sabato 20 maggio 2017

La Nuova Creazione nella dottrina Rastafari



Spesso sentiamo parlare di Nuova Creazione e di nuovi cieli e terra nuova.
Troviamo questi concetti nelle Sacre Scritture e sono parte integrante della Rivelazione Rastafari. Negli ultimi giorni infatti, ci dice la Bibbia, l’umanità avrebbe assistito al rinnovamento di questa Creazione instaurando definitivamente Cieli Nuovi e nuova Terra.
Questi passi incuriosiscono da duemila anni fedeli e studiosi che cercano di capire quale sia il vero significato di queste parole.
La prima interpretazione che spesso si dà e quella più catastrofica e apocalittica in cui si crede che il Signore ad un certo punto distruggerà tutto questo mondo e ne scenderà uno nuovo dal cielo. 
Presi dal timore e dallo sconforto molti hanno anche abbandonato la fede incapaci di comprendere come sia possibile che il Signore, Dio dell’amore, ad un certo punto distrugga questa Sua perfetta opera che è la Creazione del Mondo e dell’universo. Scenari da film di Hollywood allora si ripetono nelle nostre teste rendendo sempre più incomprensibile come sia possibile che il Padre, Creatore buono ed imparziale, arrivi ad un certo punto ad annientare quasi per intero l’umanità e quanto la contiene.
Forse queste immagini di castigo universale hanno fatto comodo a slave masters e predicatori di odio in passato affinchè potessero soggiogare le menti e le vite dei poveri fedeli ai quali non era permesso leggere la Bibbia con altra interpretazione se non quella trasmessa loro dai sacerdoti di Roma. 

In effetti è vero che nelle Scritture il Signore si manifesta con segni anche catastrofici, pensiamo al diluvio universale ed altre azioni punitive che Egli compie contro gli empi della terra, è vero che la presenza di Dio si rivela anche attraverso le forze della natura quali piogge distruttive, terremoti, fuoco ecc.. ma la Rivelazione Rastafari scende più in profondità e no si accontenta di interpretare la venuta della Nuova Creazione come un nuovo mondo che discende dopo che quello vecchio è stato distrutto e non si sa dove sia andato a finire.
La Livity Rastafari è infatti un modo di vivere spiritualmente connesso al Creatore e alle Sue leggi che si manifesta nelle azioni quotidiane del fedele proprio perché è nelle azioni che si riconosce la fede e l’ortoprassia, ovvero la retta condotta vitale che è l’obiettivo e la pratica del Rastaman.
Essendo la Livity una manifestazione dello spirito nel modo di vivere allora dobbiamo interpretare le realtà spirituali come connesse al modo di vivere e non distaccate come delle storie mitologiche. Tutta la Bibbia infatti ha un preciso rimando nella realtà del credente, essa non è solo un libro di preghiere o un libro cosmologico, ma può essere visto anche come un libro di istruzioni su come vivere questo passaggio che gli esseri umani devono compiere sul pianeta terra.
L’applicazione dei suoi principi è ben mirata ed immediata, si manifesta nel qui ed ora.

Interpretando allora la Nuova Creazione non possiamo certo accontentarci di vederla come un qualcosa che forse avverrà un giorno che speriamo sia il più possibile lontano da noi in quanto non vorremmo mai assistere a quella catastrofe globale che si prospetta come la fine del mondo. Non possiamo essere soddisfatti di lasciare da parte quello che forse è uno dei cardini fondamentali della dottrina biblica nel Vecchio e Nuovo Testamento, quella che è la promessa di salvezza fatta al genere umano dai profeti e dal Messia, e che è l’obiettivo forse del disegno divino prima ancora che il genere umano fosse stato creato.
Il giudizio dell’Onnipotente sicuramente non è una passeggiata e non sto cercando di andare contro il concetto di “Judgeman” o dire che questo non esista o che il Giudizio Finale non avverrà. È mia intenzione invece “srotolare” questo principio di rinnovamento escatologico per trovarne l’applicazione ed il senso concreto nella vita dell’uomo affinchè possiamo trarne insegnamento ora e non guardare ad esso come una proiezione (spesso fantastica) che avverrà forse tra migliaia di anni. Se infatti allontaniamo da noi questo principio allora diminuiamo il potere della Livity e la Bibbia stessa rischia di diventare un semplice libro astratto e distaccato dalla realtà. 
È proprio per la sua potenza che il concetto di Nuova Creazione è stato rilegato nei secoli ad un capitolo oscuro ed incomprensibile che spaventa il fedele che non riesce a comprenderlo.
Questo è avvenuto perché se l’uomo comprende il rinnovamento che implica la Nuova Creazione allora egli scopre un potenziale liberatorio che lo rende illimitato, illuminato e soprattutto consapevolmente libero. Esattamente ciò che babylon non vuole.
Il tema che sto trattando è molto articolato e questa meditazione non può certo esaurire l’argomento ma vuole essere un’introduzione a prossimi lavori che approfondiranno questo argomento così centrale nella nostra Livity.
Sappiamo che il Creatore è l’artefice di questo mondo e questo universo che è stato fatto in sette giorni agli inizi dei tempi. Ecco ci viene poi detto che questo mondo è destinato a dissolversi e a sparire (1 Cor 7, 31; Ebr 1, 11; Apoc 6,12 ss; 20, 11) e non riusciamo a spiegarci il perché di questo fatto.
Cosa significa che verranno “nuovi cieli e terra nuova” (Apoc. 21-22)?
Il significato è sia storico che mistico-spirituale.
La Nuova Creazione  si instaura con la venuta del Cristo in quanto Egli è il nuovo uomo, l’archetipo che contiene divino ed umano in perfetta misura, Egli è il Figlio di Dio che rende tutti gli uomini figli di Dio elevandoli, se essi seguiranno la Sua strada ed i Suoi insegnamenti, al quel modello originario di uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Questo implica quindi un rinnovamento del genere umano che torna alla sua condizione originale di vicinanza e comunione con Dio, questo rinnovamento avviene attraverso la persona del Cristo nelle Sue due venute su questa terra.  L’uomo infatti seguendo la via manifestata dal Messia diventa in Cristo “ nuova creatura “ (Gal 6, 15): in lui l'essere vecchio è sparito, un essere nuovo è presente (2 Cor 5,17).
Infatti Iyasos Krestos duemila anni fa ci ha indicato la nuova via verso il Regno dei Cieli perchè potessimo rinnovare i nostri spiriti, le nostre preghiere e tuita la nostra energia vitale nella nuova Rivelazione che Egli stesso trasmise. Iyasos Krestos ci ha mostrato il compimento della Legge e dei profeti che Egli, secondo le Sue parole,  viene per completare e rinnovare e non per abolire.
Egli che è il supremo Maestro ci insegna la suprema dottrina essendo il Messia, l’immagine di Melchizedek sacerdote per sempre. La via indicataci da Iyasos Krestos ha relmente rinnovato l’umanità e ha reso la vita umana un perenne cammino verso la comunione con Dio e la Sua gloria, una pratica di vita attiva e partecipe piuttosto che una cieca sottomissione a Dio che altre tradizioni invece ci presentano. 


Tutto questo ha una fantastica potenza ma non era abbastanza.

La missione di Iyasos Krestos non completa il piano divino previsto per il Messia ed infatti il Nazareno ci dice che sarebbe dovuto ritornare quando i tempi sarebbero stati pronti per terminare la Sua opera.
Questo implica infatti che non aveva completato il suo lavoro, non perché non ne fosse stato capace ma perché erano necessari duemila anni di storia umana per poter far maturare il frutto che Egli stesso aveva fatto sbocciare, ovvero la salvezza del genere umano attraverso le proprie azioni.
Ecco che Ian’I Rastafari annuncia Haile Selassie Primo come il Cristo ritornato nei Suoi Caratteri Regali, il Messia di Davide che viene per compiere la missione iniziata a Betlemme duemila anni prima.
E questa è una condizione essenziale per comprendere tutta la Bibbia e tutto il principio della Nuova Creazione.
Infatti il disegno di Dio è di ricondurre tutte le cose sotto un solo capo, Cristo (Ef 1, 10), ma questo Cristo di cui si parla non poteva essere Iyasos in quanto doveva essere un capo di popoli, un vero e proprio regnante con la capacità di governare e così modellare le sorti dell’umanità.  In Lui doveva riconciliare tutte le cose con se stesso (2 Cor 5, 18 s; Col 1, 20). Questo è un aspetto cruciale in quanto significa che il Cristo avrebbe dovuto ri-armonizzare le cose (eventi storici, principi morali, sociali ecc ecc) in accordo con la Sua persona divina così da rendere sante tutte le cose. Non è forse questo ciò che troviamo nell’operato di Haile Selassie Primo che si impegna per rinnovare un Paese, un Continente e poi il mondo stesso attraverso un modo d’agire così nuovo ed ispirato che ha la capacità di rinnovare gli eventi e modellare l’inizio di una nuova epoca.

Il Messia regale ricrea tutte le cose del mondo compiendole in maniera santa e divina, in questo modo automaticamente distrugge il vecchio modo di comportarsi ed instaura un nuovo modo di vivere ovvero una Nuova Creazione.
Pensiamo infatti a tutte le modifiche e rivoluzioni che Haile Selassie ha esercitato a livello locale ed internazionale, e osserviamo la Sua eredità che Ian’I Rastafari viviamo e portiamo avanti  e comprenderemo cosa significa un rinnovamento radicale.
Il Messia non distrugge le cose mondo ma le rende vive eliminando da esse la malvagità, la corruzione, l’immoralità così naturalmente il vecchio mondo scompare lasciando spazio al nuovo.  Così facendo Egli mostra la via di salvezza per vivere questa vita, ecco che Creazione e redenzione si congiungono: noi siamo “l'opera di Dio, creata in Cristo in vista delle buone opere” (Ef 2, 10).
Questo processo poteva avvenire soltanto attraverso un Capo (Ras).
Se meditiamo sulla connessione tra Adamo ed Haile Selassie infatti vediamo che alle origini Dio aveva fatto di Adamo il capo della sua razza, e gli aveva affidato il mondo affinché lo dominasse.
Alla fine dei tempi il Figlio di Dio fatto uomo è entrato nella storia come il nuovo Adamo (1 Cor 15, 21. 45; Rom 5, 12. 18) e a Lui è affidato il popolo di Dio affinchè possa manifestarsi quella Nuova Gerusalemme che non scenderà scenograficamente dal cielo ma che sarà così nuova, così giusta ed ispirata che gli uomini non la riconosceranno come cosa umana ma in effetti divina.

Quindi Dio ha stabilito il Leone di Judah come l’erede di tutte le cose (Ebr 1, 2; 2, 6-9), in modo che tutto deve essere instaurato in Cristo, sia gli esseri celesti che i terrestri (Ef1, 10).
Anche iu libri di storia lo confermano. Il Re giusto ha infatti iniziato una nuova epoca sconfiggendo il Fascismo ed instaurando il Governo incentrato sul benessere e sull’ amore degli esseri umani.
Le scritture confermano ciò infatti quando gli apostoli chiedono al Messia: “Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo” (Mt 24,3)”.
Ma la traduzione e l’interpretazione che si è data a questo passo ha portato generazioni e generazioni in inganno distogliendo l’insegnamento originario di questo verso così importante e rivelatore.
Infatti sembra molto strano che gli apostoli chiedano al Maestro quando arriverà la fine del mondo sapendo essi infatti che questa eternità è per sempre..come può finire l’eternità? Rastafari viene per portare luce su questo dilemma: il problema è la traduzione.
Con la parola “mondo”  si è tradotto il vocabolo greco “aion” che sta a significare “epoca, era”! Infatti i discepoli non chiedono quando sarà la fine del mondo ma quando terminerà la vecchia epoca ed inizierà quella nuova, quando inizierà l’era del bene al posto di quella del male. Ovvero quando incomincerà il tempo in cui il Re Messia governerà nella Nuova Creazione avendo sconfitto il male ed incominciato a regnare secondo i termini di Dio e non quelli del mondo.
Questo è il senso che ci fa quindi capire il nostro destino e perché infatti Iyasos Krestos risponde descrivendo guerre e rumori di guerre, lotte fra uomini e grande tribolazione che possiamo benissimo accostare alla desolazione che avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale quando il nazifascismo tentò di spodestare il Messia dal Suo trono per instaurare un nuovo Impero Romano.. e guarda caso era proprio sotto l’oppressione ingiusta dell’Impero romano che i discepoli propopsero al Maestro quella domanda essendo infatti quel governo il simbolo della dominazione pagana e quindi negativa, opposta al governo di Dio.
Vincendo il male (nazifascismo) che il Re stesso definisce il “nemico antico” come riportato dall’Apocalisse, Haile Selassie Primo instaura l’inizio della Nuova Epoca che è allo stesso tempo la Nuova Creazione e l’inizio dell’ epoca del Giudizio contemporaneamente.
Infatti manifestando il bene automaticamente il male viene giudicato e smascherato.

Haile SElassie Primo infatti ha la pienezza dello spirito e così può infondere rinnovamento nel genere umano. Ecco la Nuova Creazione che avviene attraverso ogni uomo ed ogni donna vivente che camminano lungo la Via di Dio. Ian’I Rastafari infatti deve vivere nella consapevolezza che ogni aspetto di questa vita umana può diventare nuovo ( e bello) se affrontato secondo i principi della Livity. Attraverso il comportamento di Ian’I e la nostra percezione rinnoviamo gli eventi di questa Creazione rendendola qualcosa mai visto prima, una dimensione non lontana ma che risiede in questa stessa realtà ma che iniziamo a vedere e vivere soltanto se camminiamo lungo la via del risveglio spirituale.
Se così faremo allora veramente i cieli e la terra non ci sembreranno essere più quelli di prima ma avranno un colore ed un profumo nuovo che ci infonderà desiderio di vita e di benessere.
Vivremo nella nuova città del grande sovrano che ha instaurato un regno nuovo che dura per sempre, le persone osserveranno le nostre azioni e non capiranno da quale luogo o paese veniamo perchè la nostra tradizione non appartiene semplicemente a questa terra ma alla corrente di vita che pervade l’universo dalla Genesi fino ad ora. In Haile Selassie Primo ritroviamo il contatto con la nostra vera natura che è “maestosa” proprio sul modello della Sua, questo  non è per vanto o per vanagloria ma perché la natura originaria dell’essere umano è nella Maestà della vita, così come la natura originaria della Creazione è nella Maestà della vita divina che in essa scorre.
Selah

sabato 13 maggio 2017

Affrontare le difficoltà con la Livity Rastafari. Parte 2



Nella vita di un essere umano si alternano molti diversi momenti, l’esistenza è un susseguirsi di esperienze concatenate e interconnesse che a volte assumono una carica positiva mentre altre volte purtroppo portano dolore e difficoltà.
È parte del nostro destino e della bellezza del genere umano, profondo incastro di elementi finiti ed infiniti che cercano instancabilmente  di armonizzarsi durante tutto il ciclo vitale su questa terra. Spesso ci troviamo a dover affrontare ostacoli e pietre d’inciampo, a volte riguardano il nostro fisico ma più spesso riguardano la nostra sfera emotiva e psicologica che può determinare ancora di più l’andamento delle nostre vite.

Quando infatti il fisico è ammalato allora soffriamo, ma quando poi esso guarisce siamo portati a non pensare più a quella sofferenza e ce ne dimentichiamo dando per scontato salute e benessere e procediamo con le nostre azioni quotidiane. Quando invece il nostro spirito e la nostra mente sono afflitti, ahimè non è così semplice dimenticarsene in quanto ogni esperienza della giornata rifletterà quello stato di malessere, insoddisfazione, a volte tristezza o comunque tutta una serie di emozioni negative che pervadono la nostra psiche.
La sensazione sarà di non riuscire ad uscire dal circolo di negatività che sentiremo come sommergere  le nostre azioni ed i nostri momenti, a volte faremo esperienza di una nuvola nera che sembra non volere andare via dalle nostre teste.
Molti provano con le distrazioni, televisione, computer, nottate sfrenate, o ancora peggio sostanze che sembrano allontanare il dolore. È un metodo molto comodo e alla portata di tutti, il problema è che ha una durata illusoria molto limitata e gli effetti collaterali sono abbastanza pesanti. Cercando di distrarci dal dolore infatti non facciamo altro che farlo aumentare, forse riusciamo ad ottenere qualche minuto o qualche ora di apparente tranquillità ma quando torniamo alla realtà allora la nostra mente ci presenta il conto e spesso cadiamo in un down sentendoci forse peggio di come stavamo prima.
Allontanare i problemi infatti non è mai una soluzione definitiva ma soltanto un temporaneo autoinganno.
Dobbiamo invece puntare alla risoluzione.

E la Livity Rastafari in questo ci aiuta moltissimo.
In Rastafari infatti crediamo nella presenza costante del Creatore in ogni risvolto di questa Creazione.
Egli è un continuo scorrere che è assicurato in ogni momento ed ogni istante.
Come potrebbe essere infatti Dio se non fosse onnipresente? E se quindi è onnipresente significa che è anche sempre accessibile. Se è sempre accessibile come è possibile allora che talvolta noi avvertiamo più la Sua presenza e talvolta di meno? Come mai in alcuni momenti il nostro spirito sembra essere così vicino alle sue manifestazioni come gioia, appagamento, leggerezza e benessere mentre nei momenti difficili invece facciamo esperienza di tristezza, abbattimento, scoraggiamento e debolezza?
Come è infatti possibile che l’essere onnipresente per eccellenza a volte sia così distante da noi, e soprattutto quando ci sembra di averne più bisogno?
La risposta è che dipende tutto da noi.
Essendo infatti il Creatore sempre vivente e sempre presente è anche automaticamente sempre esperibile, cioè possiamo farne esperienza potenzialmente ventiquattro ore al giorno perchè egli non è soggetto a turni o ad orari ma la Sua presenza vitale è per sempre e ovunque.

Siamo in realtà noi che nella sofferenza e nella difficoltà non riusciamo a “sintonizzarci” con la sua frequenza vitale e quindi soffriamo. E spesso è perché non sappiamo come fare.
I padri, gli antenati ed i maestri spirituali in questo ci insegnano molto e la strada che hanno percorso prima di noi può essere la nostra fonte di salvezza. In Rastafari non preghiamo il dio della morte come le religione schiaviste ha spesso  insegnato, piuttosto crediamo fermamente che Dio è il soffio di vita pulsante di questo universo.
Essendo vita non può certo essere qualcosa di triste o negativo perché, e questo nessuno può negarlo..neanche il più scettico del pianeta, lo slancio vitale degli esseri umani, delle piante e degli animali è qualcosa di buono per essenza in quanto produce la continuazione della presenza su questa terra.
Essendo quindi Lui il motore primo di energia positiva ed essendo sempre presente allora capiamo in maniera molto naturale, che il bene è sempre accessibile in questa vita.
Per bene intendiamo la possibilità di accedere ad uno spazio senza dolore dove i sentimenti di conflitto, disperazione e sconforto lasciano il posto al coraggio, all’ottimismo, alla rassicurazione e soprattutto all’assenza di conflitto ed avversione che sono alla base di tante afflizioni mentali e spirituali.

Ma allora perché pura sapendo che Egli è presente ed è buono continuiamo a soffrire?
Perche non lavoriamo abbastanza per stare in comunione con la Sua presenza.
In Rastafari infatti diciamo di essere in creatori della Creazione, molti criticano questa posizione ritraendoci come esaltati o megalomani, ma ciò che Ian’I vuole dire è che gli uomini sono capaci di modellare e scolpire eventi e situazioni con la saggezza e la grazia spirituale che il King ci concede. Questa attività creatrice può essere applicata in prima istanza sulla nostra percezione e accettazioni degli eventi, soprattutto quelli dolorosi. Noi siamo infatti in grado di sollevarci dalla sofferenza e ricreare la nostra esperienza di vita generando energia positiva.
Non è questo forse essere un piccolo creatore?
Non è questo forse ciò che realmente Dio vorrebbe per gli esseri umani affinchè possano essi vivere in benefica creatività su questo pianeta?
Molti combattono questa posizione perché sono stati educati soltanto a stare seduti e chiedere di ricevere, Ian’I invece appartiene alla generazione che lavora per ottenere i risultati e primo fra questi è il benessere e la salvezza qui su questa terra.
Molti ancora investono la vita per vedere i propri guadagni fruttare nell’aldilà, Rastafari si aimpegna giorno e notte per vedere i frutti del lavoro compiuti qui ed ora per poter realmente godere di essi al fine di una migliore convivenza con il genere umano, vicino e lontano. 

Quindi Rastafari dice che nella difficoltà e nella sofferenza possiamo comunque accedere alla presenza salvifica del Creatore che vive dentro di noi, a questo punto starà a noi impegnarci al fine di poter migliorare la nostra esistenza e tramutare il dolore in forza.
Ian’I proclama infatti che il King of Kings è vittorioso ed ha vinto il male instaurando il regno del bene per sempre.
Questa Sua azione può essere applicata a livello cosmico, storico ma soprattutto personale ed individuale nelle nostre vite. Sembrano fantasie? Guardiamo alla realtà: quando soffriamo ci sentiamo persi, ciò di cui abbiamo bisogno è tornare ad un punto fermo dove smettiamo di essere sballottati dai nostri pensieri e paure e finalmente possiamo provare sicurezza, conforto, fiducia nell’oggi e positività verso il domani, vogliamo sentirci ancorati al terreno e non stravolti e sbattuti invece come piccole piante in un campo aperto durante la tempesta.

La sofferenza è un emozione provocata da circostanze che si presentano a noi avverse o negative, essa è un intruglio di diversi ingredienti che purtroppo producono un effetto veramente tossico su di noi. Psicologicamente e spiritualmente prima e fisicamente dopo.
La sofferenza è un’emozione come ce ne sono tante nella nostra vita, non è la vita stessa. Il dolore e la tristezza sono manifestazioni emotive come i nostri pensieri sono manifestazioni cerebrali, così come non crediamo a tutti i nostri pensieri non dovremmo credere a tutte le nostre emozioni e seguirle come un bambino segue il profumo di cioccolato. Se esse sono manifestazioni di attività emotive, cerebrali ecc..che appaiono e scompaiono come dei film, allora significa che esiste qualcosa prima di esse perché infatti nulla può manifestarsi senza uno sfondo.
Questo sfondo è la nostra essenza percettiva e spirituale, è la nostra presenza  che dimora con il Creatore, è la nostra casa, il luogo sicuro dove stiamo bene e possiamo vivere ed esistere in benessere. Questo luogo è la nostra essenza umana e divina insieme, dove la nostra persona vive con il Creatore in uno stato di unità. È Ian’I ovvero Dio nell’uomo.
Ecco se Dio è sempre presente ed accessibile con le sue qualità benefiche e positive e se la nostra essenza è partecipe di Dio e se la nostra essenza non ci lascia mai allora naturalmente capiremo che è sempre possibile accedere alle qualità benefiche e vitali che dimorano incessantemente dentro di noi e quelle qualità così belle e curative sono in effetti parte di noi.

Quindi la cura è dentro di noi, sempre accessibile, sempre esperibile ma per raggiungerla dobbiamo fare “cut and clear” ovvero individuare le emozioni e le azioni negative, tagliarle con precisione chirurgica e lasciarle scomparire affinchè la nostra persona non resti intossicata dalla loro presenza.
Per far ciò è necessario prendersi del tempo e studiare le nostre vite, essere presenti per noi stessi e avere la situazione sotto occhio, sapere cioè cosa sta accadendo e di quale entità sia il problema che viviamo. Dopo ciò dobbiamo, attraverso la meditazione, la preghiera e l’esercizio continuo (esistono molte pratiche e tecniche) cercare di raggiungere quel luogo prima del dolore e sforzarsi di rimanere lì il più possibile, come una persona colta da un temporale in un parcheggio si ripara dentro la sua auto, egli è in mezzo alla tempesta, la osserva e ne sente il forte rumore ma non si bagna perché è protetto dal veicolo.
In Rastafari pratichiamo la fede come attività reale e costante, esse deve essere un impegno che spesso ci sembra superare le nostre capacità, sarebbe molto più semplice infatti lasciarsi andare al dolore ma è proprio quello il momento in cui dobbiamo avere più tenacia e provare ancora di più.
La vita ci offre innumerevoli presupposti di felicità e di ottimismo, dobbiamo imparare a coglierli, coltivarli e farli fruttare.  A volte se non vogliamo o non riusciamo a farlo per noi stessi allora facciamolo per i nostri cari che meritano il nostro benessere perché quello è anche il loro benessere.

Quando non riusciamo a farlo da soli allora facciamolo fare a qualcun altro dentro di noi, può essere un parente un amico o un fratello o una sorella nella Livity, una persona ispirata e forte che teniamo viva dentro di noi e la cui energia può essere capace di sciogliere dei nostri “nodi” ed insegnarci automaticamente la strada verso l’auto guarigione, mantenendo in noi la sua presenza viva e dando a lui/lei la nostra fiducia impareremo che le risorse sono sempre accessibili dentro di noi perché la qualità che lui/lei hanno applicato un giorno diventeranno nostre e non avremo più biosogno di affidare la risoluzione ad altri perché saremo cresciuti e capaci di aggiustare le cose da soli.

In Rastafari sappiamo che la vita ha un grande potere curativo, in essa purtroppo a volte troviamo difficoltà che ci “avvelenano” ma sempre dentro di lei troviamo gli antidoti a queste intossicazioni e possiamo guarire e vivere bene. Dobbiamo restare saldi sul fatto che nessuna esperienza in questa vita può essere soltanto negativa ma porta sempre una potenziale fonte di salvezza che dimora nella vittoria che il King of Kings ha compiuto sul male e con lui anche noi abbiamo già vinto il male.

Una volta raggiunta questa altezza e volenterosi di abbracciare questo modo di vivere… sarà soltanto questione di tempo e tanta pratica.

sabato 6 maggio 2017

Affrontare le difficoltà con la Livity Rastafari




La consapevolezza Rastafari è ciò che può salvare le persone alla ricerca di una terra ferma e solida nel trambusto delle incertezze della vita.
Ian’I non segue una religione o una filosofia perché queste non necessitano della componente che è alla base della Livity, ovvero l’esperienza reale.
Questa esperienza non è un processo concettuale fatto di grandi parole e spiegazioni, anche se ovviamente per spiegare la dottrina Rastafari c’è, a volte, necessità di parole e ragionamento.
 Ciò che dovremmo realmente perseguire è la comunione e l’affidamento al Creatore lasciando che ogni aspetto della nostra vita possa essere illuminato dalla Sua presenza.
Proprio come la luce del sole tocca ogni parte di una vasta vallata così la Sua presenza può illuminare ogni aspetto delle nostre vite.
La nostra pratica di vita è appunto quella di ricercare e perseguire l’esperienza del Regno di Dio qui ed ora, non in un futuro lontano.

La condivisione della nostra esistenza con il Creatore può risultare più semplice nei momenti di distensione e tranquillità, quando la mente è già rilassata e più propensa ad apprezzare la bontà di questa vita e di conseguenza del suo artefice.
La vera prova spesso avviene però nei momenti difficili, nei periodi in cui ostacoli e pietre d’inciampo mettono alla prova il nostro spirito, autocontrollo e fiducia nel bene.
Questi sono i momenti di grande sofferenza ed incertezza, causati da problemi o impedimenti di reale entità che destano in noi paura, preoccupazione, destabilizzazione e soprattutto portano la nostra mente a viaggiare all’interno di una “città della paura” in cui ogni strada è colma di immagini e proiezioni angosciose di ciò che potrebbe succedere. In questa città ogni vicolo ed ogni strada sono colme di ansia e il sentimento che si percepisce è il timore, noi ci troviamo come dei passanti che freneticamente camminiamo osservando a destra e a sinistra raffigurazioni negative che potrebbero accadere alle nostre vite, quando una strada finisce se ne apre un’altra con un pensiero ed un’immagine ancora più brutta di quelle che avevamo appena passato.
Questo luogo è l’inferno della nostra persona.
C’è da sapere però che esso non è reale, è una macchinazione del nostro cervello, un film attivato dalle nostre capacità sensoriali e dai processi cognitivi che la nostra mente prevede, è una fiction i cui registi sono i nostri neuroni e la casa cinematografica è la nostra paura, noi veniamo usati come attori non volontari e i nostri pensieri manovrati come burattini di legno.

Forse nella nostra vita seriamente ci sono i presupposti per un problema e per una preoccupazione, ma l’esagerazione e il senso di costrizione ed angoscia sono provocati dalla nostra predisposizione mentale. È il caso di fermare tutto ciò, e questo è possibile.
Esistono tecniche ed esercizi validissimi per invertire questo processo e ritrovare serenità in quei momenti ma il modo di vivere di Ian’I si spinge oltre.
La Livity Rastafari infatti ci offre la possibilità di affrontare la problematica da un altro aspetto piuttosto di essere risucchiati nel vortice, infatti la nostra è una fede e come tale prevede affidamento. Ma a chi o a che cosa?
 Ebbene secondo la nostra dottrina il Creatore manifestatosi nel Suo Messia Haile Selassie Primo è Dio di bene e di conseguenza tutto ciò che proviene o scorre verso di Lui è bene profondo, pace ed equilibrio. Non perseguiamo infatti una religione di cieca sottomissione ma invece di divina condivisione in cui Dio sceglie di elargire all’uomo la Sua grazie e quindi offrirgli di vivere alla Sua presenza, questo conferirà all’essere umano un forte senso di forza, serenità e soprattutto salute e benessere, consapevolezza di stare al posto giusto nel momento giusto e fare la cosa appropriata anche durante i periodi di prova. L’uomo diventa così un microcosmo o meglio, come l’Ortodossia e la Livity Rastafari giustamente ci insegnano, un micro-dio, una personificazione del divino nell’umano, un completamento attivato dalla Spirito che fa rinascere e rigenera l’uomo.
Ecco, il problema è che questo fondamento di fede è più facile da ricordare e riconoscere quando stiamo bene ma diventa così difficile da vivere quando invece la vita ci mette all’angolo e continua a sferrare colpi.

Ecco qui è la grande potenza della Livity.
Non stare più in quell’angolo. Ma per uscire dobbiamo uscire dal pensiero che siamo condannati dalla vita a stare in quella strettoia, dobbiamo realizzare che forse è la nostra mente che tende a volerci tenere in quella condizione ed essere vittima della sventura subendo e subendo come un pugile in seria difficoltà.
Quell’angolo è la rappresentazione delle nostre limitazioni, non sappiamo cosa poter umanamente fare perché sentiamo di aver già provato tutto e che nulla ha realmente funzionato, veniamo bloccati da un senso di forte impotenza che ci tiene confinati tra le corde del ring della vita.
A questo punto possiamo scegliere due strade: o rimanere vittime dei colpi e continuare a soffrire autogiustificandoci con una serie di spiegazioni mentali che non fanno altro che rinforzare la nostra impotenza e di conseguenza distruggono la fiducia in noi stessi, oppure affidarci interamente e totalmente al Re dei Re in quanto noi non possiamo più fare nulla per cambiare la situazione.

Quando e se questo processo avviene noi usciamo come per magia da quell’angolo e torniamo al centro del ring nella posizione di poter gestire la situazione con visione chiara e lucida. Infatti affidarsi a Lui significa riconoscere che noi le abbiamo tentate tutte e purtroppo abbiamo esaurito le possibilità, quindi possiamo soltanto fare affidamento a Chi invece è la fonte inestinguibile di possibilità.
Così usciremo dall’angolo perché non ragioneremo più con la mente ed i suoi processi dualistici ma invece vivremo nello spirito di fede che è aperto, vasto, pieno di possibilità, benevolo e soprattutto non in conflitto ma che infatti dimora prima del conflitto.

Quando la situazione diventa troppo pesante allora facciamo fare al King, o lasciamo fare allo spirito dei nostri fratelli e sorelle Rastafari che sparsi su questa terra manifestano la vita illuminata che può salvarci. Essi infatti hanno abbracciato la fede e hanno tenuto salda nelle mani la bandiera della Livity, se loro l’hanno fatto è perché la strada di vita Nyah Binghi è ricolma di benedizioni e di possibilità di bene, e questo è anche per noi  quando siamo nella difficoltà.
È una grande prova di fede, prevede infatti impegnarsi duramente per lasciar andare le proprie convinzioni e proiezioni mentali (che quando soffriamo sembrano così vere) e mettere tutto in mano alla Persona del Re dei Re. Con tutta l’iniziale incertezza e reticenza che questo processo porta con sé, esso è in realtà la vera cura verso l’afflizione della sofferenza.
Abbandonarci con tutte le forze a Dio come fondamento dell’essere provoca l’immediato svanimento delle paure e delle incertezze. Questo perché non facciamo più affidamento sulle nostre capacità umane ma accediamo alla parte spirituale e divina di noi stessi che è libera dai conflitti e soprattutto è carica di energia e quindi capace di rigenerarci in quei momenti di stress.

L’angolo infatti può tenere in trappola la nostra parte umana e limitata, ma non potrà mai ingabbiare la nostra persona spirituale ed infinita. 

Lasciar andare il peso e metterlo nelle mani del King ci offre la possibilità di riprendere fiato e ci fa crescere nella certezza che siamo nelle mani del Padre proprio come quando eravamo piccoli e naturalmente ci abbandonavamo ai nostri genitori per ogni minima cosa.
 Usciamo quindi dalla trappola e permettiamoci di osservare le bellezze di questa vita, la luce del sole riflessa sulle foglie e le risate semplici dei bambini, la presenza della vita nella natura, l’amore dei nostri cari e il fatto che tutte le cose più belle di questa esistenza sono gratuite ed accessibili. Questi elementi ci aiuteranno a superare la difficoltà, a scoprire che esistono delle possibilità che forse non avevamo considerato prima perché troppo impegnati a prevenire i colpi.

Se usciamo dall’angolo allora potremo vedere tutto più chiaramente e accadrà qualcosa id meravigliosamente incredibile: osserveremo da dietro l’avversario continuare a sferrare pugni al vuoto.
A quel punto potremo finalmente scendere dal ring e passeggiare lontano.