sabato 8 aprile 2017

Primavera e Rastafari (parte 2)



Nella terra del legno e dell’acqua (dalla lingua indigena locale: Xaymaca), ovvero la Jamaica, i poveri e gli ultimi della società ricevono la Rivelazione del Re dei Re.
Tra le verdi colline e le ricche cascate di questo piccolo pezzo di terra tra gli oceani, la nuova fede nasce dando risposta alle tante domande e alla grande attesa che il popolo conservava nel cuore.

È opportuno meditare sul fatto che il Legno e l’acqua siano elementi primaverili, infatti in questa stagione l’acqua non dovrebbe mancare e la sua presenza in unione con le temperature che risalgono, producono la crescita delle piante ovvero nuovo legno.
Nuovi getti e nuovi rami si presentano, le radici si allungano, si rinforzano e così tante foglie spuntano rendendo i paesaggi nuovamente verdi e lucenti.
Allo stesso modo la Rivelazione Rastafari produce nuove gemme e nuovo legno, infatti l’acqua di cui lo spirito dell’umanità aveva sete si manifesta nella figura del Cristo Haile Selassie e con il calore della Livity producono nuovo legno ovvero un nuovo popolo, una nuova stirpe che può finalmente onorare il Messia ritornato nella seconda venuta.
La corteccia che era indurita e tendeva a seccare, ora germoglia nuovamente al sentire i predicatori Rastafari che annunciavano la divinità di Haile Selassie The First. Il cuore e lo spirito affranto del popolo d’Israele nella diaspora (gli Africani in Jamaica) contriti ed induriti nella terra delle contraddizioni tra discendenti di pirati e figli di slave masters, finalmente possono gioire perchè le promesse bibliche sono state mantenute.

Anche il mantenimento di queste promesse e il compimento dell’attesa sono un richiamo alla Primavera, infatti  quando la natura si “addormenta” per la pausa invernale allo stesso tempo promette il suo risveglio, così anche il genere umano si adegua a questa “promessa” preparandosi per quando il verde ritornerà a splendere.
Le piante e i boschi così come alcuni animali ci chiedono quindi di imparare ad aspettare fiduciosi però del risveglio e del ritorno della bella stagione. La Creazione ci propone un’attesa, anche un po’ forzata se vogliamo, proprio come il destino Biblico d’Israele richiese l’attesa al popolo di Dio.
I profeti annunciarono infatti che quando il tempo sarebbe stato pronto allora il Figlio dell’Uomo si sarebbe manifestato, e sarebbe nata una nuova stirpe che sarebbe stata figlia di quegli stessi profeti e dei grandi patriarchi del passato.
La nuova stirpe avrebbe vissuto alla presenza del Cristo e regnato con Lui che sarebbe stato capo del popolo, grande re, giudice delle nazioni acquistando quindi un ruolo attivo e partecipe nelle vicende mondiali; proprio come nella Primavera gli agricoltori, che richiamano appunto la nuova generazione, lavorano con la natura che si manifesta attivamente partecipe e li aiuta nell’evoluzione della Creazione. Quando infatti il contadino alla fine del freddo e con i primi caldi semina e pianta, egli interagisce con lo slancio vitale e produttivo della Creazione, limitandosi ad indirizzare e ad aiutare  questa spinta affinchè possa rendere il giusto frutto. Ecco quindi potature, concimazioni, annaffiature, tecniche finalizzate al benessere della pianta e poi finalmente il raccolto. 

Questo duro lavoro è compito dell’uomo ma è assistito dalla presenza della natura che è pronta a produrre e quindi ad elargire i suoi frutti. Proprio come nella Livity Rastafari il fedele lavora ogni giorno per aiutare la pianta del suo spirito a crescere bene affinchè produca il frutto di una vita retta, consapevole e piena di grazia, ma tutto ciò è fatto con la presenza del Creatore che è sempre pronto ad estendere a lui il Suo Spirito che è partecipe nella vita spirituale.
Questo duro lavoro di lavorazione del terreno, nel tempo biblico dell’antica Palestina, corrispondeva con il periodo dopo la semina. Non essendoci infatti un freddo e rigido inverno come quello europeo, il periodo di lavoro della terra ricominciava prima delle piogge, quando si arava il terreno e si seminava in attesa che l’acqua facesse germogliare le semenze.
Il seminatore deve quindi aver fiducia nella terra, deve conservare quella fede nel vedere le prima piantine spuntare, egli deve sperare nell'acqua del Cielo, deve trovare il suo posto tra gli elementi naturali. Non deve imporsi nel volerli ovviamente sottomettere ma neanche esserne vittima incauta, deve invece imparare a sintonizzarsi con essi in modo tale da poterli usare a beneficio della produttività. 

È proprio questa fiducia la protagonista di questa interazione uomo-terra.
L'uomo, attivamente semina ma non deve dimenticare che una volta gettato nella terra il seme germina e cresce da solo, quindi egli non può che attendere nella fede e nella speranza.
Ecco perché Iyasos Krestos nella sue parabole ci insegna il totale abbandono alla Provvidenza parlandoci degli uccelli del cielo che non seminano né mietono (Mi 6, 26 par.) ma che comunque ricevono la benedizione del cibo e del benessere direttamente dal Creatore.
Questo esercizio di abbandono e di attesa è fondamentale nella nostra pratica spirituale, per cui dobbiamo lavorare ogni giorno anche senza vedere i frutti del nostro operato.
Questi si manifesteranno soltanto al momento giusto, nelle nostre prove quotidiane quando le circostanze ci richiedono di manifestare ciò che abbiamo imparato e praticato.
Allo stesso modo dobbiamo esercitarci nell’abbandono colmo di speranza ma senza fisse aspettative.
Dobbiamo imparare ad accettare, se abbiamo fede, ciò che la vita ci propone sapendo che tutto viene per il meglio e per la nostra edificazione. Ian’I Rastafari tiene alta la bandiera ogni giorno, deve mantenere la fede e la sicurezza che il Creatore sia la roccia su cui dobbiamo rimanere, vigili ma sicuri.
Come l’agricoltore che impara a gestire il suo timore nell’attesa che il seme germini, così Ian’I deve imparare a gestire l’insicurezza quotidiana fermi nella certezza che il Signore provvede a tutto ciò di cui necessitiamo.
Ian’I Rastafari deve avere il coraggio di sotterrare il seme nella fiducia che una piccola pianta, al momento giusto, spunterà dal terreno. 

Nel linguaggio delle Sacre Scritture, questo seme è la parola di Dio che affonda nel terreno del nostro cuore pronta a germogliare e a portare frutto se sarà custodita ed aiutata.
Dobbiamo quindi impegnarci nella Livity per essere una buona terra, proprio perché la semente è gettata con la parola stessa di Dio. Questo seme è il Messia in persona che dimora in ognuno di Ian’I e che al momento giusto si manifesta nelle nostre esistenze, Egli ha la capacità di rimanere fermo e non germogliare finchè il momento non sia quello favorevole in acccoprdo con gli elementi delle nostre vite.
Ecco l’ albero di Jesse doveva essere tagliato, ma dal suo ceppo è germogliato un « seme santo » (Is 6, 13). E con grande stupore e meraviglia, questo seme si concentrerà in un germoglio, che diventa uno dei nomi del Messia. “ Ecco un uomo il cui nome è germoglio; dov'egli è, qualcosa germoglierà; egli ricostruirà il santuario “ (Zac 6, 12).
Ian’I Rastafari vive nella proclamazione di questo germoglio divino che ha ridato colore e vita al mondo, Egli che è la vita che scorre nell’Universo ha vivificato ciò che aveva perso linfa a causa dell’aridità dei cuori umani. Il Signore Haile Selassie Primo è il protettore delle fedi umane, è stato nominato il difensore della fede proprio perché ristabilisce tramite il Suo esempio la connessione tra Cielo e terra, tra Dio e uomo.
Con le Sue azioni egli libera e manifesta la potenza creatrice che Dio infonde in questa Creazione.

Egli è la ragione per cui Ian’I Rastafari dimora in un’incessante canto di lode perché ha reso i nostri cuori un’eterna primavera concedendo all’estate della nostra vita di dare frutto portandoci quindi al raccolto di cui la Bibbia ci parla. Questo raccolto è abitare nel Regno dell’Onnipotente ogni giorno delle nostre vite, cantando alla Sua gloria in ogni attimo.
Ian’I Rastafari ha vinto il freddo ed il gelo dell’inverno, ha superato la nebbia dell’incertezza e del dubbio, ha avuto coraggio ed ha lavorato la terra quando era ancora dura, ora il seme è finalmente germogliato e possiamo apertamente osservare il Creatore nella Sua manifestazione che è la vita.
Molti pregano un Dio morto o distaccato dall’uomo, Ian’I onora l’Onnipotente che è vita fluente e colora la terra di gioia, forza, stabilità.
Egli ci porta ai prati verdi ed erbosi della nostra consapevolezza, facendoci riposare alle acque placide dei nostri spiriti, dove ogni cosa è più chiara e dove il suono delle nostre parole e dei nostri pensieri riecheggia intonandosi con la sinfonia del Creato.
È un unico canto che Ian’I Nyah Binghi compie in coro con terra aria acqua e fuoco, un canto di lode iniziato nella Genesi e che Rastafari porta avanti oggi e per sempre per compiere il Libro della Vita.
“E tutto canta e grida di gioia” (Sal 64)
Selah