sabato 21 ottobre 2017

Il Rastaman, senza inizio e senza fine



La spiritualità Rastafari è una celebrazione della libertà e allo stesso tempo è la via verso la liberazione.
Questa liberazione è intesa come uno stato di conoscenza e controllo della propria persona che porta al superamento dei propri limiti e delle proprie afflizioni, allo scioglimento dai lacci dalle catene che affliggono l’essere umano così da poter vivere pienamente questa vita da umili sovrani del nostro destino.
Questa liberazione è un percorso ma allo stesso tempo il punto di arrivo, è una pratica di vita costante che va alimentata giorno dopo giorno ecco perché non parliamo di Rastafari come di una religione ma piuttosto di una via di vita. Una Livity, un’esperienza di vita incentrata sul rapporto con il Divino e con la Creazione che ci circonda.
Per vivere questa comunione con il Creatore dobbiamo lavorare principalmente sulla consapevolezza del momento che viviamo e delle meraviglie che questa vita riserva ogni giorno.

La vita infatti è la via migliore per giungere alla Vita.

Spiegandomi meglio intendo dire che attraverso la celebrazione di questa vita quotidiana di cui facciamo esperienza, onorando l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, i nostri cari intorno a noi, la nostra dimora, la natura e le potenzialità che essa ci offre, la bellezza degli esseri umani e le nostre infinite risorse, possiamo arrivare a toccare la vita superiore che scorre in tutte queste cose.
Questa vita superiore è in effetti la presenza del Creatore che infonde il Suo Spirito  in tutti i processi vitali di questa esistenza.
Ecco perchè i bambini sono naturalmente felici, ecco perché le piante crescono e danno frutto senza “ma” e senza “se”, ecco perché proviamo amore, gioia, ecco perché sederci davanti ad un paesaggio stupendo ci strabilia riempiendoci il cuore di entusiasmo per la vita e il corpo di energia e voglia di vivere.
Tutte queste sono le manifestazioni dello Spirito di Dio che si è rivelato a noi attraverso il Grande Sovrano, Sua Maestà Haile Selassie Primo. Giungendo a toccare questa “vita nella vita”, Ian’I Rastafari diventa libero e inizia a guarire dalle varie malattie di babylon, accedendo ad un posto diverso nella Creazione in cui incominciamo a fare esperienza della libertà che era originariamente riservata all’essere umano nel suo stadio originario e divinamente naturale.

Praticando con impegno e zelo questa via spirituale e naturale Ian’I Rastafari giunge ad un altro livello di liberazione, un’esperienza più profonda di libertà e di conseguenza una guarigione più completa della nostra persona.
Questa liberazione avviene quando, tra le nostre meditazioni, preghiere, canti e varie esperienza arricchenti, scorgiamo la sensazione di non essere limitati a questo tempo e a questo luogo piuttosto iniziamo ad avvertire un’affinità diversa con questo mondo e i cicli vitali umani che ci fa sentire uniti non soltanto con le nostre singole vite ma con la Vita originaria che scorre in quest’universo. Questo è soltanto l’inizio, solo un barlume di consapevolezza che ha però la potenzialità, se coltivato e fatto fiorire, di modificare le nostre vite e l’esperienza anche delle vite altrui apportando un contributo “santo” a quest’umanità.

Impariamo dagli anziani che questo lampo di consapevolezza, se appunto coltivato e fatto diventare una pratica di vita, un esercizio, porta il Rastaman nello stadio di “senza inizio e senza fine”, ovvero una condizione in cui il fedele cessa di vivere semplicemente nella sua condizione spazio temporale ma inizia a vivere in Dio che è eterno e illimitato.
Cosa significa esattamente e come si rapporta alle nostre piccole, semplici, buffe e spesso problematiche vite? Per prima cosa dobbiamo considerare che tutte le difficoltà, imperfezioni, tristezze e afflizioni delle nostre vite sono soltanto circostanze della nostra esistenza e non la nostra esistenza in sé. Sono aspetti brutti che non ci piacciono e che ci fanno soffrire ma che non sono la nostra vita. In realtà la nostra vita è un qualcosa dietro questi aspetti negativi.

Immaginiamo di esser in una grande sala in cui ci sono delle casse e da queste esce una sinfonia bellissima, una musica dolcissima e perfetta alle nostre orecchie. In questa sala c’ è un’orchestra con il compito di seguire e suonare questa sinfonia, ora la maggior parte dei musicisti riesce ad andare dietro alla musica ed esegue le varie parti in modo adeguato mentre alcuni musicisti sono fuori nota, non riescono a trovare il ritmo giusto e quindi dai loro strumenti fuoriesce della musica non gradevole.
Ecco le nostre vite.
La vita dietro le circostanze è la sinfonia perfetta a cui noi cerchiamo incessantemente di relazionarci, i musicisti che suonano correttamente sono le nostre azioni di cui siamo soddisfatti mentre i musicisti che suonano male sono la nostre afflizioni, i nostri errori e le nostre difficoltà. Essi rovinano l’ ascolto, che è la nostra esperienza di vita, ma non rovinano la sinfonia perfetta che continua a suonare in sottofondo. Quindi le nostre difficoltà non sono la nostra vita, ma soltanto delle “note stonate” che però possiamo rimediare e riportare in armonia con il resto dell’orchestra. 

Quando iniziamo a cogliere la “sinfonia” dietro le note stonate allora capiamo che esiste una Vita alla base di questa vita e vogliamo aspirare a vivere lì, vogliamo accordarci con la musica perfetta di questo Creato trascendendo le note stonate. Quando contempliamo questa sinfonia vediamo che non è soltanto nostra ma appartiene a tutti gli esseri umani e tutte le creature, sebbene in maniera diversa, ne fanno esperienza. Vediamo allora che è una musica senza tempo, di cui non possiamo percepire l’inizio né la fine, che suonava già quando la terra era sommersa dalle acque e che ha accompagnato la storia dell’essere umano attraverso le epoche.
Essa è una musica che non ascoltiamo soltanto con le orecchie ma con tutti gli organi visibili e sensoriali, è uno spartito di note celesti i cui suoni sono percepibili anche agli umani, è una melodia che ricongiunge cielo e terra e che non invecchia ma anzi rende ogni era sempre nuova. Quando percepiamo questa sinfonia percepiamo la vita eterna, il fluire al di là del nostro tempo qui su questa terra, lo scorrere di questa energia vitale che unisce e congiunge tutti coloro che imparano ad ascoltarla.

Ecco dove vive Ian’I Rastafari.
Ecco dove dimora colui che inizia a vedere oltre i suoi confini e le sue barriere spaziali e temporali ed inizia ad aspirare all’infinito, all’immenso, al miracolo e alla Vita dietro la vita.
Così facendo Ian’I Rastafari vince la morte e può diventare invincibile contro le limitazioni, attaccato ma non sconfitto, a volte imprigionato ma sempre libero.
Il Rastaman diventa senza tempo, egli è continuazione della tradizione dei Padri, egli è figlio e padre allo stesso tempo, immortale in quanto il suo spirito e la sua testimonianza di vita hanno effetto su altri, egli prosegue ciò che è iniziato il giorno che Dio manifestò la luce e questa si separò dalle tenebre.

In Rastafari viviamo per vivere l’eternità, slancio ultimo e definitivo verso la liberazione.