venerdì 27 settembre 2019

Festa del Meskel e origini del nome del Movimento Rastafari


Se il 27 settembre ci trovassimo in Etiopia o nel giardino di qualsiasi chiesa Ortodossa Etiopica del mondo, assisteremmo ad uno spettacolo unico nel panorama delle chiese cristiane.

Ci troveremmo dinanzi ad una piramide di legna da ardere alta diversi metri che si erge dritta verso il cielo, un qualcosa di insolito che forse non avremmo mai visto prima.
Circondata dal clero vestito a festa, questa montagna di legna rimane il centro dell’attenzione adornata da striscioni con i colori etiopici.
Se restassimo in attesa un po' di tempo, vedremmo Il prete, dopo numerose benedizioni e canti rituali, accendere la prima scintilla per dar fuoco a tutta la pira (Demera).
Fiamme e fumo saliranno allora verso l’alto per ore come in una danza mossa dal vento, in maniera simile il coro resterà a danzare per ore a ritmo del tamburo e degli strumenti sacri invocando canti antichissimi.

È la festa del Meskel e, secondo il calendario liturgico etiopico ricorre ogni 27 settembre.

È una festa nazionale in Etiopia e celebrata allo stesso modo ovunque ci sia una comunità ortodossa etiopica.
La parola Meskel, in amarico, significa “croce” e questa ricorrenza speciale commemora il ritrovamento della vera croce di Iyasos Krestos.
La tradizione ci racconta che intorno al 330 d.C. la Regina Sant’ Elena, conosciuta in Etiopia con il nome di Nighist Eleni, madre del primo imperatore cristiano romano Costantino, trovò infatti la croce su cui Iyasos Krestos venne crocifisso.
La regina era profondamente devota e viveva una vita di preghiera, alcune fonti storiche ci dicono che addirittura fosse una Nazirea praticando quindi la sua vita spirituale in maniera molto profonda secondo l’antichissimo voto descritto nel libro dei Numeri capitolo 6.
Una notte ebbe una rivelazione divina in cui le veniva detto di erigere una gigantesca pira di legna e incenso e farla ardere.
Ella avrebbe dovuto attendere finché le fiamme si fossero placate e la pira ridotta quasi del tutto a cenere, quando il fumo le avrebbe indicato il luogo in cui giaceva la croce, in maniera simile a ciò che è descritto nel capitolo 40 dell’Esodo al verso 34-38 dove la nube di fumo levatosi al di sopra del Tabernacolo indicava la strada   da seguire.

Era la Gerusalemme del quarto secolo d.C. e il legno sacro venne ritrovato e diviso in parti che vennero poi distribuite alle chiese più importanti in giro per il mondo.
Uno di questi frammenti raggiunse l’Etiopia dove è tutt’ora custodito nella chiesa di Gishen Maryam nella regione del Wollo.

Ogni anno il 27 di settembre la Chiesa Ortodossa Etiopica Tawahedo è l’unica famiglia cristiana a celebrare questa ricorrenza. Migliaia e migliaia di fedeli accorrono nei cortili delle chiese principali e, ad Addis Ababa, la cerimonia ha luogo nella famosa e centralissima piazza di Meskel Square da cui infatti essa prende il nome.
La celebrazione ha poi fine quando le fiamme si estinguono e tutta la pira diventa cenere benedetta con cui i fedeli si disegnano una croce direttamente sulla fronte.
La giornata continua poi tra festa e riunioni familiari in cui si interrompe digiuno che durava dalla giornata precedente.

Nel 2013, la festa del Meskel è stata aggiunta all'elenco rappresentativo dell’ Intangible Cultural Heritage of Humanity dall'agenzia delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura.

Il significato spirituale di questa festa è ovviamente la devozione verso il potere salvifico della Croce, da lì infatti Iyasos Krestos è morto e poi, una volta nel sepolcro, risorto assicurando la vita eterna.
La Croce è un monito al perdono e alla compassione, al rinnovamento dello spirito e del corpo nella via di vita che il Vangelo esprime.

La croce è la vittoria sulla morte, ovvero il male, l’annichilimento, la disperazione e la divisione.

La Croce è l’elemento che unisce Cielo e terra in una perfetta armonia che è il fluire della vita che non smette e non si interrompe.
Se entriamo in una chiesa ortodossa etiopica vedremo molte croci, alcune appese al collo altre in mano dei preti e diaconi, alcune molto piccole usate come ciondolo dai fedeli altre molto gradi portate in processione durante le cerimonie. Raramente vedremo il crocifisso, ovvero la croce con il corpo di Cristo morente, questo perché l’enfasi della Cristianità Ortodossa è appunto la vita.
A differenza delle altre chiese cristiane quindi, si celebra la croce lasciata vuota dal il Cristo risorto.

Anche nella Tradizione Rastafari ovviamente il Meskel o croce etiopica è molto presente.
Numerosi fratelli e sorelle infatti lo portano al collo o è comunque presente sui muri delle case o insieme alla Bibbia.
Se osserviamo da vicino una Meskel vedremo che è fatto di tantissime linee intrecciate secondo dei motivi geometrici angolari o fluidi che in molti casi sono come dei nodi senza fine. Questo simboleggia la vita che fluisce e che diventa eterna proprio grazie al miracolo della Croce che il Meskel rappresenta.

In Etiopia, questa festa segna anche la fine della stagione delle piogge e l’inizio di un nuovo ciclo di sole e calore che prendono il posto della pungente umidità e delle nuvole che fanno da copricapo agli altipiani durante i mesi da giugno a settembre.
La stessa capitale Addis Abeba che si trova a 2200 metri di altezza, spesso durante la stagione estiva è coperta per giorni e giorni da fitte nubi che poi esplodono in frequenti precipitazioni.
La terra è quindi ora ricca di acqua e i prati verdi si coprono di fittissimi fiorellini gialli appunto chiamati le “margherite del Meskel” che in questo periodo colorano tutto il Paese.
Le famiglie escono a raccoglierle per comporre dei bouquet che porteranno poi con loro il giorno della Festa della Croce.
La stessa pira da ardere viene spesso decorata con questi graziosi fiori del colore giallo acceso.

Ian’I Rastafari osservando la profondità degli eventi medita anche sul fatto che il 27 settembre non ricorre soltanto la festa del Meskel ma anche un altro avvenimento importantissimo.

In questo giorno infatti nel lontano 1916 il ventiquattrenne governatore Tafari Makonnen prendeva il titolo di Ras, ovvero re, capo del popolo d’Etiopia. A questa investitura seguirono poi le nomine di Erede Ufficiale al trono e di Principe ereditario della Corona accompagnati dall’importantissimo incarico di Reggente Plenipotenziario.
Questo ultimo titolo rendeva Tafari Makonnen il regnante de-facto del millenario Impero d’Etiopia. L’imperatrice Zauditù continuava a governare ufficialmente il Paese ma in realtà ed in pratica, il giovane ma già espertissimo Tafari era Colui che amministrava il potere imperiale.

La cosa che è degna di nota è che questo profetico avvenimento fece sì che da quel momento Egli diventasse “Ras” Tafari Makonnen e quindi per la prima volta nella storia le due parole Ras e Tafari vennero accostate creando il nome del nostro Movimento che è appunto RASTAFARI.

Anche se la rivelazione Rastafari si manifesterà come movimento spirituale soltanto una quindicina di anni dopo nella Jamaica coloniale, il nome prese vita il 27 settembre del 1916.
Non è un caso che quel giorno rappresentava proprio la festa del Meskel, la Santa Croce con cui Iyasos Krestos vinse la morte instaurando la vita eterna ed aprendo il periodo di attesa del Suo ritorno come Re dei Re e Signore dei Signori.
Ecco, secondo la tradizione Rastafari Sua Maestà Imperiale Haile Selassie Primo è il Cristo ritornato nei Suoi Caratteri regali per portare a compimento quella promessa che era stata annunciata proprio prima di salire sulla croce.
Lui stesso disse che affinché il Regno di Dio potesse essere istaurato in terra il Figlio dell’Uomo avrebbe dovuto lasciare questo mondo ovvero morire sulla croce (per poi risorgere).

Quindi nel giorno della Croce del 1916 il nome Ras Tafari si manifestava al mondo, in un certo senso quello era la prima manifestazione, anche se soltanto a livello nominale, del Movimento che avrebbe dichiarato che il Cristo era tornato in terra per regnare per l’eternità.

Andando avanti con gli eventi, sappiamo infatti che il 2 novembre del 1930, nella cattedrale di San Giorno ad Addis Ababa, Ras Tafari veniva incoronato dalla Chiesa stessa come Re dei Re, Signore dei Signore, Leone Conquistatore della tribù di Giuda, Eletto di Dio, Luce del Mondo prendendo il nome nuovo (che era già Suo nome di battesimo) Qadamawi Haile Selassie.
Da quel giorno in poi Egli non venne mai più chiamato Ras Tafari.

Avvenne però una cosa interessante e profetica.
Il nome Ras Tafari non scomparve ma diventò il termine con cui si nominarono i Rastafari ovvero i primi predicatori che annunciavano che Haile Selassie era Dio in terra, il Cristo ritornato.
Così facendo le profezie erano compiute: il Messia assumeva il Suo nome nuovo e Celeste ma allo stesso tempo i Suoi figli prendevano il Suo nome terreno dando vita al Movimento Rastafari.
Era la realizzazione nella storia dell’incarnazione di Dio nell’uomo, quello che viene chiamato nella Livity Rastafari “God in man”.
Nel giorno in cui il Messia diventava l’Eletto di Dio, eleggeva a Sua volta il resto del suo popolo che avrebbe risposto alla chiamata finale.
Il giorno in cui Egli indossava la Corona eterna prendendo il titolo di Imperatore allo stesso tempo incoronava Ian’I Rastafari ad essere Rasses, ovvero umili “regnanti” su questa Creazione secondo la Livity al fine di aiutarLo nel governo del mondo secondo l’insegnamento del Vangelo.

Le promesse di Isaia e dei profeti così si compivano.

Iniziava una nuova era di luce e calore.
Forse proprio come in Etiopia la festa del Meskel segna l’inizio della nuova stagione calda e assolata.

Selah