sabato 28 gennaio 2017

La Livity è la cura



Ises and Glory nel giorno del Sabato.
Rastafari siede dinanzi alla Creazione e a questo susseguirsi di eventi che è la vita di ogni essere umano. Per quanto possiamo girare in lungo ed in largo non possiamo certo fuggire da noi stessi e dalle prove e difficoltà che Ian’I deve vivere e superare in questo tempo. Ma anche questa è una cosa benedetta.. è cosa buona.
Ian’I in quest’ epoca di contraddizioni e cambiamenti resta come un vessillo di Antico Futuro dinanzi ad una generazione che invece desidera soltanto conformarsi a questo secolo, rischiando così di fare il passo più lungo della gamba e non riuscire poi a tornare indietro lungo il cammino.
Beh..laddove non c’è visione non può esserci che un destino difficile..non è una cosa nuova e non è la prima volta che lo vediamo.
 Anche questo ha un senso ed anche questo ha una funzione nelle nostre vite. Le prove e le difficoltà non sono una novità , che l’uomo debba combattere nella sua vita e venga testato dalle circostanze non è nulla di nuovo.
Ciò che è nuovo è che c’è un modo alternativo per risolvere i conflitti e per superare le prove, esiste una soluzione.
La soluzione è la Livity.

Le afflizioni sono per l’uomo come delle malattie. Ecco la Livity Rastafari è la cura. La persona di Haile Selassie Primo e l’esperienza del Suo esempio sono la medicina.
Questo può essere soltanto possibile se impariamo come rendere la nostra Fede una pratica di vita. Esistono due livelli di vita spirituale, entrambi buoni e genuini ma con diverse capacità: il primo è la devozione, il secondo invece inculde il primo ma lo completa ed è quello a cui Ian’I Rastafari mira ovvero: la trasformazione. Infatti ogni processo di guarigione è una trasformazione.
Quando dalla malattia passiamo alla salute allora abbiamo compiuto un cambiamento che ci permette di ristabilire gli equilibri delle nostre vite, e dal dolore e sofferenza passiamo alla distensione, alla felicità e al sentimento di appagata tranquillità che ci concede di non desiderare più nulla in quanto la sensazione di benessere ci inonda e ci conforta. Ecco la fede deve essere questa guarigione.
La Livity Rastafari deve produrre risultati tangibili e visibili per essere considerata tale.
Ian’I si lascia indietro le religioni e i culti esteriori che ormai hanno fatto il loro tempo e procede verso uno stadio più nuovo e più adatto a questo tempo, ovvero la Livity, vita vissuta in comunione ed esperienza con il Creatore secondo un codice di condotta spirituale, mentale e fisica che procede all’ edificazione della Nuova Creazione.
Essa è guarigione, benessere, superamento/assenza di conflitto.

È purtroppo o per fortuna vero che, spesso ma non sempre,  per accedere a questo stadio Ian’ì deve passare per la malattia, il malessere ed il conflitto affinchè lo spirito e l’intenzione della mente possano rigenerarsi e divenire più forti così da potersi riunire con la nostra intima e profonda potenzialità che ci vuole pienamente felici e prima ancora sani.
In Haile Selassie Primo Ian’I trova la roccia e guida verso questo stesso processo. Le Sacre Scritture ci affermano molto chiaramente che: “ Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Eb 2, 18).
Questa caratteristica fondamentale del Cristo ci mostra come Egli sia appunto in solidarietà con il genere umano sicuramente nella gioia ma prima ancora nella prova affinchè gli uomini possano accedere alla guarigione ovvero la salvezza. His Imperial Majesty è ancora una volta l’esempio perfetto che incarna ogni vicissitudine della vita per rendere questa perfetta e completa.
Quale re, imperatore o capo di un popolo ha sofferto più nella sua vita del Nostro King of Kings? Egli che è l’archetipo originale, l’Uomo Naturale che compie il destino dei tempi, ha provato nella sua esistenza terrena ogni tipo di sventura che l’uomo possa affrontare e superare. Non mi soffermerò su tute le circostanze difficile della vita dell’Imperatore ma mi limiterò a citarne solo alcune. Prima ancora della Sua ascesa al trono l’Etiopia viveva in una difficoltà centenaria che soltanto Menelik II aveva con difficoltà incominciato a scardinare, il retroterra culturale era ben lontano da quello di una nazione santa, nonostante il primato come Popolo d’Israele, infatti molti capi etiopi continuavano a governare secondo un sistema di ingiustizie e sofferenze. Haile Selassie Primo quindi arriva come la cura che riporta non un solo individuo ma una nazione intera alla salute, al benessere e alla prosperità divenendo diventando così esempio ed ispirazione per tutta l’Africa e per molte nazioni del mondo stesso.
Durante gli anni 20-30 molte nazioni cosiddette “civilizzate” guardavano all’Etiopia come ad un luogo arretrato e che non sarebba mai riuscito ad entrare tra le fila delle Nazioni influenti di questa terra …ecco His Imperial Majesty porta l’Etiopia nella Lega delle Nazioni e si pone tra i portavoce di una più in vista del momento, arrivando addirittura a divenire Egli stesso il profetico ammonitore delle nazioni che restavano indifferenti all’occupazione fascista iniziata nel 1936. 

His Imperial Majesty infatti soffre enormi dolori quando il Suo Paese è  invaso e sconvolto dalla furia anticristica delle truppe italiane. Egli soffre più di qualsiasi altro capo di stato in quanto il suo dolore è quello di un Imperatore, di un padre, di un fratello e di un connazionale, di un fervente credente e soprattutto di una persona devota alla convivenza pacifica e genuina tra gli esseri umani. His Majesty deve addirittura lasciare il Paese affinchè la Sua presenza non potesse aggravare gli attacchi contro la popolazione. In quella che può essere descritta come una “passione” Sua Maestà vive inteso dolore nei freddi giorni di Bath in Inghilterra, dove addirittura deve subire anche difficoltà economiche che avrebbero sicuramente leso indelebilmente la sicurezza e la dignità di altri capi di stato. Come se non bastasse, il Re dei Re deve sopportare perdite familiari con tutta la sofferenza che la morte di figli e parenti possa portare, l’agonia di un paese afflitto ingiustamente si unisce all’angoscia delle perdite familiari. Da padre di un popolo e da padre di famiglia, il King è chiamato a bere l’amaro calice della sofferenza causata dalla morte fisica di figli lontani e vicini. Nella profondità incatenante della difficoltà ebbene Egli riesce a rimanere saldo nella fede e nella  convinzione della vittoria del bene sul male e sconfigge l’invasore portando l’ Etiopia verso la risurrezione.
In quel giorno di Liberazione Egli liberò Se stesso, i Suoi cari, il popolo etiope e la popolazione mondiale che da lì a poco avrebbe patito le ferite del fascismo. La Sua vittoria ha portato salvezza, salute, trasformazione, guarigione.

His Imperial Majesty ha dovuto soffrire molte altre circostanze ma tutte allo stesso fine: quello di essere solidale con l’umanità, mostrare agli uomini come passare per il fuoco ed uscirne senza divenire cenere.

His Majesty doveva fare esperienza Egli stesso del male per poterlo sconfiggere e liberare l’Umanità da queste catene. Egli, il Leone della Tribù di Judah infatti ha già spezzato le catene che affliggono gli uomini e continuerà a fare ciò in ogni momento purchè noi impariamo come vivere questa pratica liberatoria. Questo è il magnifico insegnamento che Egli passa ad Ian’I nazione Rastafari. Nella fede troviamo la forza. Nell’esempio di His Majesty troviamo la conferma, nella pratica spirituale del nostro popolo Rastafari troviamo la condotta da seguire.

Applicandoci costantemente con la preghiera/canto, la supplica e l’ affidamento, la centratura, la meditazione, l’amore, la coltivazione dell’ esperienza di benessere, la sicurezza della vittoria e soprattutto le azioni corrette e giuste, riusciremo a guarire noi stessi e divenire un monito per la guarigione di altri.
Ecco che allora la nostra fede si trasferirà in opere, essa stessa diventerà un’opera in quanto diventerà realtà materiale visibile, tangibile ed esperibile e non solo una convinzione devozionale. Essa diventerà manifestazione della Nuova Creazione tra i figli dell’uomo, ogni comportamento ha infatti la potenzialità di divenire un mattone della Casa del Padre, e a questo Ian’I aspira in questa esistenza.

Vivere Rastafari è vivere sicuri della vittoria e pronti allo sforzo che porta ad essa. I fratelli e le sorelle in Jamaica e nel resto del mondo hanno patito brutalità e avuto la visione di continuare a tenere duro perchè la liberazione sarebbe arrivata, ecco Ian’I crede che proprio mentre essi resistevano, nel momento stesso che non cedevano alla violenza o alla vendetta, mentre rimanevano saldi ecco che manifestavano la vittoria e questa rimane ora per sempre viva e raggiungibile anche per le generazioni moderne.
La vittoria si produce nel momento, coltivando ogni istante per rimanere saldi e convinti, vivendo momento dopo momento con impegno di restare in equilibrio e in rotta verso l’obiettivo.
Osservando gli eventi e cercandovi il senso più profondo e spesso invisibile che essi portano, ci concede il terreno per il cambiamento in quanto ci permette di attivare la trasformazione.
Quando un evento o un’emozione è negativa allora la comprendiamo, la riconosciamo e attraverso la nostra intenzione e la nostra meditazione innestiamo subito il processo di trasformazione, così da cambiare il male in bene, il dolore in felicità, l’inferno in paradiso e rimanere su questa terra per l’eternità contemplando il benessere della Creazione.
Selah