamo approfondire un pò il suo significato.
In Rastafari babylon diviene non più una città o un regno ma un vero e proprio sistema opposto al sistema di Dio. Per sistema intendiamo una connessione di elementi in un complesso organico ed unitario che funziona secondo determinate leggi.
Babylon è quindi il sistema negativo opposto al sistema di Dio.  Quest’ultimo si comporta e funziona secondo le leggi di Dio e la morale biblica che è il modo di vivere originario e naturale dell’essere umano creato ad immagine e somiglianza di Dio.
Quindi babylon è il modo di vivere, pensare e comportarsi lontano ed opposto a quello di Dio.

Ian’I Rastafari vive secondo la consapevolezza che questo mondo è permeato dalla presenza divina e che questa Creazione sia opera del Signore così come gli esseri umani siano la più alta manifestazione della Sua potenza creatrice. Sappiamo che questa Terra è il nostro giardino dell’ Eden e che lo stato originale dell’essere umano è santo, benedetto e creativo, proprio come i progenitori che passeggiavano alla presenza del Creatore nel Paradiso Terrestre.
Il fatto che Dio camminasse con loro e che essi fossero sempre alla Sua presenza sta infatti a significare che l’uomo originale è in costante presenza e rapporti con Dio al punto tale di vivere con lui.
Di conseguenza viviamo in uno stato di esistenza consapevole di questa benedizione e tentiamo di preservare e mantenere questa condizione di comunione con Dio.
Il sistema di babylon invece ha come obiettivo tutto l’opposto, ovvero allontanare l’essere umano dal suo rapporto intimo con Dio e spogliarlo della sua capacità creatrice e creativa così da rendere l’uomo schiavo proprio come ai tempi dell’esilio.
Questo rapporto di schiavitù non è soltanto espresso da catene ai piedi ma soprattutto da una sottomissione al male e la conseguente perdita della felicità, della salute e della potenza che invece sono qualità naturali dell’uomo.
Per far ciò babylon, proprio come espresso dalle Scritture, utilizza gli idoli ovvero falsi dei e false certezze che poi si rivelano essere un deludente inganno.
Questi idoli sono le illusioni malefiche con cui babylon vuole accecarci ogni giorno per portarci in uno stato di ignoranza costante.
Esse sono il materialismo, il desiderio di ricchezza come affermazione, il relativismo, l’individualismo, l’idea dell’onnipotenza umana e tutta una serie di deviazioni che puntano a rendere l’uomo schiavo delle sue paure e dei suoi limiti. Alla base di tutto ciò però giace il primo e basilare abbaglio di babylon che è la “desacralizzazione” ovvero convincere l’essere umano che non ci sia nulla di sacro e divino in quest’esistenza ma che sia tutto un mondo che va avanti da solo secondo leggi e dinamiche di cui l’uomo diventa succube e che può solamente accettare ingoiando a malincuore l’angoscia che questo gli provoca.

Purtroppo questo sistema di pensiero e di azione che viene giustamente definito da Robert Nesta Marley come un “vampiro che succhia il sangue di coloro che soffrono” è talmente radicato nei tessuti di questo mondo che l’unico modo per sfuggirvi è una totale presa di coscienza e conseguente drastico distacco dalle sue dinamiche.
Nessuno è esente dal giogo di babilonia, la differenza è che alcuni alzano lo sguardo e si risvegliano mentre altri continuano nel sonno e nella schiavitù da esso imposte. Babylon esiste dentro e fuori di noi, Ian’I Rastafari deve scendere nel profondo delle nostre persone per attuare quella liberazione che ci permetterà di uscire da babilonia ed incamminarci verso la terra del nostro Padre Haile Selassie Primo.
Dobbiamo esaminare tutto ciò che esiste fuori e dentro di noi pregando di poter vedere con gli occhi del Creatore e non solo con i nostri che hanno ancora una vista offuscata ed annebbiata. Dobbiamo incamminarci verso la Terra che ci è stata promessa come ricompensa all’esilio che viviamo stando alle leggi e ai comportamenti di babylon che ci opprimono e ci impediscono di manifestare la pienezza delle nostre personalità.
Dobbiamo essere ribelli.
Non nelle parole ma in ogni goccia di sangue che scorre dentro di noi.
Non dobbiamo ribellarci con urla, cattiveria, rabbia e confusione ma con ogni singola nostra azione affinchè il sistema di babilonia possa temerci come i suoi più acerbi nemici.
Non dobbiamo combattere con malizia e maldicenza ma risplendendo di saggezza, solidità, convinzione, fede, felicità e soprattutto irradiando il supremo amore che abbiamo imparato direttamente da nostro Padre quando con Lui passeggiavamo nei giardini del Paradiso Terrestre.
Selah


sabato 20 gennaio 2018

Morning mist

conceive fullness
contemplate vastness

walk free
today is the time you were waiting for

silently staying in front of your limitations
observe them and aknowledge they are part of you

you dislike them while they are making you grow
you reject them when they are helping you

watch every movement to find stillness
contemplate stillness to know quickness

solidity of this moment recalls what we were once
when before to manifest we were one with the I

now we seek liberation because it smells of home
we aspire to fresheness because that's from where we belong

before tears and laughters
I can see far where no words can be heard

where the mist of the morning quenches the soil's thirst
as refraining soothes the heart's unrest

domenica 24 dicembre 2017

Rastafari e Natale occidentale

Le strade sono illuminate e le cucine delle case affollate per i preparativi, chi invece è rimasto indietro con i regali scende verso i negozi sperando di imbattersi in meno folla possibile. Sono le classiche scene dei natali a cui l’occidente è abituato.
Siamo alla vigilia del Natale cattolico e tutto il mondo entra in questa breve frenesia di festività… per alcuni un’imperdibile occasione commerciale, per altri un invito al consumo spietato, per altri ancora una sincera esperienza religiosa.

Ian’I Rastafari osserva e medita su ciò che accade intorno e dentro di noi. Il nostro Natale è ancora un po' lontano in quanto cade infatti il 7 gennaio ed è chiamato Ghennà, è il Natale originario, la data che tutti i cristiani del mondo osservavano prima che la chiese occidentali cambiassero calendario e date delle feste.
E’ il Natale che la famiglia ortodossa celebra e che Ian’I Rastafari riconosce in quanto ci rispecchiamo nella Cristianità etiopica, quella originaria, vicina ai primi apostoli e ai primi gruppi cristiani.
Di conseguenza il 25 dicembre non conta così tanto per Ian’I e anzi è visto come una festa purtroppo privata della sua valenza spirituale e sempre più forzata ad essere occasione di eccesso nelle spese, nei consumi, nel cibo ecc.

Ma non è mia intenzione oggi stare qui a criticare e lanciare fuoco sul “babylon christmas”, questa infatti è una cosa che già fanno in molti e risulta anche un po' scontata…anche i cattolici stessi o i protestanti sanno che il 25 dicembre è diventata un’occasione consumistica più che una festa di spirito. Ian’I deve saper trovare nuova linfa e sempre un’occasione per risorgere dall’ignoranza.
Ian’I oggi vuole andare oltre i luoghi comuni e le critiche sterili, Ian’I deve farsi ispirare da Sua Maestà Imperiale Haile Selassie Primo che è il catalizzatore del bene in questa Creazione e che infatti ogni 25 dicembre, pronunciava discorsi o mandava auguri o celebrava i festeggiamenti con i suoi cari e ospiti a palazzo.

Ma perché HIM faceva ciò se non era il Suo Natale?
Egli infatti essendo un cristiano ortodosso etiope celebrava la nascita di Cristo il 7 gennaio.
La risposta sta nel cuore dell’uomo e non nelle convenzioni o date religiose.

Ian’I Rastafari infatti deve essere in grado di osservare il cuore dell’essere umano e saper riconoscere il bene ovunque esso sia ed in qualunque momento si manifesti. Molti di noi saranno invitati a festeggiare con le famiglie o con parenti e la cosa peggiore che potremmo fare è quella di sentirci a disagio o in una posizione scomoda. Dobbiamo invece fare il contrario, essere catalizzatori anche noi stessi di positività e di entusiasmo nel partecipare ad una condivisione familiare, e non facciamo ciò in onore del natale cattolico ovviamente, perché siamo i primi pronti a criticarlo, ma per onorare i nostri cari che ci stanno intorno e il fatto che essi siano lì con noi presenti anche questo anno e rendere grazie per la vita che scorre.
Dobbiamo vivere nell’overstanding e non piegarci al babylon system.
Ian’ai rastafari sa infatti che la commercializzazione sfrenata e la perdita di significato del Natale cattolico è un altro strumento di babylon per confondere i cuori delle persone e distoglierli dal vero senso natalizio, di conseguenza se noi cadiamo in un adolescenziale spirito di conflitto o rigetto o critica sfrenata non faremo altro che cadere nella trappola di babylon creando divisione, senso di giudizio, emarginalizzazione e di conseguenza dolore.
Invece Ian’I Rastafari è più forte e più lucido di babylon e sa che laddove le differenze dividono il cuore e lo spirito di bontà uniscono.

Ecco allora che partecipare al festeggiamento natalizio in famiglia può esser un’occasione di gioia e ricchezza nonostante la nostra forte critica verso la commercializzazione occidentale. Non dobbiamo sentirci in colpa, nervosi come se stessimo partecipando ad un qualcosa di negativo, così facendo cadremo nella trappola di babylon. Dobbiamo invece dimostrare che come persone spirituali ed intelligenti quali siamo, possiamo celebrare lo spirito di una festa anche se non fa parte della nostra tradizione.
Per far ciò dovremo essere capaci di celebrare il sentimento individuale di ogni persona coinvolta e non la data del calendario, dovremo percepire ed onorare il fatto che nostra madre o nostro zio siano lì insieme in un clima di celebrazione della vita e Ian’I Rastafari deve partecipare a quell’energia e non bloccarla o respingerla.
In questo modo non soltanto scardineremo il desiderio di babylon di impoverire il Natale di sentimenti e profondità ma addirittura saremo noi che incrementeremo e potenzieremo lo spirito di festa anche se non è una nostra festa!

Immaginiamo di avere degli amici Musulmani, o Hindu o Buddisti e che essi ci invitino a partecipare con loro ad una ricorrenza della loro tradizione spirituale, che cosa faremo? Rifiuteremo? Andremo lì con il muso lungo perché non è una cosa che ci riguarda? Staremo lì ad aspettare ogni occasione per puntualizzare che siamo venuti per far un piacere ai nostri amici ma che ci sentiamo a disagio?
Tutto ciò sarebbe veramente bambinesco e contrario a quello che è il forte spirito Rastafari.
Se siamo veramente i figli del King of Kings che è il Protettore e Difensore delle fedi dell’umanità, se siamo veramente il frutto di migliaia di anni di fede iniziati con Abramo Isacco e Giacobbe e rivelatisi nella Livity Rastafari che è la celebrazione della vita vissuta, allora possiamo essere capaci di fare più di questo.
Ian’I Rastafari può essere pronto a celebrare anche quando non è una nostra festa perché sappiamo celebrare la vita, le intenzioni e la presenza delle persone aldilà di credo, colore o tradizione culturale.
Ian’I Rastafari è in grado di cogliere la bontà e il sentimento dietro ai gesti di una persona anche se questa non condivide la nostra fede e anche se noi non condividiamo la ricorrenza che ella stia festeggiando, in quanto Ian’I celebra il Creatore di tutto ciò che è buono su questa terra e partecipando a celebrare ciò che non ci appartiene ci esercitiamo a celebrare in maniera disinteressata rafforzando così la nostra pratica spirituale. Quest’occaisone diventa così anche per noi un esercizio spirituale.

Ecco perchè il King of Kings celebrava anche il Natale occidentale in armonia e nel sorriso del cuore.
Perché in questo mondo esiste già così tanta divisione che provoca sofferenza e dolore, esiste cecità provocata da ignoranza ed emarginalizzazione. Esiste fanatismo e ghettizzazione, esiste odio camuffato da preghiere o finti abbracci.
Tutto ciò è radicato nella paura di babylon che i veri sentimenti di gioia, unità, condivisione, partecipazione e inter-connessione possano prevalere e rendere gli uomini liberi di governare il proprio destino.
Seguendo l’esempio di HIM Haile Selassie Primo, Ian’I Rastafari celebra tutto ciò che di buono ci sia su questa terra e scavalcando formalità religiose Ian’I diventa un canto vivente di celebrazione di vita in qualsiasi forma eticamente e moralmente corretta essa si presenti. Senza perdere la nostra identità e tradizione Ian’I rende grazie per il rendimento di grazie insieme a coloro che siedono accanto a noi.

Il nostro pensiero e le nostre preghiere devono andare a tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, alle famiglie che hanno perso un loro caro o quelle che sono rimaste spezzate per la cecità e per lo spirito di divisione dei loro componenti, dobbiamo pregare per chi non ha la forza di pregare e dobbiamo innalzare chi soffre durante queste feste. Ian’I Rastafari deve aiutare il povero ed il bisognoso in base ai propri mezzi, considerando che se non avessimo lo spirito e l’ispirazione del Signore anche noi saremmo poveri e vivremmo in luoghi desolati della nostra anima.
Se questo è il babylon Christmas, allora Ian’I usa un’occasione di babylon per sconfiggere e neutralizzare babylon.


Rastafari Livity e vibrazioni di amore per tutti.

sabato 16 dicembre 2017

Rastafari, rinunciare per ottenere. Parte 2

Così come un carro alleggerito dal peso andrà più veloce ed eviterà di affondare nel fango, così la nostra persona ripulita da negatività ed emozioni dolorose potrà camminare più libera verso la liberazione.
Rinunciare significa accogliere.

Nel momento in cui noi rinunciamo a seguire un determinato pensiero negativo o uno stato d’animo doloroso allora accogliamo il bene di questa Creazione e facciamo la volontà di Dio.
Così facendo liberiamo noi stessi e liberiamo il mondo di conseguenza, ecco ciò che Rastafari intende quando diciamo che il destino del mondo è nelle nostre mani.
Rinunciare non è un atto di privazione ma di arricchimento, soltanto uno stolto vorrebbe tenere con sé ciò che in realtà gli fa del male. Il problema è che la maggior parte delle volte non riusciamo a distinguere ciò che ci nuoce realmente perché tendiamo a vedere solamente il sintomo e non riusciamo ad andare in profondità per poter capire quale sia la vera radice del nostro malessere, quale sia l’ostacolo che ci impedisce di poter essere chi realmente siamo.

Ecco che la Livity Rastafari ci insegna a fermarci, osservare e semplificare.
Calmare il corpo, calmare poi la mente e apire il cuore in umiltà sono i primi passi per poter scendere in noi stessi e osservare ciò che dimora nel nostro cuore e nella nostra mente.
In Rastafari impariamo “cut and clear” ovvero ad esaminare con occhi chirurgici le nostre vite e a rimuovere con il bisturi della Livity la malattia e a pulire poi la ferita con l’unguento dello Spirito. Quando scendiamo in noi stessi e osserviamo la nostra esistenza sicuramente troveremo qualcosa che non ci piace. Molti a questo punto rimangono scoraggiati e in preda alla confusione dei pensieri e delle emozioni, rinunciano al “santo viaggio” avviliti da quanto sporco vedono da dover ripulire.
È comprensibile, il cut and clear richiede tanto coraggio, perché si tratta di incidere e rimuovere le parti brutte di noi e di conseguenza avvertiamo inizialmente un sentimento di incertezza, o alcuni sono così accecati dall’ego che ritengono che rinunciare a qualcosa di loro stessi, sebbene si tratti di qualcosa di negativo, sia una sorta di perdita e di sconfitta o di privazione della loro persona. Queste persone vedono il rinunciare come una debolezza, mentre in realtà agiscono così perchè, spaventati dall’entità del lavoro, non riescono a trovare la forza per “operare”.

In verità l’attività di ripulire noi stessi dalle infermità spirituali e dai limiti mentali è un’attività che ci porta un enorme senso di liberazione, di sincerità verso noi stessi e verso il mondo e ci porta a pensare in maniera più lucida e limpida.Ecco perché la rinuncia è arricchimento.
Questo gesto porta la nostra persona al centro della nostra esistenza e non più su un lato come eravamo prima quando aspettavamo che qualcuno o qualcosa facesse per noi il cambiamento che soltanto noi possiamo fare.
In Rastafari percorriamo una strada spirituale attiva e presente. Credere in Dio per noi non è avere un babysittter a cui rimettere gli sforzi che invece noi dobbiamo compiere. Al contrario Rastafari è una via di vita spirituale in cui il fedele lavora insieme a Dio verso la sua liberazione e verso il miglioramento di questa Creazione. Il Re dei Re non è un burattinaio che muove i fili dall’alto del teatrino di questa vita, piuttosto Egli è un “coach”, un allenatore che dalla sua esperienza ti mostra cosa e come cambiare nella nostra vita così da poter raggiungere prestazioni migliori. Come ogni atleta che voglia raggiungere un buon risultato, così noi dobbiamo essere disciplinati e motivati a percorrere questa strada con impegno e soprattutto con felicità.

Un forte elemento della rinuncia è infatti il senso di soddisfazione che da essa proviene, e sappiamo bene che la soddisfazione è uno degli elementi della felicità. Una persona infatti per essere felice deve essere in salute nel corpo e nello spirito e ovviamente per raggiungere questa salute dobbiamo praticare le rinuncia.
Così come rinunciamo a cibo corrotto e a sostanze intossicanti allo steso modo dobbiamo individuare e rinunciare alle afflizioni della nostra vita, riconoscendole e lasciandole andare come quando siamo a dieta rinunciamo a determinati cibi che potrebbero farci male.
Seguendo la sacra via della Livity Rastafari noi riceviamo un “libro di istruzioni” per individuare e poi rimuovere ciò che è negativo dentro e fuori di noi. Tutto ciò avviene soltanto vivendo la Livity, non pensando di aver capito di cosa si tratti.
L’unico modo per vivere bene è vivere consapevolmente.
Così come con il ferro affiliamo il ferro così usiamo la vita per migliorare la vita.
La strada Rastafari è una via di ispezione, in cui osserviamo tutto ciò che ci passa vicino, dentro e fuori di noi, analizziamo consapevolmente le vicende e i fenomeni, studiamo questa esistenza e i suoi risvolti perché lasciamo che la vita ci insegni a vivere.

Guardiamo dentro di noi per le risposte, e le troviamo.

Quando le troviamo allora tagliamo ciò che non ci piace e puliamo la ferita, forse un po' doloroso al momento ma ne trarremo giovamento per il resto dei nostri giorni. Non esiste infatti nessun libro che parli nello specifico di noi stessi e che ci possa insegnare a vivere, dobbiamo quindi utilizzare la vita come libro di apprendimento, seguire le istruzioni del cuore e risanare la nostra persona verso la soddisfazione, la felicità e la leggerezza.

sabato 2 dicembre 2017

Rastafari, rinunciare per ottenere

Per sua natura l’essere umano è un grande pentolone di pensieri, emozioni e stati d’animo che a seconda delle circostanze possono essere positivi e piacevoli ma anche negativi, conflittuali e dolorosi.
Esistono circostanze interne alla nostra persona e anche circostanze esterne, ovvero azioni, comportamenti, dinamiche di abitudine e anch’esse possono avere un effetto positivo o negativo sulla nostra persona e sugli esseri viventi intorno a noi.
Di conseguenza è sempre stato un desiderio ed un’esigenza per l’umanità quella di tendere alla liberazione.
Per liberazione intendiamo quel processo in cui l’essere umano si “ripulisce” o da ciò che sporca il suo spirito e la sua persona interiore ed esteriore per diventare quindi libero ovvero non più schiavo di pensieri e comportamenti negativi che provocavano sofferenza e nel suo prossimo.
La liberazione è il processo che porta alla libertà ovvero essere padroni della propria persona e del proprio destino.

Purtroppo in Babylon per libertà si intende la possibilità di fare tutto ciò che uno vuole senza nessun limite o ammonizione da parte di qualcun altro, ecco…nulla di più lontano. Quello che babylon intende come libertà è invece una sfrenato e nevrotica anarchismo di comportamento e di pensieri, Ian’I Rastafari sa che questa attitudine alla vita purtroppo non fa altro che aumentare il dolore e la sofferenza nell’essere umano in quanto nell’illusione di liberarsi ci si incatena in modo ancora peggiore e più doloroso in altri vincoli e afflizioni.
Ciò verso in vece dovremmo lavorare è la liberazione completa da tutto ciò che ci fa male e ci fa soffrire, a livello fisico, spirituale, psicologico ed emotivo. Per far ciò prima di tutto dobbiamo cercare dentro noi stessi chi realmente vogliamo essere in questa vita così da avere una sorta di modello da seguire, dobbiamo trovare dentro di noi la nostra persona libera da afflizioni, guarita dalle sofferenze di babylon e dall’ ignoranza che essa inculca nella società.

A questo fine dobbiamo imparare a rinunciare.
Infatti liberazione e rinuncia vanno di pari passo.
L’attività della rinuncia è un ingrediente fondamentale per guarire e per giungere a quella condizione che tanto desideriamo nel nostro cuore. Rinunciare significa prendere una posizione coraggiosa e determinata nell’ abbandonare tutte le cose che non si conformano più a quel modello che abbiamo ora dentro di noi. Non significa rinunciare alle cose belle della vita che ci arricchiscono e ci rendono felici ma significa tagliare via pensieri, abitudini e comportamenti che invece non fanno altro che appesantire la nostra persona e continuare a far girare la ruota del dolore e della debolezza dentro di noi.
Questa “ruota” è il circolo vizioso in cui negatività produce altra negatività, sofferenza produce altra sofferenza.
Un esempio per comprendere meglio questa ruota è quando commettiamo una cattiva azione verso una persona cara, assistiamo ad un trasferimento di negatività da noi stessi verso quella persona che magari era senza colpa alcuna ma su cui noi rigettiamo la nostra frustrazione e nervosismo. Quella negatività farà poi stare male lui o lei e quando la rabbia e la tensione si smorseranno nella nostra mente allora nel vedere lui o lei soffrire staremo male anche noi ed ecco come la nostra negatività ci ritorna contro. E  non è finita qui, infatti quel sentimento di colpa e di aver commesso ingiustamente un errore e aver fatto stare male altri, minaccerà la nostra autostima e il senso che abbiamo di noi stessi ingigantendo così il nostro dolore portandolo ad un livello esistenziale e non più legato ad un singolo avvenimento ed incominceremo così ad avere stati d’animo e pensieri negativi che magari non sono apparentemente per nulla connessi a quell’evento iniziale ma che sono prodotti dello stress e del dolore che vivono ancora dentro di noi. Ecco come azioni, comportamenti e stati d’animo sono interconnessi ed ecco perché la strada verso la liberazione deve avvenire su più livelli: fisico, psicologico e spirituale proprio per liberare quella Trinità che vive dentro di noi e che è composta da mente, corpo e anima.

Per praticare la liberazione non c’è cosa più consigliata che praticare la rinuncia.
Rinunciare a dire quella parola che provocherà dolore, rinunciare a seguire quel pensiero che ci porterà lontano dalla bellezza del momento presente, rinunciare a fare quella cosa o andare in quel luogo che sappiamo non ci porteranno nulla di buono.
Soprattutto la rinuncia ad essere dipendenti da ciò che ci fa male, cibi, abitudini, pensieri, attitudini.
La dipendenza è schiavitù e la schiavitù è tristezza.
Rinunciare a ciò che è negativo e contrario alla nostra vita è come un uccellino a cui viene aperta la gabbia e può finalmente volare via. Man mano che ci libereremo da ciò che ci fa male ci sentiremo sempre più come quell’uccellino che può finalmente esplorare la vastità del cielo così come noi potremmo esplorare la meravigliosa potenzialità di una vita senza quelle vecchie sofferenze, potremo scoprire nuovi angoli e nuovi scorci da cui osservare la nostra esistenza e riassaporeremo una freschezza e un appagamento che forse non provavamo da quando eravamo molto piccoli.
Questo perché rinunciare al male ci fa riappropriare del bene.
Rinunciare a pensieri negativi e azioni dolorose che evocano una vibrazione di morte (intesa come assenza di vita/benessere) ci fa riappropriare della vita e della sua pienezza.
È una vera e propria trasformazione che porta alla rinascita verso una condizione di vita nuova e luminosa, ecco perché Ian’I Rastafari parla di rinascere in Rastafari.

La Livity Rastafari è l’essenza della trasformazione dell’esistenza umana, il passaggio dalla condizione di schiavitù a quella di sovranità, quando prima eravamo schiavi delle dinamiche di Babylon applicandoci nel “cut and clear” ovvero nel tagliare chirurgicamente ciò che non ci fa bene e pulire la ferita con l’energia rigenerante dello Spirito, arriviamo ad uno stadio nuovo  dell’esistenza che è vivere da sovrani e maestri delle nostre vite.
Non a caso la nostra fonte d’ispirazione è un re, ovvero il Re dei Re Haile Selassie Primo, sovrano della dinastia Davidica che ha eccelso nella Sua capacità di essere esempio per il mondo intero.
Nella pratica di vita Rastafari guardiamo a Lui come modello su cui plasmare la nostra persona e il nostro progetto di società, famiglia, comunità ecc. Così come cerchiamo dentro di noi quel modello di nostra persona felice da realizzare nella nostra esistenza, così prendiamo Haile Selassie come stampo su cui realizzare il nostro comportamento in questo mondo e di conseguenza influenzare il genere umano.
Così come la luce accesa in una stanza dissipa immediatamente l’oscurità, così il modello perfetto del Re dei Re elimina automaticamente ogni negatività ed ogni malessere.
È una sorta di miracolo ma è così.
Non possono esserci luce ed oscurità allo stesso tempo, quindi meditando sulla persona divina di Haile Selassie e conformandoci al suo comportamento noi dissipiamo automaticamente la negatività che esiste dentro e fuori di noi avvicinandoci sempre più a quella liberazione che tanto desideriamo.

Ecco perché la Livity Rastafari è così rivoluzionaria e così potente, perché non è una dottrina di pensiero o meditazione ma un’esperienza reale basata sulla REALE esistenza della persona di Haile Selassie e sui Suoi comportamenti e sulle Sue azioni. In altre parole, Rastafari non è una pratica devozionale in cui ci sforziamo di raggiungere qualcosa che non si vede ma che sappiamo in qualche modo esserci, Rastafari è qualcosa di molto più grande e potente perché poggia su un fondamento sicuro e reale che è la persona di Haile Selassie e il Suo comportamento che è sotto gli occhi del mondo intero e della storia dell’umanità. Ecco perché diciamo che la vittoria è sicura, perché è già avvenuta nella persona di Sua Maestà che grazie alla Sua luce ha dissipato l’oscurità del mondo e delle azioni negative del genere umano.
Dissiparle non signifivca che le abbia eliminate dalla faccia della terra ovviamente ma piuttosto che Egli ci abbia mostrato un modo di vivere privo di male e negatività, di conseguenza sappiamo che è possibile vivere in questo mondo e in questa epoca in maniera retta, compassionevole, felice in una parola: santa.
Così come Haile Selassie ha rinunciato a governare il Suo paese in modo negativo e corrotto scegliendo piuttosto una via equilibrata e misericordiosa, così noi dobbiamo rinunciare nelle nostre vite a scegliere la condotta sbagliata e aspirare ad un comportamento sano e corretto per il benessere nostro e dell’umanità tutta.

Haile Selassie ha liberato il mondo attraverso il Suo esempio, noi possiamo liberare noi stessi attraverso il nostro comportamento.
Allora capiremo che il nostro destino è realmente nelle nostre mani, e che la libertà non è poi così lontana.