sabato 20 febbraio 2016

Una motivazione immortale




Epoche dopo epoche si susseguono e le generazioni trasformano questa Creazione nel bene e nel male. Genitori educano figli a diventare genitori, il ciclo della vita è una semplice meraviglia che non smette di ammaliare coloro che hanno il coraggio di fermarsi ed osservare.
I n I Rastafari ‘watch and pray’, cercando di non cadere dalla roccia che ci consente di contemplare le cose nell’over-standing delle circostanze.
Come persone spirituali cerchiamo noi stessi nel Creato e nel prossimo essere umano che è soltanto un’estensione di noi.
Soprattutto cerchiamo noi stessi e la strada da seguire nella realtà che è il tessuto in cui si intrecciano le manifestazioni e gli accadimenti. A contrario di quanto molti pensano, la realtà è l’unico luogo dove divino ed umano sono perfettamente coesi, è l’unico contesto in cui la volontà divina si esprime attraverso le circostanze umane.
Non esiste divisione, è soltanto la nostra mente ed i suoi processi mentali che producono divisione tra Dio e uomo.
La realtà è la culla in cui visibile ed invisibile riposano sereni.
La Livity Rastafari è per I n I l’opportunità di vivere questa realtà nella pienezza.
I n I è la generazione che non si accontenta del superficiale, che è sempre assetata di miglioramento e che non prova soddisfazione nel vivere da semplici spettatori. I n I non si accontenta di vivere nella piccola isola delle percezioni e formazioni mentali perché sa che oltre quell’isola esiste un continente così vasto che ci aspetta. Resta soltanto a noi applicare impegno e diligenza affinchè i nostri passi possano essere solidi verso quel luogo.
Questo continente è la liberazione.
La strada per giungervi è la motivazione.
Essa è uno degli ingredienti che fanno la differenza nella vita in quanto contribuiscono alla felicità e alla salvezza.
La motivazione è un gioiello prezioso da custodire attentamente.
Essa è un motore catalizzatore in grado di attivare processi ed evoluzioni che non avremmo mai potuto nemmeno immaginare prima.
La motivazione è visione che genera energia e questa diventa azione.
L’azione si trasforma in pratica.
La pratica diventa il nostro destino.
La motivazione ha la capacità di riscaldare un cuore freddo e stanco, essa è capace di offrire spiegazione ed interpretazione agli avvenimenti ma soprattutto ci offre l’energia per superare ostacoli, arricchendo così il regno di Dio.
Quando infatti , spinti dalla nostra convinzione risolviamo problemi e superiamo barriere per compiere il bene, stiamo svolgendo un’azione divina.
Stiamo modificando gli eventi perché siamo mossi dall’ ispirazione ad elevare una determinata condizione o circostanza ad un livello più alto e benefico.
Compiendo quest’azione stiamo dirigendo il destino nostro e della nostra ‘fetta di Creazione’ verso una direzione benedetta ed ispirata, illuminata da una consapevolezza di miglioramento che è spinta dalla nostra motivazione.
Il bello è che la motivazione è strettamente proporzionale al suo effetto.
Questo è un piccolo-grande miracolo che spesso tendiamo a non vedere.
Se infatti sentiamo dentro di noi il desiderio di  voler fare un’azione comune come ad esempio dipingere un muro per ‘rinfrescare’ il suo aspetto, la motivazione ci spingerà a munirci degli attrezzi adatti, ad impiegare il tempo per stuccare e poi scartavetrare, infine mischiare la vernice e stendere le mani di pittura.
Ecco quando il lavoro sarà finito saremo soddisfatti e contenti di quello che avremo fatto.
Saremo stanchi perché avremo fatto su e giù dalla scala e magari la schiene sarà indolenzita.
Avremo soddisfatto la nostra motivazione, il risultato sarà apprezzabile e la nostra persona appagata.
Per qualche giorno ogni volta che vedremo quel muro saremo contenti di ciò che abbiamo compiuto.
Quel tipo di motivazione però sarà scomparsa perché avremo compiuto il lavoro prepostoci e non sarebbe possibile continuare a dipingere muri per il resto della nostra vita per appagare la nostra soddisfazione. Questo è il tipo di motivazione limitata e diretta, circoscritta ad un evento, a cui segue un risultato bello, soddisfacente ma limitato, diretto e circoscritto.
Esiste ebbene un altro tipo di motivazione.
Profonda ma allo stesso tempo essenziale. Che non si appaga soltanto con un’azione estinguendosi alla sua realizzazione.
È la motivazione a costruire il regno di Dio.
A immergersi nel sistema di Dio per farlo funzionare meglio grazie al nostro apporto.
È la motivazione a fare esperienza del Suo disegno in ogni momento ed istante essendone parte e non semplicemente credendo ad una serie di precetti e convinzioni sentite e risentite.
È la motivazione che giace nel profondo della natura umana e che pervade la Creazione in ogni suo dettaglio.
Essa si rigenera attraverso vittorie e sconfitte, si autoalimenta.
È la motivazione a creare e trasformare,  ad elevare e migliorare, a soddisfare il senso di divino che giace in noi e che chiama dal profondo.
Questa motivazione è la stessa che ci spinge a ‘svegliarci’ dal sonno della consapevolezza e che ci porta verso un risveglio della coscienza e del corpo allo stesso tempo.
Nella Livity Rastafari dobbiamo custodire e coltivare questa motivazione in ogni momento perchè Haile Selassie Primo ci ha mostrato che questa spinta può modificare gli eventi della vita dell’uomo superando i limiti che sono soltanto nella nostra immaginazione.
È una motivazione immortale che può generare risultati immortali.
Dobbiamo immergerci in questa motivazione con la volontà di contribuire ad un disegno eterno, dobbiamo vivere nell’entusiasmo di partecipare al bene universale che incomincia dal metro quadrato che ci circonda. Dobbiamo stimolarci e coltivare questo stimolo affinchè non si secchi.
Dobbiamo sentirci parte di questo disegno immortale così da diventare immortali, dobbiamo essere uno con il resto dell’umanità per essere uno con il Creatore.
Dobbiamo avere voglia ed energia perché l’apatia e la pigrizia non portano frutto, queste possono essere mutate e diventare grande forza, se troviamo in noi la motivazione.
La Livity Rastafari è così completa e regale.
In essa troviamo la motivazione, il terreno che la possa ospitare e  allo stesso tempo l’acqua che la possa irrigare per farla crescere. Troviamo il sole e l’aria che possano contribuire alla sua fioritura cioè alla sua manifestazione in opere.
La Livity è anche il frutto, perché se coltiviamo la motivazione a voler crescere nella pratica di vita Rastafari così sarà, e diventeremo ogni giorno più forti.
La Livity è poi il seme che farà sì che la motivazione in me possa generare Livity in un’altra persona ispirandola a vivere una vita consapevole e completa, più sana per sé e per i suoi cari.
La Livity è anche il mercato dove porteremo a vendere i frutti raccolti così da nutrire la motivazione anche in chi non conosciamo ma che è affamato e bisognoso di ispirazione per vivere meglio.
La Livity è quindi la motivazione stessa ma allo stesso tempo il mezzo per nutrirla, soddisfarla e manifestarla.
Se viviamo in una motivazione immortale produrremo azioni e vite immortali. Se ci eleviamo ad una motivazione immortale vivremo allora nella Livity immortale, unica, divina ed eterna.
Selah

venerdì 19 febbraio 2016

Onorare i Martiri, onorare la vita




Camminando tra le strade di Addis Abeba, così tanti giovani che affollano i marciapiedi.
Tra le vecchie case e i monumenti Imperiali, una folla di studenti, lavoratori, madri mano nella mano con i figli al ritorno da scuola. Lì dove pochi mesi fa non c’era nulla, ora sorge una fila di negozietti su cui la gente si riversa come api entrando ed uscendo con naturale velocità.

La città è viva e colorata, le campagne sembrano sempre più distanti a causa dei nuovi palazzi così alti.

Per vedere lontano devi salire su ad Entoto Maryam da dove la vista si apre e il profumo degli eucalipti ti culla sereno.
La forte luce bianca del sole africano si riflette sui tetti.
Le strade sono affollate ma gli anziani sanno ancora come gustarsi un tè caldo ai tanti piccoli bar che adornano le strade con ombrelloni colorati.

C’è frenesia, velocità e movimento.
Ma è un ritmo vivace ed energico degno di questa grande capitale africana.
 Tutto sembra seguire un tale slancio di crescita, inarrestabile, così sicuro di sé.
 
Difficile pensare che siano passati soltanto ottanta anni dall’invasione italiana. Difficile pensare che questa città sia stata la scintilla di  un movimento di resistenza così forte e tenace, al quale neanche le brutalità fasciste hanno saputo incutere timore .
Ebbene sì, non possiamo dimenticare le stragi che hanno dilaniato questo paese.
Non possiamo tralasciare la sfrenatezza dei soldati italiani a cui era stato sottratto il senno dalla furia di una cieca speranza di conquista. Cose inaudite sono state compiute sugli altopiani etiopici, mentre l’Europa assisteva colpevole di un silenzio-assenso. 

Non possiamo fare a meno di  provare tristezza, forse rabbia al pensiero del genocidio che un paese europeo ha commesso usando bombe benedette dal Vaticano complice. Ma non rimarremo con i cuori pesanti, non resteremo con il sapore della disfatta, non smetteremo di credere nella giustizia universale, perché sappiamo che l’Etiopia ha vinto e non ha rinunciato alla sua fierezza.

L’Etiopia rimane l’unico paese africano a non essere mai stato conquistato.

Questo lo dobbiamo alla fede e perseveranza dell’Imperatore Haile Selassie Primo, la Cui figura è stata il collante che ha tenuto insieme il Paese nel suo momento più tragico. Egli è stato il catalizzatore dell’energia di liberazione, questa ha pervaso la nazione infiammando i cuori del popolo che nel Suo Imperatore vedeva il difensore supremo della libertà nazionale ed individuale.
Haile Selassie Primo è stata la speranza per milioni di etiopi che per cinque anni di occupazione pregavano affinchè il Leone di Judah li liberasse dall’esercito del male.

Egli era libertà, era dignità e solidità

A Lui i patrioti giuravano fedeltà prima di organizzare la guerriglia nelle foreste degli altipiani. A lui erano dedicate le canzoni che speranzose rafforzavano il coraggio nel cuore delle persone.
Sono proprio questi patrioti che oggi vogliamo ricordare, a distanza di otto decenni la loro lotta ed il loro sacrificio risuonano come il pilastro su cui l’Etiopia moderna si è sviluppata. Non potremo mai stancarci di ammirarli e rievocare il loro impressionante coraggio e la loro fede nella vittoria del bene sul male.
A volte in una guerra è difficile distinguere che sia dalla parte del giusto..i conflitti sono un sistema di violenza che lascia poco spazio all’interpretazione.

Con l’Etiopia fu diverso.

Una nazione totalmente devota alla pace e lontana dalla provocazione politica, la cui popolazione era profondamente permeata dai principi di un Cristianesimo puro ed impegnato. Un giorno viene invasa da uno spietato oppressore che senza apparente motivo vuole impadronirsi della sua millenaria libertà.
Quello che l’invasore non conosceva era la fierezza indomabile del popolo etiopico.
Gli italiani distruggevano i campi ma i patrioti avevano imparato a digiunare. Avvelenavano i fiumi d’acqua con l’iprite, ma i patrioti avevano imparato a non bere. Razziavano le campagne ma i patrioti avevano imparato a scomparire.
Con dignità subivano ma poi con lucida strategia attaccavano. Invisibili nelle foreste apparivano dal nulla con spietate imboscate. Silenziosi crescevano in numero.
Si dice infatti che quando un leone muore ne nascano altri dieci.

Indomabili e senza paura, avevano dimenticato cibo e  sonno per proteggere civili innocenti. Molti facevano voto di non tagliarsi più i capelli fino a che il Re di Re fosse tornato riportando la libertà, diventavano così leoni anche nell’aspetto.
Molti di loro caddero martiri senza poter vedere il futuro di libertà. Il loro sacrificio non fu invano ma anzi tristemente importante. ‘Meglio morire liberi che vivere da schiavi’, questa era la forza che serbavano in cuore questi difensori.

Non erano tutti soldati, piuttosto guerrieri.

Non erano tutti militari, ma combattenti.

Semplicemente eroi, spesso senza nome, che hanno aggiunto alla storia dell’umanità il capitolo della vittoria dell’oppresso ed indifeso contro l’aggressore spietato.
Essi hanno dimostrato al mondo dell’epoca che Davide poteva sconfiggere Golia anche semplicemente con una fionda ed un sasso, perché la forza era in lui così come la fiducia nella liberazione era in loro.

L’Europa ha tremato dinanzi alle loro vittorie e incredula osservava questi guerrieri  rialzarsi dopo le stragi con cui l’Italia infieriva.
La resistenza etiopica è stata la spada che ha tagliato in due le alleanze politiche mondiali dell’epoca. Grazie ad essa si è capito che lo spettro nazi-fascista poteva essere vinto, è stata la folgore che ha illuminato l’oscurità che ricopriva il vecchio continente.
D’altra parte l’Etiopia è stata la prima vittima della follia fascista ma è stata anche la prima a sconfiggere questo regime malefico. Essa ha dovuto patire l’amaro calice per poi risorgere e far risorgere con lei tutto il mondo. Sappiamo che grazie alla vittoria Etiopica  il mondo intero fu liberato dal Nazi-Fascismo, l’operato dei patrioti inflisse in questo una ferita talmente profonda che fece crollare tutto il sistema dittatoriale rivelando al mondo intero la sua vera e oscura natura.

Grazie al sangue dei martiri quindi ora possiamo godere di libertà. Grazie al loro coraggio ora possiamo essere coraggiosi.

È ancora più sensazionale pensare che così come in Etiopia, soltanto un altro posto fu spettatore di una resistenza così efficace e tenace contro il fascismo. Parliamo chiaramente dell’Italia dove i partigiani hanno silenziosamente difeso una terra ed un popolo che erano stati venduti al male dai gerarchi della dittatura. I partigiani, insieme a qualche libero pensatore indipendente, furono gli unici a non essere stregati dal criminale incantesimo fascista che aveva rubato l’anima e l’intelletto di una nazione.
È così misterioso ma allo stesso tempo carico di significato, il fatto che i partigiani italiani e quelli etiopi combatterono contro lo stesso nemico nei due rispettivi paesi.
Erano la stessa forza di liberazione che spingeva dal basso e resisteva all’invasione.
Erano cittadini di due nazioni diverse che diventarono un unico popolo unito nella lotta contro lo stesso oppressore.

Così lontani ma allo stesso tempo così vicini, Erano uomini e donne liberi.
Vittime che decisero di non accettare il destino della schiavitù e si trasformarono in vincitori combattendo per lo stesso fine, la libertà.

Ras Julio