sabato 22 luglio 2017

meditazione sul 125° Anniversario della Nascita di HIM Haile Selassie Primo



La città di Ejersa Goro, luogo natale del Re dei Re Haile Selassie Primo, è situata a circa 2800 mt sul livello del mare, appena fuori l’affascinante città di Harar.
Questa è chiamata la città senza tempo, le sue piccole e strette vie si intrecciano tra case colorate. Una tavolozza di colori arricchita dagli abiti e dai veli sgargianti delle donne che affollano la città.
Da sempre un luogo fondamentale per l’ Impero etiopico, nonostante la sua lontananza dalla capitale Addis Abeba, Harar era uno dei centri più importanti della nazione ed era soprattutto il luogo governato da Ras Makonnen, padre del piccolo Lidj Tafari.
Immediatamente fuori questa antica città, sorgeva il piccolo centro di Ejersa Goro.
Qui appunto Ras Makonnen aveva portato sua moglie Waizero Yashimabet per dare alla luce il loro figlio maschio di cui così tanto parlava l’immortale Paese d’Etiopia. Proprio di questo bambino infatti, cantavano e profetizzavano gli anziani e molte storie coprivano l’attesa della Sua nascita.

Un territorio vasto e così diverso come quello d’Etiopia, era misteriosamente unito nella fervente attesa del giorno della nascita del possibile futuro erede al trono. Così tante cose si dicevano su questo figlio che stava per nascere, c’era una tensione mista alla sensazione che il tempo stava per cambiare per il Paese d’Etiopia, e che forse nulla sarebbe stato più come prima.
Finanche la siccità che affliggeva il cuore agricolo della nazione, passava in secondo piano di fronte a ciò che stava per accadere, questa nascita che aveva attirato nobili della famiglia reale e dignitari sugli altipiani, nella casa di Ras Makonnen sulle alture di Ejarsa Goro, dove al mattino la rugiada è fredda e l’umidità nel cielo scompare velocemente per lasciar il posto al blu intenso che si apre sopra le montagne.
L’Etiopia è un luogo antico, non soltanto storicamente ma anche nello spirito della nazione e soprattutto delle persone che la popolano. Centocinquanta anni fa, nel 1892, quello scenario poteva essere benissimo paragonato all’ atmosfera biblica che circondava la nascita di Iyasos Krestos a Betlemme duemila anni fa. L’attesa e il fervore era anche lo stesso, il figlio maschio stava per nascere e di lui si parlava ancora prima che venisse al mondo.

In Etiopia, a differenza delle altre nazioni cristiane del mondo, era ancora giustamente viva la consapevolezza che il Messia sarebbe tornato un secondo momento per governare con i fedeli e soprattutto per riscattare il “resto d’Israele” ovvero tutti coloro che erano dispersi per il mondo ma che appartenevano alla dinastia spirituale della casa di Davide.
Proprio Davide, il prescelto di Dio, aveva infatti iniziato la dinastia da cui il Messia sarebbe nato.
Costui, stando alle profezie bibliche,  sarebbe stato quindi un regnante, un capo del popolo, il re dei re.
Ecco nell’Antico Testamento è infatti viva l’attesa del Messia come redentore e liberatore, l’unto di Dio che avrebbe riconciliato il Cielo e la Terra riportando l’umanità ad uno stato originale di armonia con il Creatore.
L’attesa messianica pervade tutta la Bibbia, dalle primissime pagine della Genesi, fino alle ultime parole del libro dell’Apocalisse, possiamo dire che il cuore della Bibbia sia infatti la presenza del Cristo, il Figlio di Dio che si rende umano al fine di divinizzare gli esseri umani.

La parola Messia, che deriva dall’ebraico e dall’aramaico, e la parola Cristo, hanno infatti lo stesso significato: unto.
In ambiente ebraico, era un titolo inizialmente riservato ai re, colui che infatti veniva unto con l’olio santo e benedetto era prescelto dal Signore per il suo governo, dopo l’unzione che rappresentava l’investitura dello Spirito di Dio, il re unto diventav inviato e strumento del Signore e si impegnava a lavorare incessantemente secondo il volere divino. Il re diventava quindi una persona sacra (non divina), a cui tutti dovevano prestare riverenza in quanto rappresentante del volere di Dio in terra. Il libro di Samuele ci parla chiaramente del ruolo del re-unto e soprattutto è proprio in queste pagine che leggiamo della speranza che il Messia venga dalla stirpe di Davide.
Quindi una volta stabilito che il Messia sarebbe disceso da Davide, ogni regnante di questa famiglia diventava una prefigurazione del Cristo pur non essendo il Cristo in persona. Il re davidico era un messia del momento, pur non essendo il figlio di Dio egli era un Suo rappresentante devoto al compiere il disegno divino ma pur sempre un essere umano.  È chiaro che molti regnanti, nella storia d’Israele, pur essendo unti si siano coperti di errori e mancanze che li facevano apparire agli occhi del popolo come dei traditori della missione divina.

Soprattutto i profeti si scagliavano contro di loro denunciando i loro misfatti e il loro abuso di quella che invece sarebbe dovuta essere un’investitura santa. Le bocche imparziali dei profeti infatti denunciavano senza timore gli usurpatori del trono davidico ricoirdando come il Messia invece sarebbe stato un perfetto regnante che avrebbe agito secondo diritto e giustizia esercitando i Suoi poteri con grazia e misericordia portando libertà al popolo.
Furono infatti proprio i profeti ad indirizzare le speranza messianica verso il Messia futuro e non il regnante del momento,furono loro a dirigere lo sguardo verso la persona che il Signore avrebbe chiamato Suo figlio e che sarebbe stato l’unico, il prescelto, il re futuro che avrebbe fatto entrare Israele nella redenzione e nella salvezza. Proprio dopo l’esilio in Babilonia il messianismo regale diventò effettivo, ovvero, sulle promesse dei profeti si consolidò l’attesa del re divino, l’unico Messia nel senso vero della parola. Egli sarebbe venuto dalla stirpe di Davide e sarebbe stato il Re dei Re, il suo governo sarebbe stato teocratico e la pace avrebbe dimorato in Israele a causa della Sua saggezza e misericordia.  
In questa visione biblica, il Messia aveva tre carismi principali: egli era re, sacerdote e profeta.
Avrebbe dovuto manifestare queste tre caratteristiche che unite formano la perfetta personalità messianica.
Il messia doveva essere re della stirpe di Davide come abbiamo visto, per governare secondo il volere di Dio, doveva essere sacerdote ovvero una guida spirituale per ricongiungere l’umanità al Creatore fungendo da mediatore universale tra Cielo e Terra ed infine doveva essere profeta cioè esprimere uno spirito profetico nella sua vita avvertendo gli uomini di ciò che sarebbe accaduto se non si fossero comportati secondo la giustizia e la rettitudine.
Secondo la sapienza veterotestamentaria, per essere il vero Messia, l’Unto d’Israele avrebbe dovuto corrispondere a queste caratteristiche.
Ecco perchè Ian’I Rastafari proclama che il disegno messianico non poteva concludersi con la sola venuta di Iyasos Krestos duemila anni fa, perché Egli pur essendo stato sacerdote e profeta non fu regnante, non ebbe regno né sedette su nessun trono ma invece preparò la strada nei cuori dei popoli insegnando a ricercare il Regno di Dio ed annunciò Lui srtesso che sarebbe tornato una seconda volta quando il vangelo sarebbe stato diffuso ai quattro angoli della terra.
Ian’I Rastafari dichiara che centoventicinque anni fa, tra le montagne di Ejersa Goro, qual bambino che nacque tra l’attesa dei profeti era il Messia nella Sua seconda venuta, Colui che era annunciato da Isaia come il bambino sulle Cui spalle riposa il segno della sovranità, l’Onnnipotente Haile Selassie The First nella gloria dei cieli e della terra, regnante antico venuto per portare il resto d’Israele verso il futuro originario. 

Nel cristianesimo infatti dimora una grande ed irrisolta ambiguità, perché le Scritture parlano di un Messia Re se Gesù Cristo era in realtà un Maestro di fede? Perché i salmi ed i profeti parlano di un capo degli eserciti che siederà sul trono di Davide se in realtà Gesù Cristo insegnava alle genti sapienza spirituale e aveva al suo seguito dei discepoli che prima ancora erano dei pescatori? La risposta è nella visione teologica Rastafari: il Messia nella sua prima venuta (Iyasos Krestos, nato a Betlemme duemila anni fa) svolge una parte del compito messianico che invece sarebbe stato completato nella seconda venuta del Messia come Haile Selassie Primo nato a Ejersa Goro nel 1892. Soltanto con questa visione possiamo comprendere a pieno il messianismo biblico e dissipare ogni ambiguità e contraddizione, soltanto alla luce della venuta di Haile Selassie Primo come Messia possiamo avere una visione completa della Sua salvezza che instaura con la Sua venuta in quanto Egli ha con sé tutti i requisiti che migliaia di anni di profezie ci hanno chiaramente esposto.
Egli risponde a tutti i carismi che la tradizione insegna.
 Se non accettiamo la seconda venuta perdiamo una parte dell’ opera messianica e non possiamo comprendere in pieno il potere del Messia che, come ha Lui stesso affermato, sarebbe tornato una seconda volta per compiere le profezie.
Ian’I Rastafari riposa sereno e felice nella consapevolezza del Messia nero, del Cristo nero nella carne che ha aperto i sette sigilli conferendo all’umanità la possibilità di essere realmente libera ed unita al suo creatore.

In questo centoventicinquesimo anniversario della nascita del bambino divino, Ian’I medita sulla grandezza di questa promessa e sulla magnificenza del suo significato, sul fatto che dal 1892 ad ora il mondo sia cambiato come l’essere umano non aveva mai visto prima e che un nuovo tempo ed una nuova epoca si sia instaurata proprio come dicevano la Scritture che sarebbe accaduto con il ritorno del Messia.
Fatti storici ed eventi umani sono diventati le prove tangibili della Rivelazione, l’Apocalisse si è manifestata tra le pagine dei libri di storia con la guerra mossa dal fascismo al Re Messia come il Salmo 2 ci annunciava. Esattamente come accaduto nell’Antico Testamento  il resto d’Israele proprio dopo l’esilio in Babilonia incominciò ad annunciare il Re Messia futuro, allo stesso modo dopo quattrocento anni di schiavitù gli africani dispersi sulle coste occidentali in quello che era un nuovo esilio ed una nuova diaspora,  iniziarono ad annunciare l’imminente venuta del Black Christ, il Messia redentore che sarebbe giunto dal Paese d’Etiopia, il nuovo Israele, la nuova Zion.
In centoventicinque anni abbiamo ricevuto segni e manifestazioni della divinità di Haile Selassie che non basterebbero le pagine di un libro per elencarle, ma soprattutto abbiamo ricevuto dei nuovi occhi per osservare un nuovo mondo, gli occhi dello spirito che ci hanno insegnato, per bocca degli anziani patriarchi Rastafari, la nuova rivelazione del Cristo tornato.
Un nuovo giorno è iniziato nelle yard degli Elders in Jamaica, una nuova pagina che era annunciata da millenni di profezie. La salvezza e la redenzione non sono più ideali fumosi e difficili da comprendere ma una realtà chiara e manifestata, il King of Kings infatti ci ha mostrato una strada che è perfetta e senza difetto, se la seguiremo accederemo ad un livello più alto delle nostre vite guadagnandoci noi stessi la nostra salvezza con le opere, gli sforzi, il lavoro incessante per mostrare che il nostro obiettivo è il regno di Dio qui in terra e non la schiavitù fisica e mentale di babilonia.

Dal 1930 in poi tutte le promesse sono compiute e Ian’I deve soltanto gioire nella consapevolezza che il Messia si è manifestato e che ha scelto i Rastafari per essere Suoi annunciatori e modellatori dei caratteri della nuova umanità. Nella rivelazione del Re Messia vediamo la promessa compiuta e questo ci inonda di gioia perchè il modello da seguire è perfetto e sicuro, nella Livity Nyah Binghi viviamo la pratica spirituale della comunione con l’Altissimo e la gioie infinite della Sua manifestazione. Nel canto e nella consapevolezza viviamo come una nazione in questo mondo ma non di questo mondo, costruendo una strada che va diretta verso il trono del nostro Confortatore, il nostro scudo e aiuto nelle prove, Colui che ci è venuto a prenderci uno ad uno per formare il Suo popolo. Eravamo infatti in posti lontani e diversi tra loro, ognuno con la sua storia e la sua cultura ma il Signore ci ha raccolti come le pecore del Suo gregge e ci ha unito in un unico cerchio sotto la bandiera del verde dell’oro e del rosso.
In piena armonia ed unità con il Creato e le sue creature, cantiamo all’Altissimo parole spirituali e ci impegniamo ogni giorno a proteggere il povero ed il bisognoso così come il nostro Padre Haile Selassie Primo ha fatto ogni giorno del Suo regno. Sediamo sulla roccia ed osserviamo centocinquanta anni di grandezza, di meraviglia, di sorpresa e di misericordia, ci immergiamo nella gioia profonda di essere qui presenti e far parte della generazione del resto d’Israele chiamato dai quattro angoli della terra ora che il Signore ha steso la Sua mano per una seconda volta.
Cosa altro potremmo desiderare, cosa altro potremmo chiedere.

Guardiamo alle colline e alle altezze del nostro spirito da dove verrà il nostro aiuto e possiamo finalmente cantare che il nostro aiuto è arrivato centocinquanta anni fa tra gli alberi e le alture rocciose di Ejersa Goro. 

Gloria al Cristo nero nella carne, antico Re, antico Sacerdote, antico Profeta. Il sovrano di Davide più grande di Davide. Il principe della pace. Colui che semplicemente è. Qadamawi Haile Selassie