sabato 30 marzo 2019

Rastafari, un’antica novità




Guardiamo fuori dalla finestra e vediamo una stagione che si rinnova, un nuovo inizio che colora i paesaggi di sfumature calde e confortanti che annunciano che il freddo è ormai passato.

La I-ration (Creazione) si rigenera in un canto nuovo così pieno di calore che invita gli esseri viventi ad uscire dalle loro tane, ad amarsi e a riprodursi come se la vita stesse per iniziare proprio ora.
I Salmi descrivono in modo meraviglioso questo rinnovamento stagionale e lo attribuiscono al “soffio di Dio” che ha la capacità di rendere tutto nuovo. (Sal. 104,30).
È come se questo mondo fosse nuovo ma allo stesso tempo sempre esistito.

Respirando le prime ventate di aria più calda e profumata di clorofilla, Ian’I medita sulla Livity Rastafari e la sua essenza, questa esperienza di vita in comunione con il Creatore e la forza vitale che permea questa Creazione.
Rastafari è una novità ma allo stesso tempo una via di vita antica ed originale.
Incontro di passato e futuro nell’esperienza presente, un miracolo di vita, un segno senza tempo che profuma sempre di nuovo.

Questo modo di vivere infatti esisteva prima di me e di tutti noi, prima ancora degli apostoli che credettero “vedendo veramente” e divennero pescatori di anime, prima dei profeti che venivano svegliati di notte dalla voce del Creatore che a loro parlava, prima ancora dei grandi re che difendevano l’Arca, prima di Davide che era così piccolo per pascolare il gregge di suo padre che venne scelto come il più grande per amministrare l’eterno gregge del vero Padre celeste, prima ancora delle Dodici Tribù d’Israele che mangiavano il grano promesso prima del grande esodo.

Questa Livity era presente quando il vecchio Giacobbe che aveva addirittura combattuto con Dio, prima di morire benedisse ciascuno dei figli e “si prostrò, appoggiandosi sull’estremità del bastone” (Eb 11,21).
Ecco quel bastone era il Cristo, la via del Christ-Man, ovvero la Livity Rastafari.
Bastone perché sorregge il peso del corpo durante la marcia così come la Livity sostiene l’essere umano nel suo percorso vitale ed esistenziale.
Con il bastone infatti puoi indicare la direzione puntando lontano così come la Livity è il nostro strumento per indicare a noi stessi e agli altri la strada da seguire per giungere alla felicità del cuore e il benessere del corpo.
Se osserviamo attentamente, vediamo che un anziano non lascia mai il suo bastone, lo appoggia accanto al suo letto prima di dormire e lo riprende al momento del risveglio, così la Livity Rastafari che resta sempre con Ian’I in ogni momento della nostra giornata, costante compagna di questo lungo e dolce viaggio.
Con il bastone si scacciano animali che ci assalgono o si scostano i rovi che ci impediscono il passaggio lungo il nostro sentiero, ecco che con la Livity scostiamo la sofferenza e le trappole della vita umana e scacciamo gli ostacoli e gli intralci che vorrebbero farci arrestare lungo il nostro percorso di liberazione e di realizzazione.
E se in effetti ci pensiamo, in questo mondo odierno, iper-tecnologico e semi robotizzato, vediamo ancora anziani usare un semplice bastone di legno così come avrebbero fatto ai tempi di Noè o dei grandi Patriarchi antichi.
Uno strumento senza tempo che continua a svolgere la sua funzione senza curarsi di epoche e generazioni che passano.

Allo stesso modo sopravvive la Livity Rastafari, via di vita antica ed originale che si può applicare perfettamente a qualsiasi era o contesto sociale. Perché essa è antica ma sempre nuova.
Come la Primavera rinnova il manto dei campi senza tempo facendoli sembrare ogni volta giovani, così la Livity rinfresca l’animo e il cuore dell’uomo che resta perenne ragazzino di fronte alla grandezza della vita e alla bellezza della Creazione.
Quando custodiamo dentro di Ian’I la persona di His Imperial Majesty e la Sua potenza rinnovatrice allora facciamo realmente esperienza della Nuova Creazione e apriamo la strada nel deserto del nostro cuore indurito da babylon e dalla solitudine di un mondo scettico e spiritualmente dormiente.
È proprio questa “strada nel deserto” ( Is 43,19) che è il nuovo cammino in cui verremo ricondotti a “casa” dai prodigi dell’Onnipotente che ci renderà parte di un regno antico ma sempre nuovo di cui Egli stesso è sovrano così come oramai è “sovrano su tutti i popoli” (Is 45, 14-17).

Questa è una nuova realtà, un nuovo giorno, una nuova vita che deve essere celebrata, come dicono le antiche profezie, con un canto nuovo (Is 42,10: Sal 149,1) ed ecco perché, non a caso, Ian’I Rastafari ha invaso il mondo con il ritmo Nyah Binghi e la musica Reggae che sono la colonna sonora globale di questa nuova umanità che “tutto il mondo intona”, proprio a conferma dei passi biblici (Sal 96,1).

E noi, piccoli partecipanti di questo rinnovamento possiamo ora finalmente camminare liberi e guardare lontano facendo cadere il peso che ci impediva di essere leggeri perché ci è stata data un’opportunità per vedere tutte le cose rinnovate.
Chi ha corso per una vita intera può finalmente riposarsi, colui che ha faticato invano cercando la strada di casa ora è finalmente tornato al suo cancello, chi era triste e depresso e si era appassito sul ramo, ora è tornato un frutto fresco capace nuovamente di vedere il semplice e fresco mistero dell’esistenza.



sabato 2 marzo 2019

La vittoria nella Livity Rastafari


Continuiamo ancora a celebrare ciò che accadde centoventitre anni fa sulle cime dell’altipiano di Adua in Etiopia.
Lì infatti l’esercito etiopico spezzò il silenzio e la fresca nebbia del mattino cogliendo di sorpresa l’invasore italiano che tentava di conquistare la terra più antica della storia. Adua fu una sconfitta per chi credeva di poter imporre male e oppressione, arroganza e ignorante violenza.
Allo stesso modo fu una grandissima vittoria per chi credeva nella dignità di un popolo libero e nella profonda ricchezza che si trova nell’essere padroni del proprio destino. Adua fu una vittoria non soltanto per gli Etiopi ma per tutti gli africani che da lì a meno di un secolo avrebbero liberato definitivamente il proprio fantastico continente dallo squallore coloniale che aveva oscurato il sole dell’indipendenza per ben quattrocento anni.

Festeggiando Adua non possiamo soltanto pensare ad una vittoria militare, né semplicemente ad un successo di strategia bellica. Nonostante l’importanza politica che questo evento ebbe sul panorama internazionale troviamo in esso l’opportunità di scendere più a fondo e riflettere sulla vittoria in Rastafari ad un livello più profondo, intimo, personale ed esistenziale.
Nella Livity Rastafari impariamo a credere e a sapere che il bene vince sul male e questo concetto è alla base della pratica di vita di Ian’I.
La Livity Rastafari infatti è una continua esperienza di questa realtà. Ian’I siamo fiduciosi e confidenti nella vittoria del bene sul male. Non è soltanto uno slogan o una frase fatta bensì una vera e propria pratica di vita che ci impegniamo ad esercitare ogni giorno di questa esistenza.

La vittoria non è un voler spadroneggiare sul più debole, imporre la propria supremazia sul prossimo né approfittarsene per render l’ego più forte e superbo. Non è così.
La vittoria in Rastafari è un livello di esistenza in cui il bene divino si manifesta e vive solidamente nonostante le possibili avversità.
La vittoria è il fluire vitale, naturale e spontaneo in accordo e perfetta comunione con la grazia divina che si manifesta nella Creazione. Essa è il bene che ha prevalso sul negativo e ha vinto quest’ultimo ristabilendo l’ordine naturale ed orinario degli eventi che è essenzialmente buono, benefico e divino.
L’essenza di questa Creazione è la vittoria stessa, l’essenza della vita è la vittoria stessa, Dio è vittoria così come l’uomo è vittoria.
L’universo e questo mondo sono manifestazione diretta di questa vittoria e tutta l’umanità ne fa costante esperienza durante l’esistenza.

Ogni vittoria presuppone una lotta.

Questo scontro è quasi sempre interno a noi. Anche quando gli eventi problematici che ci mettono in crisi e che minacciano la nostra pace sono a noi esterni, il loro effetto e la loro percezione e soprattutto la nostra reazione sono fattori del tutto interni alle nostre persone.
Considerato che la realtà esteriore è un riflesso della nostra realtà interiore, in Rastafari sappiamo che modificando noi stessi potremo modificare gli eventi intorno.
Ecco che la prima vittoria è interna.
Quando vinciamo lo scontro contro i nostri limiti, le nostre paure, quando ci liberiamo delle ansie e delle macchinazioni mentali allora iniziamo ad incamminarci lungo la via della vittoria.
Ogni lotta ha dei combattenti e nelle nostre vite siamo noi stessi a volte a dover impugnare in arma ed uscire dall’accampamento prima che il sole sia alto per sorprendere il nemico ancora assopito tra le luci dell’alba. Ma non c’è nulla di violento e nulla di aggressivo.
La nostra lotta è la consapevolezza, la spada la pratica di vita, lo scudo è la fede, la vittoria sarà il regno di Dio qui, ora e manifestato da noi stessi.
La vittoria in Rastafari è un lungo percorso di cui possiamo fare esperienza a livello personale o comunitario, nelle nostre singole vite così come nel mondo intero.
La vittoria non esattamente un punto di arrivo ma un percorso, forse un nuovo inizio. Essa è un esercizio che all’inizio ci sembra cosìdifficile ma che impariamo a perfezionare di giorno in giorno. Osserviamo noi stessi e le nostre azioni proprio come in una palestra osserviamo i nostri corpi allo specchio e perfezioniamo i movimenti per raggiungere la corretta posizione.
A volte abbiamo un maestro che ci aiuta e ci indirizza ma poi impariamo a sviluppare noi stessi quella consapevolezza e diveniamo noi maestri di noi stessi. Così ci osserviamo, ci studiamo, cresciamo e ci perfezioniamo finché non riusciamo a compiere quell’esercizio in maniera corretta e allora gioiamo del frutto del nostro impegno. A quel punto però non smettiamo di frequentare la palestra ma iniziamo a studiare una nuova posizione o un nuovo esercizio e così diamo inizio ad un nuovo percorso che metterà in pratica ciò che abbiamo appena imparato.

E così nella Livity Rastafari. Ci impegniamo a vivere e a fare esperienza della vittoria. Allora ogni circostanza è occasione per scoprire la vittoria e mettere in atto l’esercizio che ad essa ci porta. A volte dobbiamo mobilitarci di più mentre a volte dobbiamo invece fermarci e non fare nulla se non semplicemente essere.
La vittoria si manifesta soltanto quando gli elementi e le condizioni per essa necessarie si manifestano.
Il benefattore che mette a disposizione questi elementi è il Creatore, i catalizzatori che mettono loro in moto e li fanno funzionare sono gli esseri umani.
La vera lotta è assenza di lotta. La vera vittoria è assenza di combattimento.
Un sottile equilibrio in cui lavoriamo costantemente per tenere accesi gli elementi che renderanno possibile la vittoria, ovvero totale sicurezza di essa, fede, coraggio, non gettare la spugna, convinzione, umiltà, introspezione, contenimento ed equilibrio; ma allo stesso tempo non attacchiamo il nostro cuore a sentimenti di rivalsa, vendetta, violenza, arroganza, abuso, autogiustificazione, selfing (processo mentale in cui avvertiamo che tutto gira intorno a noi e che tutto dovrebbe funzionare come noi dettiamo in quanto, secondo la nostra cieca opinione, così meritiamo), non cadiamo nello scoraggiamento e nella perdita di autostima che sono il riflesso opposto della violenza sull’ aggressore, infatti perpetuando questi sentimenti siamo noi a imporre violenza su di noi.

La vittoria nasce dentro noi stessi e spesso ciò che possiamo fare è continuare prima di tutto a generare l’energia giusta affinché essa possa manifestarsi. Di pari passo modificare con scrupolosa attenzione le nostre azioni ed i nostri comportamenti.
La vittoria si manifesta di fronte ad ingiustizie, accuse, circostanze avverse ma la maggior parte dei nostri problemi sono auto creati e sono il frutto di scelte, comportamenti e posizioni che noi stessi abbiamo preso. Ecco perché la vittoria esistenziale deve e può solamente nascere dentro di noi.
Allora dobbiamo fermarci e sederci sotto il sole che non giudica nessuno ed imparare ad osservare le cause e gli effetti del destino che noi stessi abbiamo creato per noi. Siamo stati creatori o distruttori? Siamo stati prede o predatori? Abbiamo invaso o siamo stati invasi? Abbiamo esercitato le nostre possibilità verso il bene o meno?

La maggior parte delle volte la risposta a queste domande non è unilaterale, ovvero non siamo stati solo vittime o solo carnefici, è piuttosto un intreccio ballerino di condizioni in cui abbiamo ricoperto entrambi i ruoli a seconda delle circostanze. Nella lotta è infatti molto facile commettere errori se non teniamo ben acuto l’equilibrio ed il contenimento.
Questi due valori sono essenziali ma anche molto facili da perdere di vista hanno come parametro il cuore. Ecco perché dobbiamo imparare a scendere dentro di noi per capire che spesso ciò che dobbiamo vincere non sono fattori esterni ma piuttosto le nostre stesse attitudini mentali e comportamentali. La strada verso la vittoria allora diventerà un percorso intimo e personale che però si sposa perfettamente con il contesto esterno a noi e con le vicende che accadono nelle nostre vite. Non sarà solo un viaggio interiore ma nemmeno solo esteriore, sarà infatti una scoperta di come noi reagiamo ad impulsi e circostanze.
Quindi il cuore diventerà il generatore di energia per cambiare quegli atteggiamenti e la mente sarà lo strumento che condurrà quell’energia, una sorta di navigatore che dirigerà la nostra marcia.
Vincere sarà la scoperta che la vittoria esiste già ma che noi dobbiamo prenderla su di noi, dobbiamo diventare vittoria per raggiungere la vittoria.
Dobbiamo scendere in profondità nel nostro cuore per scoprire quanto alti siano i muri che noi stessi abbiamo costruito e quanto rigide e sporche siano le pareti che noi stessi abbiamo innalzato. Sembreranno altissimi, inarrivabili, non riusciremo nemmeno ad intravedere la loro cima. Allora inizieremo a scardinare mattone dopo mattone, i muri cadranno, alcuni tutt’a un tratto, altri ci impiegheranno più tempo. Inizieremo a vedere luce filtrare tra la polvere alzata dallo sgretolamento di quelle pareti ed intravedremo apertura e libertà.

Gli occhi inizieranno a contemplare uno spazio che prima sapevamo esserci ma non riuscivamo a vedere a causa dei nostri stessi blocchi.
Quello spazio sarà il terreno fertile per far sbocciare il dolce frutto della vittoria.